ASSOLUZIONE DI PADRE FEDELE, FUORI I NOMI DEL CONGIURATI. IL MEDICO – MISSIONARIO TORNI ALLO STATUS DI FRANCESCANO
Dopo l’assoluzione, padre Fedele Bisceglia si trova di fronte ad una difficile scelta: obbedire o disobbedire, entrambe espressioni della libertà dell’uomo. Se per riaffermare la propria innocenza, il francescano ha lottato oltre tremila e quattrocento giorni, quanto ancora dovrà attendere prima che un’altra autorità, quella ecclesiastica, lo restituisca alla sua missione pastorale? Al di là delle norme del diritto canonico , a cui, qualche volta, si ricorre con finalità intenzionalmente oscure, la Chiesa non può rimanere ancorata ad un ordinamento che, nel caso in specie, diventerebbe un esempio di denegata giustizia. Per questi dieci anni il medico – missionario (con lauree in Teologia e Filosofia e perfezionamento in Criminologia) è stato il bersaglio di benpensanti, di opinion leader, di moralizzatori, di giustizialisti e di giudici mediatici autentici talebani della dignità umana. In tutto questo tempo, nessun discrimine tra bene e male, tra sospetti e prove, tra uomini e demoni, tra noi ( alfieri della verità) e gli altri (portatori di sciagure), ma tante puntate di una fiction finalizzata all’audience, al consenso, al prestigio personale, agli interessi materiali da raggiungere attraverso le oasi o i luoghi della perduta gente. Padre Fedele chiede di poter celebrare messa, di somministrare i sacramenti: il servizio sacerdotale, infatti, è tutta la sua vita, il suo modo di porsi al servizio di altri uomini, soprattutto degli ultimi, di popoli che il modello occidentale considera degli scarti. Obbedire? Il francescano sospeso a divinis, da quanto è dato sapere, non solo l’ha sempre fatto nel rispetto delle gerarchie ecclesiastiche e dell’ordine di appartenenza , ma ha anche implorato un confronto che gli è stato sempre negato. In tutti questi anni a frate Bisceglia è giunta l’eco della metafora: “ Vade retro satana”. Papa Francesco, nei giorni scorsi in Piemonte, ha compiuto un gesto denso di significato nei confronti dei cristiani valdesi. Padre Fedele – come religioso, uomo di scienza e di cultura – non pretende scuse pelose, ma chiede di essere aiutato a portare avanti la sua missione sacerdotale, sentirsi felice come il giorno in cui il suo animo avvertì la chiamata del Signore. Nel settembre dello scorso anno, vidi Fedele con gli occhi velati di lacrime – un malessere che ancora mi porto dentro – e quando, approfittando di un nostro trentennale rapporto- gli consigliai di ribellarsi, mi risposte con le parole di don Lorenzo Milani: “ Non mi ribellerò mai alla Chiesa, perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altro andare se lasciassi la Chiesa”.
Nove anni e mezzo di umiliazioni, di sofferenze che l’ex frate ha vissuto con coraggio e dignità. L’interessato, anche dopo l’assoluzione, è convinto di essere stato vittima di un complotto. Ordito da chi? Difficile dirlo, azzardato ipotizzarlo. Forse l’origine affonda le radici nel trasversalismo dell’attuale società dell’incertezza, sempre più povera di valori. Capita spesso che uomini di Chiesa citino Zygmunt Bauman. il quale ( ne “Il secolo degli spettatori”) sostiene l’esistenza di un’affinità tra fare il male e non opporsi al male: la disperata negazione della colpa. Ed allora chi sono i cospiratori del complotto contro Fedele Bisceglia e chi non si è opposto perché ciò non accadesse? Al momento l’unica risposta, coraggiosa, è quella della Corte d’Appello di Catanzaro, mentre attendiamo di conoscere se nel futuro di Francesco Bisceglia ci sarà un ritorno allo status di francescano.
Antonio Latella
giornalista e sociologo ( presidente del Dipartimento ANS Calabria)