Gli impresentabili e i sepolcri imbiancati

Editoriale di Antonio Latella

Toh! Si riparla di impresentabili. Una patente più “politica” che eminentemente giuridica. Tant’è che di questa categoria non vi è traccia né nel codice penale, né in quello di procedura e, soprattutto, nella Costituzione che fissa il principio della presunzione di innocenza di ogni cittadino fino a sentenza passata in giudicato.

<<== Antonio Latella

Tutto questo è suffragato dal fatto che alla pubblicazione dell’elenco degli “impresentabili” non segua una sanzione di incandidabilità o di ineleggibilità.  Tuttavia non vi è alcun dubbio che il candidato cui viene rilasciata la patente di “impresentabile” venga colpito da una sorta di stigma che sovente ne danneggia l’immagine e probabilmente anche il risultato elettorale.  Anche in considerazione della tempistica di pubblicazione dell’elenco degli impresentabili che, fino alle ultime elezioni, avveniva in prossimità del voto, quando sarebbe stato più logico farlo prima della presentazione delle liste.  Una soluzione in tal senso è stata decisa di recente dalla stessa Commissione parlamentare antimafia.

Nonostante la non obbligatorietà della procedura, numerose liste di candidati che parteciperanno al voto in autunno hanno richiesto all’Antimafia una verifica preventiva. 

A questo punto diventa difficile ipotizzare quali saranno i criteri di valutazione e, soprattutto, se le decisioni saranno condivise o assunte a maggioranza. Non si escludono sedute infuocate. Certo, non si può non tenere conto della precedente condotta dei candidati, di eventuali condanne, di riabilitazioni o di sopraggiunte prescrizioni che non hanno lasciato traccia sulla fedina penale.  Ben altra cosa sono l’avviso di garanzia o uno spiffero investigativo.

Insistiamo. La semplice patente di “impresentabile”, così come fino ad oggi strutturata, finisce per tramutarsi, forse involontariamente, in un potenziale strumento di lotta politica. Anche perché ad emanare l’elenco è un organismo bicamerale composto da politici appartenenti a partiti e movimenti che partecipano alle varie competizioni elettorali che si svolgono in Italia. 

Leggendo i giornali abbiamo la sensazione che esista di fatto una scuola di pensiero che pare voglia dividere il Paese in mafia e antimafia. La prima esiste, come dimostra la variante ‘ndrangheta (una delle più potenti organizzazioni criminali globali), la seconda, riconducibile alla cosiddetta società civile, funziona come l’alta marea: compare e scompare.  Sull’altro versante la metamorfosi criminale continua a conquistare spazi vitali sia nell’economia che nel settore finanziario dove vengono riciclati i proventi del traffico di droga e delle estorsioni.

Tramontata l’era dell’antimafia dei canti, dei balli e delle infiorate, oggi assistiamo al protagonismo di alcuni segmenti di questo movimento che continuano a fare incetta di beni sequestrati e confiscati, ma non si conosce il numero degli occupati  prodotto da questa ricchezza a beneficio del Paese e delle zone dove la pervasività dell’antistato pare sia in grado di attingere manovalanza dal grande bacino di disoccupati.

Alla luce di queste considerazioni crediamo che la Commissione parlamentare antimafia necessiti di un restyling legislativo per fronteggiare un fenomeno criminale sempre più diffuso che non risparmia né l’economia né la politica. Anche perché, come avvenuto in un recente passato, la patente di impresentabile ha riguardato anche cittadini che, come poi dimostrato, non meritavano questo tipo di trattamento a tutto vantaggio dei tanti sepolcri imbiancati della politica.

Buon Ferragosto a tutti

Antonio Latella – giornalista e sociologo


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