La crisi ha complicato molte cose
Superato il periodo degli esami di maturità, i neo diplomati sono nuovamente impegnati tra le varie possibilità legate ad una vera e propria scelta di vita: il prosieguo degli studi oppure “tentare” di inserirsi nel mondo del lavoro. Entrambe le strade sono articolate da un percorso arduo. Alcune Facoltà universitarie, strutturate con il criterio del numero chiuso, imporranno ai giovani che si apprestano a scegliere taluni percorsi di studi, l’attesa del risultato dei quiz che si svolgeranno a Settembre, rischiando la scelta di ripiego in funzione del risultato conseguito e dei posti disponibili. A tale attesa si aggiunge anche lo studio per la preparazione di un appuntamento che potrebbe essere annoverato come il primo concorso pubblico affrontato da questa generazione, piena di sogni e di speranze ma anche fragile e sempre di più indifesa. Altre Facoltà, consentendo l’iscrizione ai vari percorsi nel modo tradizionale, renderanno meno traumatico l’avvio di questa nuova esperienza. La soluzione del problema sarà rimandata in quanto la regola delle probabilità detta una regola chiara: più alto è il numero dei laureati in un determinato indirizzo di studi, maggiore sarà il numero di disoccupati in futuro. In una nazione come l’Italia, seduta ancora tra i grandi del pianeta, sopravvivono problematiche che finiranno per segnare il futuro di intere generazioni in quanto è mancato e manca il coraggio di leggere le dinamiche del lavoro, provenienti dal segmento di mercato che fa capo alla new economy, attraverso risposte lungimiranti da praticare con politiche chiare, soprattutto in ambito scolastico e universitario. In contrapposizione alle richieste di particolari competenze da inserire nei settori strategici del mercato del lavoro, si continuano ad alimentare vecchi segmenti formativi, distanti dalle odierne necessità, utili soltanto a mantenere il sistema. Jeremy Rifkin, nel volume “l’era dell’accesso”, pubblicato da Mondadori nel 2000, aveva già intravisto quel cambiamento di cui stiamo oggi parlando a distanza di 15 anni, dove veniva previsto il passaggio da un’economia dominata dal mercato e dai concetti di bene e proprietà, verso un’economia dominata da valori come la cultura, l’informazione e le relazioni. A quanto pare, il monito dell’economista americano non è stato preso in considerazione dalla classe politica italiana in quanto indaffarata a mantenere l’assistenzialismo come serbatoio di consensi, soprattutto nel Meridione dell’Italia. L’agire della politica e il varo di politiche slegate dalla conoscenza e dalle esigenze del mercato del lavoro hanno ingessato il sistema. A ciò si aggiunge una crisi economica senza precedenti che ha paralizzato le speranze e la volontà dei giovani, contribuendo fattivamente al divario tra Nord e Sud Italia. E’ di qualche tempo addietro la notizia, smentita solo dopo qualche giorno, che le Università “blasonate” garantivano ai loro laureati maggiore entratura nel mondo del lavoro, relegando in una voluta serie “B” tutti gli altri Atenei ed i loro studenti non “blasonati”. Se fosse passata tale proposta, non sarebbe stato tenuto in considerazione il senso dell’istituzione universitaria e la dignità degli studenti, sempre più appesi ad un filo di speranza nel vedere realizzati i loro sogni grazie al conseguimento di un titolo di studio che la Repubblica Italiana dovrebbe considerare sempre e comunque uguale. Ricordiamo per coloro che lo avessero dimenticato: l’unica differenza ammessa nelle valutazioni è il voto finale di un corso di studi, riconoscendo anche casi particolari nella quale la realizzazione dei professionisti avviene in presenza di voti non particolarmente alti. Persiste uno stato di difficoltà vissuto dagli studenti ma anche e soprattutto dalle loro famiglie chiamate ad assistere i propri figli nelle scelte e soprattutto nel rispetto delle inclinazioni personali per il prosieguo degli studi e per la loro realizzazione futura. La virulenza della crisi, soprattutto durante gli ultimi 5 anni, ha persino condizionato i processi di scelta. Si denotano oggi una crescita di immatricolazioni alle Università telematiche, un tasso di abbandono scolastico ed universitario che fa irritare sempre di più l’O.C.S.E. ed un ricorso al lavoro nero divenuto ormai una scelta obbligata per moltissimi giovani, esausti da un sistema che probabilmente non vuole far emergere la meritocrazia ma intende livellare le intelligenze per impedire prese di posizione contro un sistema che sta lentamente erodendo la cultura e la conoscenza, valori sulle quali è stata realizzata la democrazia.
Francesco Rao – sociologo ANS