Dita danzanti. Il tatto e lo smartphone
di Patrizio Paolinelli
Il modo di utilizzare lo smartphone (telefono intelligente) è il risultato di studi di ergonomia cognitiva focalizzati intorno al concetto di usabilità. Concetto tramite il quale viene stabilito il grado di facilità e di soddisfazione con cui l’utente interagisce con l’interfaccia grafica . Ovviamente per il successo del telefono intelligente insieme all’ergonomia cognitiva intervengono anche altri fattori quali il business, il marketing, il design, l’innovazione tecnologia, la moda e così via.
<<== Prof. Patrizio Paolinelli
A parte questi fattori sul piano dell’usabilità emergono alcuni aspetti distintivi dello smartphone: 1) costituisce uno strumento di successo planetario utilizzato nel 2015 da un miliardo e 300 milioni di persone; 2) ha comportato per gli utenti l’apprendimento di un nuovo saper fare delle mani caratterizzato da precisione e delicatezza; 3) per l’attenzione e la sensibilità richieste tale saper fare presenta una gestualità annoverabile tra le pratiche delle buone maniere. Riflettendo sugli ultimi due punti si può notare che già la tastiera del computer (e in precedenza quella delle macchine da scrivere) necessita di una forza fisica minima e di un trattamento assai garbato. Tuttavia, se è possibile “pestare sulla tastiera”, la stessa immagine non è pensabile per il touch-screen (schermo tattile). Per far funzionare lo smartphone è infatti sufficiente poggiare leggermente la punta delle dita sul display. Leggerezza peraltro obbligata perché è inutile e dannoso esercitare forti pressioni.
I gesti gentili e disciplinati richiesti dai device mobili non comportano automaticamente né nobiltà d’animo né buona creanza. Cellulari e smartphone hanno infatti facilitato il fenomeno dello stalking, possono provocare dipendenza e per molti è considerato poco educato parlare con qualcuno e allo stesso tempo inviare Sms. In altre parole, il tatto inteso come organo di senso col quale percepiamo il mondo esterno non implica di per sé il tatto inteso come senso dell’opportunità, ossia come un modo di agire e di parlare caratterizzati da accortezza, prudenza e riguardo nei confronti del prossimo. Ciononostante le operazioni compiute dalle mani sullo smartphone comprendono esclusivamente movimenti coordinati e aggraziati che appaiono come una danza delle dita sullo schermo. Danza che a un primo sguardo presenta tre aspetti qualificanti: 1) comporta le medesime modalità esecutive sia per gli adulti sia per i bambini e lo stesso vale nei luoghi di produzione e in quelli extraproduttivi, in pubblico e in privato; 2) è unisex e in tal modo viaggia a vele spiegate verso il superamento della divisione sessuale del lavoro; 3) si caratterizza per essere svolta in ogni momento del giorno.
La combinazione di questi tre aspetti ha contribuito a modificare le forme dell’interazione sociale nella vita quotidiana. Per le buone maniere di un tempo era infatti inconcepibile che una conversazione faccia a faccia fosse continuamente interrotta dagli squilli del telefono dei partecipanti. Di converso prima dell’avvento dello smartphone le quotazioni di un tocco lieve e gentile come quello di sfiorare erano in deciso ribasso nella borsa degli habitus corporei. Perdita causata tra l’altro della concomitanza di due fenomeni: 1) la disattenzione civile che ci permette di vivere nelle nostre città ignorando contatti fisici sotto soglia che avvengono casualmente in luoghi affollati; 2) l’attenzione incivile del grande pubblico il cui sguardo è addestrato da una parte consistente dell’industria culturale ad andare subito al sodo in fatto di vicinanze corporee.
Lo schermo tattile ha invece ridato slancio all’arte di sfiorare. Arte pratica, che non richiede saperi espliciti e si apprende con l’esperienza. Nel processo di incorporazione di oggetti e strumenti il touch-screen ha attivato una sensibilità del tatto che sul piano dell’immaginario evoca lo sfregare della lampada di Aladino e sul piano concreto trasforma il corpo rendendolo capace di funzionare in modo adeguato per i nuovi utensili. Smartphone, tablet, e-book e altri dispositivi elettronici hanno inaugurato una nuova stagione del tatto in cui le dita acquistano una sensibilità aggiuntiva per compiere operazioni quali digitare, cliccare, picchiettare, sfogliare, scorrere, zoomare e così via. Si tratta di un incremento percettivo oggi indispensabile per comunicare, studiare, lavorare, giocare. Sulla base di tale incremento si possono individuare diversi fenomeni che ci limitiamo a enumerare sotto forma di un elenco ragionato.
