Considerazioni storico- sociologiche sulla violenza

Definizione e classificazione del concetto di violenza

di Giovanni Pellegrino e Mariangela Mangieri

La violenza purtroppo è stata sempre presente in tutte le società e in tutti i periodi storici. In questa sede ci interesseremo sia della forma che la violenza ha assunto nelle varie epoche storiche, nei vari sistemi sociali, sia della forma che la violenza ha assunto nella società contemporanea. Per quanto riguarda la violenza nelle epoche storiche del passato essa è oggetto di studio della storia sociale mentre sono i sociologi a studiare le forme che essa assume nella società contemporanea.

<= Prof. Giovanni Pellegrino

Esistono vari modi e varie forme di classificazione dei tipi di violenza. Non possiamo in questa sede descrivere ed analizzare tutte le forme che la violenza ha assunto e assume nel presente ragion per cui ci limiteremo a descrivere le principali forme della violenza secondo le più comuni classificazioni. Esiste la violenza diretta che è esercitata su una persona o un gruppo sociale e una violenza di tipo strutturale che colpisce gli individui in modo indiretto allo scopo di esercitare delle pressioni psicologiche, per avere un utile economico, per eliminare degli avversari politici considerati pericolosi.                                                    

Esiste poi la violenza culturale che assume forme simboliche che esaltano e promuovono la violenza elevandola a un valore sociale interiorizzato.  Infine si parla di violenza politica quando una classe sociale o un popolo schiavizzano un altro popolo o un’altra classe sociale. Secondo un’altra classificazione si può fare una distinzione tra violenza fisica e violenza psicologica. Nel primo caso si compie un’azione volontaria mediante l’abuso della forza per provocare danni ad altri individui fino ad arrivare all’omicidio. Nel secondo caso non si prova un danno fisico ma si cerca di costringere una persona ad assumere determinati comportamenti attraverso diverse forme di condizionamento psicologico. La violenza psicologica può esistere in tutte le situazioni della vita e in tutti gli ambienti sociali  e può arrivare fino all’estremo condizionamento del plagio attraverso forme di coercizione che possono esercitarsi in modo subdolo o palese anche per molto tempo.

La violenza e la natura umana

Secondo la sociobiologia nel mondo animale le uccisioni di soggetti appartenenti a specie diverse rientrano nella legge della sopravvivenza, mentre sono rare le uccisioni all’interno della stessa specie. Negli esseri umani è presente un’aggressività innata ereditata dal mondo animale, definita dagli specialisti tensione competitiva che fin dalle origini ha spinto l’uomo a procurarsi il cibo, a preservare il proprio territorio, ecc. Nelle prime forme di società la violenza era abbastanza diffusa e praticata dall’Homo Abilis che comincia a produrre degli utensili da usare nella vita domestica, nella caccia e negli scontri a carattere tribale. Con l’apparire dell’Homo Sapiens si inizia a sviluppare una cultura che porta alla nascita di forme di pensiero e di comunicazione che determinano la nascita della proibizione della violenza  all’interno del gruppo.

Con la scoperta dell’agricoltura le società tribali delimitano i confini del proprio territorio, riconoscono l’autorità di un capo che detta le prime norme sociali che cercano di mitigare la violenza. Tuttavia sopravvive la pratica della vendetta e l’applicazione della legge del taglione ( occhio per occhio, dente per dente). Solo con l’ingresso nella storia la vita sociale viene regolamentata dalle prime leggi scritte vedasi il codice di Hammurabi e i libri appartenenti al Vecchio Testamento.

Nell’antica Grecia la violenza viene sublimata attraverso la mitologia e la poesia epica, mentre nel teatro tragico si individuano alcuni fondamentali tabù che vietano azioni particolarmente riprovevoli quali l’infanticidio, il matricidio e il parricidio. L’uomo ha iniziato quindi a elaborare un processo culturale che lo rende superiore a tutti gli altri animali.

