Decostruire il potere della comunicazione
di Patrizio Paolinelli
All’età di 96 anni Franco Ferrarotti non smette di riflettere sulla società contemporanea e ha dato alle stampe un tascabile intitolato “La comunicazione come strumento di potere”, (Edizioni di Comunità, Roma, 2021, 109 pagg. 12,00 euro).
Il libro è composto da nove brevi saggi e da un’Appendice che ne contiene altri due. Scorrendo l’Indice del volume troviamo, da un lato, riflessioni sull’informazione, Marshall McLuhan, Harold Adam Innis (in linea col titolo del tascabile); dall’altro, interventi che spaziano da Pierre Bourdieu al tempo, lo spazio, la scienza, la tecnica, la religione e gli intellettuali. Abbiamo quindi tra le mani una classica miscellanea in cui l’autore riflette su una serie di temi di rilevanza sociale selezionati in base a un criterio, una logica, una scala d’importanza.
È proprio questo criterio, questa logica e questa scala d’importanza che ci fa ritenere “La comunicazione come strumento di potere” qualcosa di più di una miscellanea. Qualcosa di più perché la comunicazione non è osservata da Ferrarotti come un fenomeno sociale tra altri fenomeni sociali. È ovviamente un’istituzione a sé stante composta da aziende, prodotti, professioni ed effetti sociali specifici. Ma è anche un’istituzione che attraversa tutte le altre.
Il linguaggio infatti dà senso alle categorie di spazio, di tempo e consente di raccontare storie di vita; le religioni fondano il loro credo su testi sacri; la scienza e la tecnica permettono il perfezionamento dei mezzi di comunicazione; gli intellettuali trasmettono le loro idee attraverso la scrittura e i libri. Tuttavia, per quanto sia importante, la trasversalità della comunicazione non esaurisce le differenti scelte tematiche all’interno di uno stesso volume. Ferrarotti analizza più istituzioni per offrire al lettore una serie di concetti da combinare autonomamente individuando così il senso globale dei fenomeni sociali.
Nel suo libro Ferrarotti esordisce con un’affermazione forte: l’informazione è “oggi il vincolo che tiene unita la società.” Un primato raggiunto attraverso una serie di passaggi. Per esempio: la nostra è una società in cui la logica della scrittura e della lettura è ridimensionata a favore dell’audiovisivo; la scrittura non muore, ma tramonta il prestigio sociale degli intellettuali; il libro sacro non si estingue, ma le religioni devono fare i conti col weberiano “disincanto del mondo” e condividere la loro presa sulla coscienza individuale con la tecnoscienza.
Questo modo di analizzare la società presenta un doppio vantaggio: permette di uscire sia dai domini dell’iperspecialismo, tipico dell’accademia, sia dai domini dell’ipersemplificazione, tipico del dibattito pubblico. Permette cioè di evadere dalla forma-pensiero burocratica e dalla forma-pensiero postmoderna restituendo alla sociologia la sua funzione critica.