PAROLE, MALESSERE SOCIALE E DEFICIT DI RESPONSABILITA’

di Antonio Latella

Da quando la pandemia condiziona le nostre vite, le parole sono diventate il conduttore del malessere sociale.

<<=== Antonio Latella

Il mondo è frastornato dalla babele di messaggi talmente veloci da rendere impossibile qualsiasi tentativo di decodifica. Un bombardamento che offusca le nostre capacità cognitive fino a farci diventare eterodiretti. Populismo, negazionismo, fake news sono un micidiale arsenale in mano a gruppi di persuasori occulti che dalle paure e dai bisogni della gente traggono grandi vantaggi: consenso, potere, business. 

Siffatti comportamenti insinuano in noi il sospetto che il mondo sia alle prese con due conflitti globali: quello contro la pandemia e l’altro, non dichiarato, che vede la scesa in campo delle multinazionali del farmaco e di altri gruppi di interesse funzionali alla società consumistica. Guerre dagli esiti incerti: per il futuro dell’uomo innanzitutto e per il pianeta violentato dall’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali.

Siamo giunti ad un punto di non ritorno: o si cambia oppure il destino del mondo è segnato. In guerra – osserviamo – è importante una comune strategia: comportamenti unitari, condivisione per resistere alle difficoltà dell’oggi e all’incertezza del domani.   Bisogna “cambiare strada”: nuove regole di condotta, comuni responsabilità per assicurarci una rigenerazione della politica, nuovi modelli di protezione del pianeta e l’umanizzazione della società. In Italia, invece, siamo alle prese con un preoccupante quanto pericoloso deficit di responsabilità. Anche perché, ampliando ad libitum il concetto di libertà, individui e gruppi danno vita ad episodi di disobbedienza, di anarchia, di protesta che sono alla base di un conflitto difficile da gestire.

È vero, la metamorfosi del “Vascello Terra” (Edgar Morin) ci mette di fronte ai cambiamenti legati all’attuale società tecnico – scientifica e all’affascinante, quanto pericoloso, strapotere della comunicazione globale. Strumenti che, da un lato, hanno spalancato grandi orizzonti di democrazia e di partecipazione, e, dall’altro, ci rendono sempre più disorientati, quasi impotenti, rispetto alla velocità dei messaggi che provoca l’istintività dei nostri comportamenti che alimentano forme di litigiosità e di disagio sociale.  Si formano così quelle legioni di imbecilli (Umberto Eco) che brillano nell’uso di linguaggi da bar dello sport.

 Il mondo sembra aver perso il senso di responsabilità, nei comportamenti come nel linguaggio che tutti siamo chiamati a modificare. Invece ci troviamo di fronte a una preoccupante e pericolosa spinta anarcoide.    La rete, la più grande influencer della postmodernità, è diventata l’arengario di milioni di follower che affollano le piazze virtuali. A volte basta un breve messaggio, una parola, un like, un’emòticon per scatenare malcontento, disagio e inquietudine: sentimenti difficilmente gestibili. Deficit di responsabilità che, in questi due anni di guerra contro il Covid-19, coinvolge numerose categorie sociali e professionali: che non solo disobbediscono alle norme di tutela della salute, ma quando nei loro confronti viene applicata una qualsiasi sanzione attuano tentativi estremi come il ricorso alle giurisdizioni penali e amministrative.

Il deficit di responsabilità non ha confini. È un fenomeno globale che si allarga a macchio d’olio in tutti quei contesti nazionali dove i governi, presi dal timore di diventare impopolari con la conseguente perdita di consensi, tentennano prima di assumere provvedimenti di interesse generale. A volte succede, come nel caso del rave party del viterbese, con migliaia di persone che sfuggono a qualsiasi controllo preventivo del territorio. E quando, finalmente, viene scoperta la loro illegale presenza, gli apparati di sicurezza dimostrano la loro totale debolezza.

Deficit di responsabilità è anche quando un’amministrazione pubblica programma concerti di piazza e avvia un braccio di ferro con le autorità sanitarie che sconsigliano manifestazioni del genere. E per difendere una scelta pericolosa per la salute pubblica chiedono la mediazione dell’autorità prefettizia. Boh!

Un medico che rifiuta di vaccinarsi, non perché dubiti dell’efficacia scientifica del vaccino ma per una semplice questione di “principio” o “ideologica”, diventa un portatore di deficit di responsabilità. La stessa irresponsabilità in capo agli esponenti della politica la cui coerenza diventa un optional dal momento che, da un lato, sostengono le decisioni assunte dal governo e, dall’altro, le criticano in nome di un comportamento cerchiobottista.

Un modo qualunquista per affrontare i problemi, come quello riconducile al disimpegno dell’occidente in Afghanistan legato alla gestione dei profughi in fuga verso l’Europa, per sfuggire alle vendette dei talebani. E sull’accoglienza dei profughi, l’Europa mostra altri preoccupanti segnali di divisione.

Antonio Latella – direttore di sociologiaonweb.it


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