La violenza nella società contemporanea

Nell’età moderna nasce lo stato fondato sulla separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Allo stato si riconosce il monopolio della forza che prevede un uso legittimo della violenza in forme e situazioni stabilite dalla legge per garantire una razionalizzazione degli istinti e un controllo della violenza stessa all’interno della società. In tutte le società esistono norme morali, leggi giuridiche e regole di altro genere che limitano l’autonomia assoluta del cittadino.                                      

 A partire dal Novecento si è verificato il fenomeno positivo di una complessiva diminuzione delle manifestazioni violente individuali soprattutto per quanto riguarda gli omicidi. Tuttavia nella società contemporanea continuano a manifestarsi varie forme di violenza che trovano un’enorme cassa di risonanza nei mass media. A volte tali forme di violenza vengono sfruttate a livello politico facendo presa sull’emotività degli elettori. Nella vita sociale e politica della società contemporanea si assiste a forme di competizione che favoriscono l’aggressività psicologica e anche quella fisica producendo contraccolpi negativi all’interno dell’istituzione familiare e nei processi di socializzazione rendedo difficile una libera formazione della personalità.

La rincorsa al successo e all’affermazione dei singoli anche a costo di danneggiare altre persone finisce per provocare una serie di frustrazioni che a loro volta causano comportamenti aggressivi di rivalsa. A volte il mondo politico sfrutta per fini propagandistici la paura nei riguardi dei comportamenti  aggressivi utilizzando le sensazioni di pericolo e di disgusto al fine di condizionare la percezione della realtà da parte delle masse.

Come fronteggiare la violenza

Per fronteggiare la violenza è indispensabile riscoprire una legge morale capace di ricordare all’uomo che la violenza è una possibilità ma non un obbligo, che ogni comportamento violento non è la prova di un diritto biologico all’aggressività. Attraverso i processi di apprendimento e gli strumenti forniti dalle varie istituzioni culturali è necessario percepire la violenza in tutta la sua negatività. La prima istituzione su cui è necessario intervenire è la famiglia dove continuano ad essere presente forme di violenza fisica e psicologica che colpiscono i figli e il coniuge femminile che spesso si mascherano dietro aspetti di violenza invisibile la quale non emerge per paure e ricatti.

In particolare deve essere repressa ogni forma di violenza contro i minori e contro le donne che si verificano nella famiglia e in altre istituzioni sociali. La scuola rimane l’istituzione pubblica più diffusa sul territorio dove è possibile impartire un’efficace educazione contro la violenza, capace di rappresentare un reattivo alle pulsioni esterne che provengono dalla società. La scuola è in grado di fronteggiare con opportuni interventi i preoccupanti fenomeni di delinquenza minorile e di bullismo messi in atto contro alunni e docenti.

E’ fondamentale intervenire sul gruppo dei pari che ha un’enorme importanza nella formazione della personalità  giovanile, perché al suo interno i giovani passano molta parte del loro tempo libero. Molte volte proprio all’interno del gruppo dei pari nascono forme di violenza inaccettabil che devono essere combattute in tutti i modi. L’intera società deve rifiutare la violenza a cominciare dalle sue forme più blande fino a quelle più gravi senza cadere nella trappola di considerare le manifestazioni violente come un male necessario e quindi ineliminabile. 

Inoltre bisogna fare in modo che aumenti la fiducia nelle istituzioni, quale unico baluardo contro i comportamenti violenti. Il problema di eliminare la violenza è reso difficile da due caratteristiche presenti nella società contemporanea: la spinta a cercare quello che non si possiede nell’illusione che esso nasconda il segreto della felicità e la ricerca del successo ad ogni costo. Infatti, molte persone pur di evitare insuccessi e fallimenti, non esitano a ricorrere alla violenza per raggiungere i loro scopi.

Prof. Giovanni Pellegrino

Prof.ssa Mariangela Mangieri

                                                 BIBLIOGRAFIA

E.Ash, Psicologia sociale, Società Editrice Internazionale, Torino,1962

B.Bernardi, Uomo, cultura, società, Franco Angeli, Milano,1989

R.Collins, Teorie sociologiche, Il Mulino, Bologna,1992

G. Pellegrino, Introduzione allo studio dei gruppi sociali, New Grafic Service, Salerno 2004

G. Pellegrino, Una lettura sociologica della realtà contemporanea, New Grafic Service, 2003

G. Pellegrino, I miti della società contemporanea, New Grafic Service, Salerno, 2005


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio