Il neoliberismo è causa dell’infelicità
di Patrizio Paolinelli
Sarà perché vivere nelle società postindustriali è un vero e proprio affanno che il tema della felicità è tornato di recente a interessare parecchi studiosi. Domenico De Masi è intervenuto sull’argomento con un tascabile intitolato, La felicità negata, (Einaudi, Torino, 2022, pp.137, 12,00 euro).
Per De Masi la ricerca della felicità dipende da come la nostra società affronta le sfide del progresso e della complessità. A queste sfide la nostra cultura ha dato due risposte diametralmente opposte: quella della Scuola di Francoforte e quella della Scuola di Vienna.
Prof. Domenico De Masi – sociologo =>
I francofortesi della prima generazione daranno vita a una critica radicale della sovrastruttura sociale. L’ideologia, la famiglia, l’estetica, l’informazione, la cultura di massa, la tecnologia, l’organizzazione dei consumi, i modelli dell’autorità e lo Stato vennero analizzati come mezzi per dominare gli individui all’interno di una società capitalistica fondata sulla mercificazione di ogni cosa. Come è noto la Scuola di Francoforte ispirerà i movimenti di contestazione giovanile degli anni ’60 e ’70 del Novecento, i quali ritennero la società borghese un pervasivo sistema di dominio e un impedimento alla ricerca della felicità. Pertanto andava costruita un’altra società. Una società più libera, più giusta, più umana.
La risposta della Scuola di Vienna ai francofortesi sarà altrettanto radicale, ma a completo favore della borghesia. Meglio ancora, dell’élite borghese. I suoi teorici si sbarazzarono degli economisti classici che ipotizzavano la felicità collettiva e fondarono il neoliberismo. Dottrina che più che alla felicità guarda all’accumulazione della ricchezza senza farsi alcuno scrupolo morale, considera il lavoro una merce e i sindacati un problema, ha travolto le istanze di emancipazione dei francofortesi e da lungo tempo presiede pressoché incontrastata sia le politiche economiche dei governi sia la globalizzazione dei mercati.
I neoliberisti hanno reso più felici i cittadini delle società avanzate e più in generale gli abitanti del pianeta? Nient’affatto. Le loro risposte alle sfide del progresso e della complessità hanno causato disuguaglianze sociali sempre più marcate, disoccupazione, precarietà, instabilità, violenza sulle persone e sull’ambiente. Hanno dunque fallito? No, e da questa negazione scaturisce la tesi di De Masi: il neoliberismo ha come obbiettivo l’infelicità. Dunque non lo si può accusare di aver fallito proprio perché nega la felicità.
È chiaro tuttavia che l’infelicità prodotta dal neoliberismo è ormai insostenibile. Occorre invertire la rotta e il banco di prova della felicità sarà il lavoro. È necessario trasformarlo partendo dalla netta riduzione della giornata lavorativa, la garanzia di un reddito universale e l’ozio creativo, ossia: “la soave capacità di coniugare lavoro per produrre ricchezza con lo studio per produrre conoscenza e con il gioco per produrre allegria.”