INCHINI DI MADONNE E SANTI, LE RESPONSABILITA’ DELLA CHIESA E QUELLE DELLO STATO

LATELLA 27 LUGLIO 2014Le storie degli inchini di madonne e santi, come quelle   che hanno portato alla ribalta Oppido Mamertina, San Procopio e tanti altri centri della Calabria, appaiono come   i proiettori di scena che illuminano solo parti del palcoscenico. Si denunciano, anche con coraggio, fatti recenti ma   non si   tiene     conto   dei secolari   rapporti   Chiesa – potentato locale,   di fattori ambientali   e socio-antropologici e culturali,   che se analizzati ci aiuterebbero non solo a capire, ma anche a cancellare atavici pregiudizi   su intere comunità.  Luci e ombre azionate da una consolle programmata   ad insindacabile giudizio del regista   e, quasi sempre, funzionali   all’audience, alla notorietà, alla carriera,   all’aumento delle vendite di giornali.   E La Chiesa?   Solo dopo il bailamme è uscita dal silenzioso disagio adottando il pilatesco   provvedimento di sospensione delle processioni, mentre   la Conferenza Episcopale Calabra dopo la scontata condanna alla mafia, ha emesso circolari ai parroci e nominato una commissione.   Il principio di condanna ai boss è   in sintonia con gli insegnamenti del Vangelo.

Sul piano pratico nulla di nuovo,   se non   la riproposizione   di   analoghe iniziative assunte in passato da alcuni vescovi     in relazione all’avvio di una “bonifica” delle commissioni per le feste patronali da elementi di dubbia moralità e dalla fedina penale macchiata.   Più volte ai parroci   venne raccomandata   cautela   nella somministrazione dei sacramenti del battesimo e della cresima, soprattutto in relazione alla scelta dei padrini.   Ma il tempo non ha allontanato sospetti o   bonificato certi contesti dove i boss cercano la legittimazione sociale attraverso il   subdolo ed ingannevole comportamento di uomo pio, osservante e, spesso, generoso nel partecipare a festeggiamenti in onore di madonne e santi. Questo, ovviamente, non significa subordinazione della Chiesa nei confronti dei boss   o formulare altre miserevoli ipotesi.   La Chiesa del terzo millennio non ha bisogno di martiri o eroi, ma di sacerdoti, di parroci   in grado di coniugare spiritualità   e impegno civile . Nonostante l’opera della comunità cattolica, dal clero al popolo dei fedeli, nel risveglio delle coscienze   anche sul fronte della lotta alla mafia (tanti i sacerdoti uccisi), la Chiesa sembra ostinarsi a non guardare al suo interno: avere quel coraggio che Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco hanno dimostrato   condannando dove c’era da condannare, ma   facendo autocritica per certi comportamenti del clero cattolico.

La scomunica di Papa Francesco ai mafiosi è stata un segnale forte, anche perché è partito da Cassano allo Ionio dove la ‘ndrangheta si è anche macchiata del sangue di un bambino.   Meno forte,   invece,   ci è sembrato quello della Conferenza Episcopale Calabra emesso dopo lo “ scandalo” del presunto inchino della Madonna alla casa riconducibile alla congiunta di un pregiudicato in atto in galera.   La sospensione delle processioni e la nomina di   commissioni   ecclesiastiche assomigliano al comportamento dello   struzzo   e pertanto non   contribuiscono ad allontanare certi personaggi   dai riti della pietà popolare.   Voler a tutti i costi fare tabula rasa penalizza   la religiosità della gente,   il culto dei fedeli   e, sull’altro versante, forse, darebbe forza al tentativo di legittimazione sociale dei boss. Non sarebbe molto più facile una catechesi   per   i   portatori   di   madonne e santi da svolgersi nel semestre antecedente i festeggiamenti patronali?

Non meno efficace si stanno dimostrando le estemporanee   manifestazioni di certe   associazioni antimafia   che si arrogano finanche   il   diritto di assolvere o condannare. La mafia è un male assoluto: non curarlo porta alla morte   di interi segmenti di società.   Bisogna però stare attenti anche ai professionisti dell’antimafia (mutuo da Leonardo Sciascia).   L’inchino dei simulacri   nei confronti di personaggi equivoci è sempre un episodio   eticamente scorretto e, qualche volta, penalmente rilevante. A nessuno ( giornali e magistratura compresi) è consentito, anche involontariamente, patrocinare caccie alle streghe o commissariare i riti della pietà popolare.       La presenza della Chiesa cattolica nell’ambito repubblicano è regolata dalla Costituzione che prevede libertà e obblighi.   Indipendenza e sovranità, esercitate nell’ambito delle sfere di competenza, si ritengono violate nel caso in cui   la   decisione di vietare la processioni, soprattutto qualora non dovessero ravvisarsi   problemi di ordine pubblico, venga assunta dall’autorità civile.   Ombre e   allarme sociale.

Le ombre generano pathos e partecipazione, le luci indifferenza e, a volte, noia.   E allora si preferiscono   le tenebre alla luce del sole per inseguire i fantasmi   o per nascondere   situazioni   che se illuminate metterebbero a nudo le nostre ipocrisie.

“Quando tutto si oscura   – scriveva Alcide De Gasperi – rimane solo una luce, ma per vederla   bisogna essere abituati a cercarla”.     Il buio partorisce sospetti, false indignazioni. Insomma, ci allontana dalla realtà,   ci fa perdere di vista i veri problemi di una terra   sempre più povera ed emarginata, sempre più incapace di reagire per liberarsi sia dai tanti luoghi comuni che l’hanno inchiodata all’immobilismo, sia   da forme   di mentalità retrograda     che ne deteriorano l’immagine.   Siamo diventati incapaci   di cercare   quella luce che ci aiuterebbe a capire,   a trovare la verità.   La nostra non è certo una terra tranquilla e le contraddizioni scandiscono un tempo che ci vede attardati rispetto al progresso socio- economico e culturale sempre più globalizzato. Se i cosiddetti ‘ndranghetisti cercano la legittimazione sociale attraverso la religiosità della gente,   sia lo Stato che la Chiesa, ognuno   nell’ambito della sfera di competenza , sono chiamati a   riconoscere la sconfitta, il fallimento delle rispettive missioni.


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