Fenomeno migranti, quando l’inserimento si trasforma in partecipazione sociale

Benedetta Daniela Scarlata foto 4 luglio 2015A Montalto Uffugo (Cosenza) in concomitanza con “la giornata  nazionale del rifugiato”  ha preso il via  un corso d’inglese gratuito  della durata di due mesi.  Fin qui niente di nuovo se non fosse che gli insegnanti di questo corso  sono dei migranti ,  che fanno parte del  sistema di protezione  per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).

Dallo scorso anno,   Montalto Uffugo fa parte della rete degli enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo.(FNPSA)  L’adesione prevede  l’accoglienza integrata  basata sul concetto di empowermwnt  inteso come “ un processo individuale e organizzato, attraverso il quale le singole persone  possono (ri)costruire le proprie capacità di scelta e di progettazione  e (ri)acquistare la percezione del proprio valore, delle proprie potenzialità e opportunità”(Manuale  per l’attivazione  e la gestione di servizi di accoglienza e integrazione per i richiedenti ed i titolari di protezione internazionale,  Roma, p.4- Servizio Centrale SPRAR).

L’iniziativa , è stata accolta  immediatamente da due  giovani migranti  Mosa e Mohamed, di origine afghana,  beneficiari  insieme ad altre persone, del progetto SPRAR” le note dell’accoglienza”.  La  locandina del  progetto  recita: “Io qui  a Montalto Uffugo  sono  un’ospite di un progetto di accoglienza”; “Io da qui sogno di ricostruire la mia vita”; “Io sono qui e non voglio sentirmi un peso”; “Io sogno che l’accoglienza sia sempre per tutti scambio ed arricchimento reciproco”.

Questa disponibilità verso la comunità montaltese,già  dimostrata  durante  la  prima giornata  ecologica, svoltasi il 31 maggio sul territorio, ha comprovato   quanta     voglia  di integrazione   alberghi    in queste persone,  già   tediate  dal dramma e  dalla sofferenza del distacco dalla propria terra, dai familiari ,dalla propria casa.

Il proporsi  all’iniziativ  è  un palese  desiderio di incontrare “l’altro”, un modo di comunicare, per far conoscere la propria  storia  ed  il proprio  vissuto, è  un modo per ringraziare una comunità che li ha accolti,  ma  pure  il  riscatto dal vincolo  benefattore- beneficiato;  anche se il benefattore molto spesso  ricambia con  sfruttamento, isolamento, soprusi,   intolleranza.  Sì, perché  la società “ civile “ è un popolo strano,  accetta  il diverso, o per provenienza geografica  o per formazione sociale, quando viene come atleta a gareggiare  nei nostri stadi  o come artista a riempire le nostre platee,  ma non  lo tollera  quando viene come povero: è la povertà che ci disturba, perché ci costringe a metterci in discussione.

C’è una specie di provincialismo culturale che ci impedisce di aprirci al nuovo e per conseguenza  ci fa vedere nel diverso solo il limite e non le sue potenzialità.  Noi  pretendiamo che le merci ed il denaro circolino liberamente nel mondo, ma poi ne  ostacoliamo la circolazione delle persone. Non scordiamoci che anche noi siamo debitori per la nostra esistenza:  i credenti verso Dio , le persone razionali  verso la storia e gli uomini che l’hanno fatta ,  il nostro migrante , sofferente  per la precarietà e le difficoltà dei tempi,  verso il  paese ospitante.

Si rende necessaria dunque  un’informazione riguardante  i motivi che spingono le popolazioni  a questi veri e propri esodi.  Essi affrontano  viaggi su mezzi di trasporto  obsoleti e fatiscenti, pagano cifre considerevoli  al business  della tratta di persone , accettano di  convivere,  ammassati nei luoghi di prima accoglienza,  con persone  diverse per abitudini e tradizioni  e  tutto questo non per turismo o per avventura, ma per situazioni di guerra o per fame, con la speranza o l’aspettativa  di una vita migliore a cui tutti abbiamo diritto.

Daniela Benedetta Scarlatosociologa ANS


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