L’ETICA DELLA POLITICA NELL’ERA DELLA VIDEOCRAZIA, DI FACEBOOK E TWITTER
La degenerazione della politica ha raggiunto picchi talmente alti da minare l’affidabilità del nostro sistema democratico. Un pericolo invisibile che non possiamo non avvertire nei comportamenti di certi leader nazionali e locali. Nell’era della “videocrazia”, di facebook e twitter che contribuiscono a devastare le barriere mentali, morali e culturali dei singoli e dei gruppi, assistiamo, a volte compiaciuti, alla demonizzazione dell’avversario politico che la classe dominante, per legittimare scelte e comportamenti, indica, sempre e comunque, come la genesi di tutti i mali di cui soffre una regione o la nazione. Le maggioranze di governo (comunale, provinciale, regionale e nazionale), spesso, non accettano le critiche o i rilievi mossi loro dalla minoranza politica o, addirittura, dall’opposizione interna agli schieramenti partitici e dalla stessa coalizione di cui sono la massima espressione. Un siffatto comportamento mira a sottomettere gli altri , che sono ritenuti subalterni perché l’elettorato o il congresso ne hanno sancito la sconfitta. Da ciò nasce la bramosia del potere con la conseguente necessità di “eliminare” chiunque diventi l’ostacolo al soddisfacimento dei propri desideri. Quasi un ritorno a quello stato di natura che Hobbes descrisse oltre quattrocento anni fa nel suo “Bellum omnium contra omnes” (guerra di tutti contro tutti). Siamo alla dittatura delle élite di governo che impediscono la formazione di un nuovo ordine sociale e la stessa rigenerazione della politica. Il diritto di chi amministra prevale su ognuno di noi. E quando qualcuno osa disturbare il manovratore, scatta il piano teso a preservare la specie. La politica è anche responsabilità: guai a scaricare sul ‘nemico’ colpe connesse al nostro comportamento pubblico. Riconoscere gli errori commessi nell’esercizio di governo fa onore ad una classe dirigente fatta di uomini che, per natura, possono anche sbagliare. Mi chiedo spesso se esista ancora un’etica della politica o quel sentimento estetico che poi si trasforma in cultura etica che assiste la politica e l’amministrazione nel difficile compito di gestire la cosa pubblica. L’uomo , voglio ribadirlo, non è perfetto: può sbagliare, soprattutto quando è chiamato ad assumere decisioni strettamente connesse al mandato ricevuto dal corpo elettorale. A noi tutti, politici e classe dirigente, farebbe bene ricordare l’epitaffio scritto sulla tomba di Immanuel Kant: quella legge morale che sta dentro di noi e che spesso, nella vita di tutti i giorni, omettiamo di ascoltare. Nei comizi, sui giornali, in tv o sugli altri mezzi della comunicazione sociale, la parola etica viene pronunciata in modo ampolloso da questo o quell’esponente politico. Ma di quale etica parlano? Un richiamo a Max Weber, dunque , è d’obbligo per dire che fino a quando non sarà possibile coniugare l’etica della convinzione con l’etica della responsabilità sarà davvero difficile, se non impossibile, aspirare o programmare la rinascita sociale, culturale e economica di una regione o di una nazione.
Antonio Latella – giornalista e sociologo ( Presidente Dipartimento Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi)