Dal collocamento diretto alle politiche attive del lavoro. Quale futuro per un servizio fondamentale?
di Barbara Lattanzi
Alla fine dello scorso secolo nascono, dalle ceneri del sistema del collocamento, i centri per l’impiego come presidi territoriali volti a tutelare, in maniera nuova e più complessa, il diritto di tutti a partecipare al mercato del lavoro. Il mondo e il sistema produttivo erano mutati, le tecnologie si avviavano a una sempre maggiore informatizzazione e le telecomunicazioni lasciavano intravedere un futuro oltre le aspettative di Marshall MacLuhan.
<<== Dott.ssa Barbara Lattanzi
La produzione, i servizi, le amministrazioni sarebbero mutati: tecnologie e nuove macchine, sempre più governate dalla cibernetica e l’informatica necessitavano di altre forme di gestione, di lavoratori nuovi e con competenze sempre più specifiche. Sarebbero nati infatti nuovi istituti professionali e di lì a poco gli stessi programmi scolastici avrebbero dovuto adeguarsi alle nuove materie di insegnamento. Il sistema di produzione fordista, che un tempo aveva spinto l’efficienza delle fabbriche al punto da avviare l’inizio dell’epoca dei grandi consumi pian piano veniva sostituito da nuovi metodi organizzativi e gestionali. Nel 2000 l’operaio non era più il lavoratore manuale poco istruito, ma un esperto governatore di macchinari con competenze informatiche. Uno solo di questi lavoratori produceva, gestendo le manovre di robot, quanto 15 addetti alla catena di montaggio. Nel ventesimo secolo l’uomo non è più parte della macchina ma suo conducente.
Nel frattempo si modificavano flussi migratori, cambiavano le valute e, insieme ad essi, i valori, le aspirazioni, i bisogni, i diritti.
Il secolo scorso attuava il diritto al lavoro secondo un sistema di collocamento generico per mezzo di graduatorie, ma nel ventesimo secolo non esisteva più il lavoro in quanto tale, sostituito sempre più dalle competenze professionali specifiche, trasversali e specialistiche. Il diritto quindi si è trasformato dal diritto ad essere incluso in una lista da collocare presso una qualsiasi posizione non qualificata, al diritto ad ottenere i servizi necessari per sviluppare una propria professionalità seguendo le inclinazioni personali e i fabbisogni del tessuto produttivo, e ottenendo tutte le informazioni e l’accompagnamento per orientarsi nella giungla del mercato del lavoro.
L’abolizione delle province con Legge 56/2014 ha travasato la governance dei centri per l’impiego verso le Regioni, secondo un modello di competenze concorrenti sancito nel titolo V della Costituzione, laddove le politiche passive del lavoro sono di competenza del welfare dello Stato per mezzo di Inps, mentre le politiche attive del lavoro – l’inclusione occupazionale vera e propria – sono in carico alle Regioni.
Sia lo Stato che le Regioni possono accreditare servizi privati di formazione e di intermediazione per il recruiting. Queste agenzie private possono entrare in gioco per alcune mansioni (essenzialmente erogazione di singoli servizi mirati). La formazione professionale breve, sempre più importante, è spesso erogata da enti privati con finanziamenti regionali
Come si può intuire questo modello territoriale, ereditato dagli uffici di collocamento del secolo scorso, è ormai completamente sorpassato dagli sviluppi delle modalità di produzione e dalle innovazioni del lavoro nel secolo dello smart working, del telelavoro e delle nuove frontiere dei mezzi di comunicazione e trasporto.
La mancata riforma delle politiche attive del lavoro secondo le reali esigenze e gli sviluppi tecnologici dei servizi e del tessuto produttivo tende a rendere le procedure troppo burocratiche e farraginose, poco personalizzate e a rischio di risultare inconcludenti. A fronte dei molti piani e programmi – alcuni con finanziamenti europei come Youth Guarantee – i servizi sembrano irrigiditi su norme che rispondono a criteri astratti più che a reali fabbisogni. Distanza che si cerca di ricuperare con metodi di valutazione dei percorsi degli utenti quali la profilazione quantitativa, che dà luogo a indici di occupabilità individuali; e qualitativa, che misura la distanza dai servizi per l’impiego e dalle strategie di ricerca di lavoro. Recentemente, anche grazie al PNRR, si sono introdotti programmi focalizzati sulla formazione, aggiornamento e perfezionamento delle competenze, al fine di colmare eventuali lacune che generano disoccupazione strutturale dovuta alla velocità di mutamento tecnologico e produttivo.
La Legge 28/2019 – nota come Reddito di Cittadinanza – ha inoltre modificato i criteri per la definizione della disoccupazione amministrativa, che può ora riferirsi anche a chi possiede un contratto di lavoro o partita iva se non raggiunge una soglia di reddito corrispondente alla soglia di esenzione fiscale (per la distinzione tra disoccupazione statistica e amministrativa rimando a un mio breve saggio elencato sotto, tra i testi consigliati). Questa innovazione nel concetto di disoccupazione è spesso stata sottovalutata, anche a causa della forte lotta politica che si è scatenata intorno a questa misura, identificata spesso con un mero sussidio che potrebbe essere facilmente elargito a degli immeritevoli (personalmente giudico questo tipo di affermazioni con particolare severità). In realtà è proprio questo punto, il criterio di autonomia economica, a suscitare importanti riflessioni sul diritto ai servizi, il rapporto tra povertà e lavoro, dumping salariale tipico degli ultimi anni, strumenti metodologici di rilevazione dei fabbisogni e di ideazione e pianificazione di strategie di intervento.
Questa è una delle tante sfide che il nostro paese, stremato da emergenze e decisioni dolorose – forse a volte anche discutibili – si appresta ad affrontare, mentre l’inflazione morde il potere d’acquisto e l’Unione Europea vara una direttiva sul salario minimo orario ancora troppo vaga e poco incisiva.
Barbara G.V. Lattanzi – sociologa
Testi consigliati per approfondimenti
A.A.V.V., In-work poverty in Italy – European Social Policy Network (ESPN) – European Commission on Employment, Social Affairs & Inclusion 2018
A.A.V.V., Rapporto nazionale dell’Eurobarometro 94; Eurobarometro, 2021
A.A.V.V., Le politiche attive del lavoro in Italia. Primo rapporto annuale congiunto; Agenzia Nazionale per le Politiche attive del Lavoro, 2019
A.A.V.V., Navigator a vista. Storia e storie del reddito di cittadinanza; Mimesis 2021
De Masi Domenico, Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente; Marsilio editore, 2020
Lattanzi Barbara G.V., Lavoro e inclusione sociale per vincere disoccupazione e povertà; Edizioni HB, 2020
Tridico P. e Pariboni, R. (2017b), Structural Change, Aggregate Demand and the Decline of Labour Productivity: A Comparative Perspective, (Working Paper 221), Dipartimento di Economia Roma Tre