LE DONNE E IL POTERE

 

MARIA RITA MALLAMACI GIUGNO 2015Questa riflessione trae spunto da due eventi che si sono verificati di recente, le elezioni amministrative svoltesi in alcune Regioni italiane ed una conferenza tenuta presso la facoltà di sociologia dell’Università di Trento, dedicata alle differenze di genere nel mondo del lavoro ed alle ambizioni femminili di potere.

Avvenimenti apparentemente distanti fra loro che partono, però, da un’unica questione che vede le donne ed il potere in stretta relazione.

L’appuntamento elettorale dello scorso 31 maggio ha segnato una conferma della presenza femminile all’interno dei vari collegi amministrativi, dando prova di un impegno sempre maggiore e determinato, da parte delle donne, per essere protagoniste della cosa pubblica.

In tale direzione, però, la questione di genere costituisce un dibattito aperto, sia in Italia che in Europa, poiché nonostante via siano sempre più donne al potere, perlomeno politico, il problema della disuguaglianza rimane irrisolto.

Ciò non è solo legato al fatto che esse guadagnino meno degli uomini, ma anche alla difficoltà che incontrano nel voler raggiungere posizioni di vero potere, sia nella politica che nel lavoro.

L’obbligo istituito dalle quote rosa ha senz’altro aperto strade impraticabili fino a qualche anno fa, tant’è che le donne presenti sia nell’amministrazione pubblica che in quella privata sono aumentate ed il loro numero negli organi di amministrazione di società italiane quotate in borsa, è maggiore del 15% rispetto a quattro anni fa, ma questo non è sufficiente.

Mentre mi arrovello per comprendere le cause di questa difficoltà tutta femminile, mi imbatto nel programma del “Festival dell’economia di Trento 2015”.

E’ prevista anche una conferenza presso la facoltà di sociologia dell’Università, il cui argomento è: “Le donne non hanno potere perché non lo vogliono”.

Il titolo sembra provocatorio ma vale la pena leggere per provare a capire se siamo di fronte ad una deriva di genere o ad un nuovo tassello che possa meglio spiegare la questione del potere femminile.

La relatrice di questo incontro sia chiama Francesca Gino la quale, dopo essersi laureata proprio a Trento in sociologia, si è trasferita in Massachusetts (USA), dunque viene dalla Business School of Harvard, dove insegna ed è ricercatrice.

La sua è una fonte scientifica, poiché frutto di 15 anni di ricerca relativa al ruolo delle donne nell’epoca moderna completata dalla somministrazione on-line di un questionario che, riassumendo i dati, porta direttamente ad una considerazione e cioè che sono le donne a non volere il potere.

Secondo la Gino le ambizioni femminili di potere sono inferiori rispetto a quelle maschili e la stessa dice “…..è stato dimostrato che i contesti lavorativi misti in cui sono gli uomini a fare un passo indietro sono più proficui di quelli in cui sono invece le donne a farsi avanti”.

Quest’ultima, a prima vista discutibile, affermazione merita una spiegazione: le donne, rispetto agli uomini, hanno obiettivi differenziati, che comprendono anche fare carriera e raggiungere posizioni di potere, ma al contempo le stesse mantengono verso questa ambizione una certa attenzione alle sfumature negative che il percorso genera.

L’aspetto messo in risalto dalla ricercatrice pone in luce la frequente e consistente profondità dell’iperpensiero femminile che costituisce una barriera difficile da superare.

Nel collettivo pregiudizio culturale fare carriera vuol dire essere aggressivi e cinici, e queste caratteristiche risulterebbero essere una prerogativa più maschile che femminile.

D’altra parte, per mia memoria, conservo sempre qualcosa di Carla Lonzi, scrittrice femminista, che già negli anni ’70 diceva: “Sul piano della gestione del potere non occorrono delle capacità, ma una particolare forma di alienazione molto efficace”.

Dunque una promozione è sempre giudicata in modo positivo ma per noi donne può essere anche fonte di stress, avere molteplici obiettivi ci pone davanti a scelte e rinunce che, se troppo frequenti, rendono meno interessante una posizione di lavoro di alto livello.

Maria Rita Mallamaci – sociologa (Vicepresidente Dipartimento Calabria ANS)


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio