I SOCIOLOGI CALABRESI DELL’ANS RIPARTONO DA LAMEZIA TERME

Latella foto per il sito 21 settembre 2014“Nuove prospettive per i sociologi calabresi”,   al titolo di questo nostro incontro, cari colleghi, consentitemi di aggiungere l’occhiello: “Il Dipartimento ANS Calabria riparte da Lamezia Terme”. Questo non significa che dal congresso di Pizzo dell’agosto 2013 siamo rimasti fermi. Tutt’altro, perché l’impegno del direttivo   in carica   ha consentito alla nostra associazione   di uscire da una fase   di grande confusione   che l’aveva costretta   segnare il passo.

Ripartiamo da Lamezia dopo il riconoscimento ottenuto dall’ANS da parte del Ministero della Giustizia che, con un   decreto, assieme ad altri sodalizi, l’ha   inserita, applicando una direttiva comunitaria recepita dal nostro Paese, nell’elenco delle Associazioni non regolamentate, cioè sprovviste di ordine.

Si è concluso così un iter che i vertici dell’Associazione Nazionale Sociologi, con il presidente Pietro Zocconali e con il segretario Antonio Polifroni, hanno seguito con passione   e con certosina pazienza. Un percorso lungo, complesso e   travagliato   che ha dovuto fare i conti con   lobby, diffidenze, interessi corporativi e con una burocrazia   sempre meno disposta   a perdere vecchi e nuovi privilegi   che rappresentano un ostac

Come abbiamo scritto in un comunicato subito dopo la pubblicazione   del decreto ministeriale, il n.49 del 7 agosto 2014,   è stata sanata una situazione paradossale   che aveva   negato la speranza   a   tanti giovani laureati in sociologia     e creaato precarietà, confusione di ruoli e abusivismo.

Si riparte da Lamezia per rilanciare l’Associazione in Calabria   attraverso il coinvolgimento di tutti gli iscritti, sociologi professionisti e cultori della materia. E’ finito il tempo delle contrapposizioni, delle cariche ad honorem, dei campanilismi, dei personalismi e di quella sorta di “guerra di tutti contro tutti” che ha impedito la crescita professionale e culturale   dell’ANS.

Tutti i nostri iscritti, oggi come in passato,   hanno pari dignità e pari opportunità sia in seno all’ associazione, come nella vita professionale. Come organizzazione, ripartiamo da questa “conditio sine qua non”.   Oggi, siamo qui, a Lamezia, anche per presentare il libro di un caro   amico e collega, Alessandro Di Virgilio,   vecchio socio dell’ANS Calabria.   Orgogliosi di poter   adempiere a questo preciso dovere – sia come amico personale del caposervizio della sede AGI di Catanzaro sia nella qualità di presidente del Dipartimento – perché il libro “Le quattro giornate di Catanzaro”, è un documento storico   che ci aiuta, nonostante molto sia stato detto o scritto, a leggere con rinnovata   obiettività   le aspirazioni di due Città, Catanzaro e Reggio, a diventare capoluogo di regione. Un lavoro, quello di De Virgilio,   che mette in risalto la scrupolosità del giornalista d’altri tempi, il quale   non si è lasciato coinvolgere   dai campanilismi, che pure hanno   fortemente caratterizzato gli avvenimenti di un periodo difficile per la Calabria. Il libro, a nostro modestissimo parere, è una ricostruzione     serena e obiettiva.

Cari colleghi,

viviamo in una società dell’incertezza, grande nemica della stabilità in cui si preferisce l’apparenza alla sostanza –   si dimentica cioè   l’importanza dell’essere e si lotta per avere sempre di più –, mentre lo scorrere del tempo si frammenta   in tanti piccoli   episodi     che   – come   sottolinea Bauman –   ci fanno credere   che   l’espressione massima   della nostra libertà   sia riconducibile   allo zapping.

Come non essere preoccupati, come cittadini innanzitutto, dal disordine mondiale, dagli effetti della deregulation universale, dalla delocalizzazione,   dai fondamentalismi, dagli effetti disumani del capitalismo finanziario, dalle macerie del vecchio ordine politico   che hanno seppellito   importanti valori che regolavano la convivenza umana.

Di fronte al mondo liquido, caratterizzato dall’incertezza, dalla precarietà e dall’isolamento, per noi calabresi, le paure assumono l’aspetto di una montagna invalicabile per via della litigiosità ( con punte che interessano anche la nostra associazione. Ma su questo detteremo un telegramma prima della fine del nostro intervento), della   contrapposizione politica, anche all’interno degli stessi schieramenti, della rissosità della classe dirigente che mira   più all’utilitarismo che al bene comune.

In una regione sottosviluppata come   la nostra,   le discariche sociali sono ormai sature di scarti   e l’uomo, il cittadino –   anche nello stesso segmento   di società   in cui vive ed opera –   diventa uno straniero che incute paura   e da cui guardarsi.   Ecco perché, come dicono eminenti   studiosi di scienze sociali,   si sente il bisogno di scrollarsi di dosso l’individualismo di cui siamo diventati ostaggio, per recuperare il senso della comunità perduta.

Questo quadro di precarietà   diventa   lo spazio in cui dovrà muoversi il sociologo:   punto di riferimento per leggere i fatti sociali senza pregiudizio, evitando di ergersi a giudice e, soprattutto, ascoltando. Ma bisogna sapere ascoltare.   Il sociologo è come il pompiere che, attraverso lo studio delle dinamiche che caratterizzano il territorio, contribuisce a spegnere il grande incendio della contrapposizione   socio- politica, elimina la pericolosità dei focolai   e attraverso l’analisi di contesto offre un contributo alla politica e alla classe dirigente deputate a fare   scelte per lo sviluppo sociale ed economico del territorio. Interpretando i fatti   in modo obiettivo diventa possibile il recupero   della nostra identità.

Torniamo al Dipartimento ANS Calabria, alla luce del riconoscimento ministeriale, per affermare, con convinzione, che la nostra associazione non può essere ritenuta una sorta di ufficio di collocamento.

Guai a pensarlo.

Nessuno dei sociologi che abbiamo conosciuto e che frequento nell’ultimo anno si sente parte di una categoria   che ha “ come principale attività il procacciare danaro”.

Certi giudizi trancianti   non appartengono all’ANS nata dal congresso di Pizzo.     In questo speriamo di non cavalcare una senile utopia.

Certe ingenerose frecciate di neologismi, come “imprenditoria sociologica”,   partite dall’arco di chi appare poco incline al confronto, riportano alla mente la bellissima utilizzata da Giovanni XXIII, Papa della nostra giovinezza, oggi santo,: “Lasciate cantare le passere”   che usiamo come messaggio per “il colto e l’inclita”.

Il nostro impegno dovrà proseguire nel solco già tracciato, cioè mirato alla crescita della nostra associazione e all’arricchimento professionale e culturale dei suoi iscritti.

Nessuno è perfetto e la pagliuzza nell’occhio altri diventa una trave   solo   se la dialettica, tanto necessaria quando democratica, poggia il suo essere sul preconcetto, sulle gelosie, su qualche invidia di genere.

Il dibattito democratico interno è   un fatto fisiologico.       Solo in questo caso si apre uno scenario diverso in cui   c’è spazio   per aspirazioni, gratificazioni, di natura   umana   e professionale.

Intanto l’impegno apre le porte ai crediti formativi, cinquanta annui, la cui acquisizione     è stata   già codificata dalla segreteria nazionale,   da riportare in una dichiarazione annuale da allegare al rinnovo della tessera;  dichiarazione   soggetta al controllo   di merito sia da parte del Ministero della Giustizia che dalla stessa ANS Nazionale.

E qui nessuno s’ illuda,   perché non ci saranno favoritismi   o benevolenze di sorta.

I sociologi – come si evince dal libro di Zygmunt Bauman dal titolo “La Scienza della libertà. A cosa serve la sociologia? –   non devono limitarsi a condurre   studi oggettivi e   quantificabili   come i fisici e i geologi, ma devono guardare invece   al vissuto più intimo delle persone   e, entrando in conversazione con loro, aiutarle a comprendere   come le loro vicende umane vissute singolarmente   si riflettano in contesti sociali più ampi e ne siano irrimediabilmente influenzati”.

Questo incontro pubblico diventa anche l’occasione   per un breve   passaggio dedicato alla politica che, come associazione,   ci vede equidistanti da   qualsiasi appartenenza.

Gli spazi della politica diventano sempre più incerti,   caratterizzati     da   modelli di partiti senza società e leader senza partiti. Manca il rapporto diretto che è diventato una sorta di monopolio dei mass media, soprattutto del piccolo schermo. Con gli operatori dell’informazione, della carta stampata, del settore radiotelevisivo e del web,   sempre più orientati   a mettere in atto quel giornalismo di trascrizione   che produce effetti narcotizzanti in seno all’opinione pubblica: c’è poi   poi la cosiddetta società civile che a volte è affetta da strabismo;  ed ancora:   le associazioni     antimafia   la cui azione   appare sempre più   finalizzata   al rilascio della patente di buono o cattivo ;  la Chiesa   che   dovrebbe incominciare a guardarsi al suo interno;  e, infine,   i rappresentanti   della magistratura – nei cui confronti   riponiamo incondizionata fiducia e referente rispetto – che   a volte,   soprattutto partecipando a manifestazione pubbliche,   si lasciano andare in giudizi e in   analisi sociologiche   che esaltano più la   referenzialità personale   che il ruolo   assegnato loro dalla   Costituzione repubblicana

Per tornare alla politica   notiamo che   è stato tranciato   quel legame di fiducia tra   leader, partiti e società;  un rapporto che la crisi economica ha logorato   al massimo. Assistiamo alla fine dei cosiddetti partiti personali assieme ai soggetti che li hanno generati.

La Calabria è un classico esempio, come testimonia la vicenda che ha caratterizzato l’attuale legislatura regionale con   l’ascesa a la caduta di uomini politici dal grande consenso iniziale,   azzerato   in poco più di mille giorni.

I sociologi calabresi, quelli che operano nelle università   e   quanti   fanno parte di associazioni come l’ANS,   tutte queste cose   le conoscono bene, ma   alle analisi, a volte, preferiscono il silenzio. Che forse è più comodo rispetto al rischio   di un   dibattito sui cambiamenti   che la Calabria, dove non è tutto ‘ndrangheta, ha il dovere di   avviare per preparare la via al cambiamento. Siamo convinti   che noi calabresi, prima di tanti altri cittadini italiani, abbiamo il dovere di ammazzare   davvero il Gattopardo.   Vorremmo, questa è la nostro proposta, che la Calabria diventasse   un laboratorio nazionale   per dibattere le problematiche che investono il Paese ed eventualmente   ricercare importanti correttivi   in grado di limitare   gli effetti disastrosi   prodotti delle dinamiche del nostro tempo. Un laboratorio da localizzare qui a Lamezia, baricentro della Regione, capace   non per proseguire con le storiche lamentazioni, ma per programmare e costruire.

E ai colleghi sociologi dell’ANS, soprattutto ai giovani, ci permettiamo di rivolgere l’invito a non rimanere estranei   alla crociata per il cambiamento   evitando     di rimanere a vita dei semplici laureati in sociologia.

Al governo regionale   che uscirà dalla competizione del prossimo novembre, ma anche alle amministrazioni in carica, il Dipartimento Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi offre la propria disponibilità a collaborazione a 365 gradi,   convinti come siamo che solo attraverso un nuovo patto sociale il futuro dei nostri   giovani sarà meno incerto di quello di oggi.


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