La sindrome da BURNOUT
di Elisabetta Festa
Burnout in inglese significa letteralmente bruciato, fuso. Ed è un termine che descrive molto bene come si sente un soggetto colpito da questa sindrome, chiamata anche sindrome da stress lavorativo cronico, o da stress lavoro-correlato. Inizialmente, essa è stata correlata alle cosiddette “helping professions”, cioè alle professioni sanitarie e assistenziali che prevedono un contatto con le persone o deputate alla difesa, alla sicurezza pubblica ed alla gestione delle emergenze: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, operatori per l’infanzia, poliziotti e vigili del fuoco. In seguito, si è riconosciuto che il burnout può associarsi a qualsiasi contesto lavorativo in cui esistano forti condizioni stressanti e pressanti (come, ad esempio, può accadere per le posizioni di grande responsabilità lavorativa) o implicazioni relazionali molto accentuate (es. avvocato, ristoratore, politico, impiegato delle poste, segretaria ecc.)
Dopo decenni di discussioni, a sancire la peculiarità del burnout è intervenuta anche l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che nel 2019 ha riconosciuto questa sindrome come un fenomeno occupazionale e non come una condizione medica, non va confusa infatti con i disturbi specificamente associati allo stress, come nel caso, ad esempio, del disturbo post-traumatico da stress, nonostante alcune manifestazioni possano essere condivise.
Essa è caratterizzata da una serie di fenomeni di affaticamento, di delusione, di logoramento e di improduttività che sfociano in frustrazione e disinteresse per la propria attività professionale quotidiana. il lavoratore che ne è soggetto, arriva al punto di “non farcela più” e si sente completamente insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana. Col tempo, il burnout può condurre ad un distacco mentale dal proprio impiego, con atteggiamento di indifferenza, di malevolenza, di aggressività e di cinismo oltre che verso se stessi anche verso i destinatari dell’attività lavorativa. Il burnout non va sottovalutato, considerandone i sintomi come passeggeri e poco importanti: la demoralizzazione e la negatività per il proprio contesto possono sfociare, talvolta, nella depressione e in altri disturbi più complessi da affrontare e risolvere.
La sindrome da burnout è sostenuta, quindi, da un vissuto di demotivazione, delusione e disinteresse. I ritmi intensi, le richieste pressanti e la responsabilità lavorativa in combinazione alla tendenza ad identificarsi con la propria professione, determinano spesso un grande investimento di energie e risorse che, nel tempo, possono facilitare la comparsa di questa forma di esaurimento. Il burnout va inteso come un processo multifattoriale che riguarda sia i soggetti, che la sfera organizzativa e sociale nella quale questi lavorano.
Variabili individuali
Fattori socio-demografici
- Età: alcuni esperti del settore sostengono che l’età avanzata costituisca uno dei principali fattori di rischio di burnout; altri ritengono, invece, che i sintomi siano più frequenti nei giovani, le cui aspettative sono deluse e stroncate dalla rigidezza delle organizzazioni lavorative;
- Stato civile: persone senza un compagno stabile sembrano essere più vulnerabili a sviluppare questa forma di esaurimento psico-fisico.
- Differenza di genere: le donne sarebbero più esposte degli uomini a tale pericolo.
Caratteristiche di personalità
- Tendenza a porsi obiettivi irrealistici;
- Personalità autoritaria o introversa (incapacità di lavorare in team);
- Concetto di sé come indispensabile;
- Abnegazione al lavoro, inteso come sostituzione della vita sociale;
- Motivazione ed aspettative professionali elevate.
Fattori socio-ambientali e lavorativi
Come anticipato anche un ambiente di lavoro non favorevole può provocare errate manifestazioni psico-fisiche, con un significativo impatto negativo sul benessere della persona. Il burnout può essere associato a diverse componenti della sfera lavorativa, di tipo organizzativo o correlati alla comunicazione o ancora alla sicurezza sul luogo di lavoro, come:
- Le aspettative connesse al ruolo:
- Carico eccessivo di lavoro: se superiore alla capacità dell’individuo di farvi fronte;
- Mancanza di controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro: sembra esservi un’associazione tra il burnout e la carenza di autonomia per attuare l’attività nella maniera che si ritiene più efficace o le abilità di assumersi la responsabilità di decisioni importanti;
- Valori contrastanti: l’incongruenza tra i valori dell’individuo e dell’organizzazione può tradursi nella pressione di una scelta tra ciò che si vuole fare e ciò che, invece, si deve fare;
- Attività inadeguate rispetto alle competenze del lavoratore o aumento di responsabilità, senza la giusta compensazione;
- Le relazioni interpersonali:
- Difficili interazioni con colleghi o clienti;
- Frequenti conflitti nella programmazione del lavoro o interruzioni;
- Le caratteristiche dell’ambiente di lavoro:
- Politiche sanitarie e di sicurezza inadeguate;
- Bassi livelli di supporto ai lavoratori;
- L’organizzazione stessa del lavoro:
- Comunicazione e gestione insufficiente;
- Compiti e obiettivi poco chiari;
- Programmi che cambiano spesso;
- Orari inflessibili e scadenze irrealistiche;
- Partecipazione limitata o scarsa nei processi decisionali della propria area di lavoro.
A queste situazioni, si aggiungono:
- Mancato riconoscimento (sia sociale, che economico) del risultato;
- Assenza di equità (cioè la percezione di onestà e correttezza che favorisce soddisfazione e motivazione);
- Presenza di rischi alti, come per i soccorritori o gli agenti di pubblica sicurezza;
- Mobbing e molestie psicologiche.
Quindi un fenomeno davvero complesso ed articolato che richiede una risoluzione altrettanto ampia e variegata, l’utilizzo di approcci integrati multidisciplinari che intervengano a modificare sia le storture a livello organizzativo che quelle di carattere individuale rappresenta sicuramente la strada maestra da imboccare.