Gossip e modernità
“Sparlare degli altri piace così tanto alle persone, che è molto difficile trattenersi dal condannare un uomo per fare piacere ai nostri interlocutori”. In questa citazione tolstojana, in parte estremizzata, dal grande scrittore, ma indubbiamente, fondata su migliai di pagine, tratte dagli annali della storia umana, riscontriamo un certo pessimismo ed una parziale mancanza di fiducia verso il genere umano. Partiamo da una premessa di fondo. Il pettegolezzo è da sempre stato incluso negli usi e nelle modalità narrative umane, sin dalle prime rudimentali forme di società.Il sociologo Paolo Jedlowski, mio maestro accademico, si sofferma sul pettegolezzo, definendolo come un insieme di racconti, di narrazioni, in cui qualcuno racconta a qualcun altro, sottolineando come le funzioni del pettegolezzo siano diverse dagli altri tipi di comunicazioni umane e nello stesso tempo, siano estremamente articolate. Analizzare il pettegolezzo, mettendo da parte, il semplice ruolo di racconto ed evidenziandone la funzione relazionale di tipo sociale, ci permette di inquadrarne l’importanza, in primis, nell’ambito del controllo sociale, a seguire per altri aspetti: costruire una memoria di gruppo, rinsaldare alcune norme ed esprimere una certa curiosità reciproca. Il suo ruolo primario, da un punto di vista sociologico, rimane il mantenimento dello status-quo all’interno dei diversi nuclei sociali. Secondo una visione classica, per il grande sociologo Émile Durkheim, il controllo sociale rappresenta l’idea che la società possa influenzare in modo coercitivo il comportamento del singolo soggetto. Tale ipotesi è suffragata da diversi studi, sin dagli albori della sociologia ed ancora oggi, possiamo constatarne con buona approssimazione, una certa veridicità.
Il pettegolezzo, può radicarsi in piccoli gruppi e comunità, nelle organizzazioni o divenire, a quel punto, spettacolo mediatico, quando ad esserne interessati, sono i politici oppure i personaggi pubblici. Probabilmente, la differenza sostanziale tra il pettegolezzo nell’era passata e quello della nostra epoca, non si può cogliere, nei contenuti, da un punto di vista narrativo, ma quanto nel processo. L’uso dei social-network, può “sventagliare” enormemente la risonanza di una notizia di “ cronaca rosa”, deformandone l’origine ed il contenuto, ad una velocità molto maggiore rispetto al passato. Non consta a noi, giustificare questo atteggiamento.
Dal punto di vista etico sembrerebbe da condannare, senza nessuna possibilità, ma secondo uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, il gossip e il pettegolezzo a piccole dosi possono essere un ottimo strumento anti-stress. Non si tratta però del pettegolezzo “cattivo”, quello che circola per invidia e rischia di far male alla reputazione altrui, bensì del pettegolezzo “altruista”, ben noto agli studiosi dei comportamenti sociali, che etichettando le azioni sbagliate degli altri aiuta a ridurre la tensione sociale e quella nervosa. Pertanto, riempire il proprio tempo, attraverso l’arte di “ gossippare” sembrerebbe addirittura utile per un mantenimento dello stato di equilibrio psicofisico. Di sicuro, il pettegolezzo, quando viene utilizzato con finalità distruttive e malevole, produce notevoli effetti negativi in chi lo subisce, divenendo parte di meccanismi psicologici dai quali, risulta essere molto difficile uscire. Qualsiasi difesa, anche pubblica, venga messa in campo, produce un automatismo che attraverso un circuito costante, rinforza sé stesso e vivifica ulteriormente la “voce”.
Probabilmente, l’unica strategia efficace, per non lasciarsi attanagliare dallo stesso, viene proposta da Dante Alighieri, che scrive:
“Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti.”
(Dante Alighieri)
Giuseppe Bianco
Sociologo ANS Calabria
Formatore e coach