“PLATI’ NON E’ UNA BANDIERA DA CONQUISTARE, MA UNA COMUNITA’ DI UOMINI E DONNE, DI CITTADINI CON DIRITTI E DOVERI”

IL PRESIDENTE RAFFALa politica vuole conquistare Platì.  E lo fa tentando di espugnare con la retorica  un paese che la stessa politica, soprattutto quella egemone ed espressione di governo, non ha mai saputo o voluto capire. In questa piccola comunità aspromontana lo Stato ha sempre mostrato i muscoli. E questa sua strategia repressiva, alternativa  ad  una seria ed adeguata azione pedagogica e di sviluppo, ha provocato una grande sfiducia nei confronti delle istituzioni, al punto che nessuno dei platiesi si è candidato alle elezioni per il nuovo consiglio comunale. Lo Stato ha nuovamente perso e se vuole guadagnare fiducia deve affidarsi ai fatti. Le parole, le promesse, i buoni propositi non bastano più.

Il senso di abbandono, l’isolamento, il clientelismo politico, il familismo amorale hanno  agevolato il rafforzamento dell’antistato  che,  con i suoi poliedrici metodi,  è riuscito a fare breccia in importanti segmenti di popolazione.  Nel tempo i cittadini di Platì, da quelli che agli inizi dello scorso secolo sono emigrati oltre Oceano agli abitanti di oggi, hanno sempre sperato di uscire dall’arretratezza e dall’isolamento. Però sono stati delusi: dalla politica, dallo Stato, dalla stessa antimafia diventata occasione di carriera nella società civile come nelle istituzioni.

Anche l’Amministrazione provinciale avrebbe potuto fare di più: alcuni segnali li abbiamo dati, ma la miopia del centralismo politico  e il drastico taglio ai trasferimenti  statali ha reso quasi impossibile  adeguati  interventi strutturali.

Platì nonostante le parate, i propositi, gli impegni farlocchi, nell’immaginario  collettivo, purtroppo,   rimane un  paesino di quel sud maledetto, costretto a fare i conti con certi stereotipi  diventati il principale nemico dei fermenti  socio-culturali  di cui i giovani  sono protagonisti. Una presenza è stata costante: quella della Chiesa, il cui impegno di solidarietà, spesso di supplenza rispetto ai doveri pubblici, ha  impedito al cittadino  di perdere finanche  il diritto alla speranza.

Questa comunità, purtroppo,  è la grande  miniera di un sistema d’informazione dominante che ignora le positività per esaltare le gesta di quanti – una minoranza –  vivono ai margini del consorzio civile e al di fuori delle regole di pacifica convivenza. E’ vero, questa striscia di territorio aspromontano  non appartiene al paradiso, ma non è neanche la terra dei demoni.

Platì non è una bandiera da conquistare, ma una comunità di uomini e donne,  di cittadini  con diritti e doveri.   Questa volta non sono stati i boss a sfidare lo Stato, ma i cittadini i quali, rinunciando a candidarsi, hanno lanciato  un forte messaggio al Paese provocando la reazione del mondo politico, in Calabria come a Roma, che solo dopo quest’affronto  si è ricordato di   una comunità  che va aiutata nella crescita economica e sociale  e, soprattutto,  a liberarsi del pesante fardello  della criminalità organizzata, che pure esiste, ma che spesso diventa l’alibi per lasciare tutto come prima.

Nel futuro di questa comunità non c’è  più posto per le sfilate – si dice che il Presidente del Consiglio  abbia intenzione di visitare Platì -, ma di progetti fattibili, di opere  pubbliche da finanziare e ultimare, di infrastrutture, di interventi  non assistenziali in  grado  di agevolare il vero sviluppo e il ritorno alla democrazia partecipata.  L’eventuale visita del Premier a Platì dovrà essere accompagnata da provvedimenti già assunti, per evitare di conferire all’evento  una scenografia  mediatico –  elettorale e  piantare così   una bandiera su un territorio dove  sono  ancora visibili i segni dell’alluvione di 64 anni fa.  Anche l’allora (1951) Presidente del Consiglio fece delle promesse.  Ma quella  era una Platì contadina e della forestazione , mentre  quella  odierna è una comunità   delusa e con poche prospettive di sviluppo  che la globalizzazione impoverisce ogni giorno di più.


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