In primo luogo, il pollice e l’indice sono le dita maggiormente abilitate alla gestione dello schermo tattile confermando così il ruolo evolutivo del pollice opponibile. Tuttavia rispetto allo schermo la penna e la carta richiedono tutt’altro tipo di perizia, sensibilità e coinvolgimento degli altri sensi.
In secondo luogo, medio, anulare e mignolo sono quasi del tutto esclusi dalla nuova esperienza del tatto. Difatti solo occasionalmente vengono poggiati sul display. Nell’interazione con lo schermo tattile il mignolo – indispensabile per l’efficacia della stretta del pugno – risulta il reietto della società della mano.
Un terzo fenomeno consiste nel fatto che sul piano delle sensazioni le dita non provano alcun piacere fisico nel contatto con lo schermo. Motivo che tra l’altro concorre a rendere parecchio incerta la gara tra libri elettronici e libri cartacei.
Quarto fenomeno. A proposito di piacere l’operazione di sfiorare e di poggiare delicatamente i polpastrelli sullo schermo non costituisce neanche lontanamente il preludio alla carezza. La quale, anzi, è tassativamente vietata perché fonte di disordine. Se si vuol fare un dispetto a qualcuno che sta giocando con lo smartphone basta appunto accarezzargli il display.
In quinto luogo, soddisfazioni e insoddisfazioni che provengono dal touch-screen rendono lo sguardo più tattile della mano e la mano più ottica dello sguardo. Detto in altre parole, davanti allo schermo si tocca con gli occhi e si guarda con le mani. Nota a margine: si tratta di una riconfigurazione sensoriale che ha effetti significativi sulla più complessiva percezione della realtà.
Sesto fenomeno. L’immagine dello schermo non ci tocca emotivamente allo stesso modo di quella tradizionale. Un tempo le fotografie e le lettere cartacee dell’amato o dell’amata potevano essere carezzate, baciate e portate al cuore, mentre l’olfatto giocava un intenso ruolo evocativo. Tutti gesti assai improbabili con lo smartphone per non parlare del fatto che lo schermo è inodore. Si può poi aggiungere che nel recente passato le ragazze talvolta sigillavano le loro lettere d’amore con l’impronta delle labbra caricate di rossetto. Manifestazione oggi sostituita dall’invio di emoticon. In definitiva: il contatto delle dita sullo schermo costituisce una sensazione tattile d’intensità prossima allo zero. Niente di paragonabile con la manualità meccanica dei vecchi telefoni a disco.
Settimo fenomeno. Se lo schermo tattile circoscrive enormemente le possibilità stesse del tatto è altrettanto vero che la nuova sensibilità delle punte delle dita dà luogo a inedite tecniche del corpo. Ad esempio, camminare per strada e allo stesso tempo messaggiare. Pratica diffusa che tuttavia genera un microconflitto. Per alcuni infatti è sconsigliata e andrebbe regolamentata se non addirittura vietata, mentre per la maggioranza dei possessori di smartphone non pare proprio porsi il problema.
Le interdizioni sociali costituiscono un altro argomento da approfondire. L’uso dello smartphone è infatti proibito in diversi spazi: al cinema, a teatro, in alcuni reparti ospedalieri, in aereo e così via. Mentre la sua confisca da parte dei genitori pare essere diventata per gli iperconnessi adolescenti di oggi una punizione molto più severa dell’antico divieto di uscire di casa. Appare come una vera e propria mutilazione perché lo smartphone è tutt’uno col suo possessore: fa parte del suo corpo.
Oltre all’apprendimento di un nuovo modo di coordinare vista e tatto lo smartphone sembra aver dato origine a quello che possiamo definire manual divide. Da un’osservazione empirica pare infatti che per scrivere gli immigrati digitali tengano il cellulare in posizione verticale con una mano e con l’altra utilizzino prevalentemente l’indice per comporre il testo. Mentre per eseguire la stessa operazione i nativi digitali tengono il cellulare in posizione orizzontale con entrambe le mani e utilizzano tutti e due i pollici. Per l’immigrato digitale significa una perdita di prestigio non gravosa solo a patto che sappia usare efficacemente le funzioni principali dello smartphone. Questa tolleranza deriva anche dal fatto che in società la comunicazione è un ambito nel quale le buone maniere sono vitali. Senza buone maniere la comunicazione torna indietro, involve.
Un ultimo fenomeno è costituito dal penetrante controllo sociale nei confronti della nuova abilità della mano. Ci riferiamo alla possibilità dello smartphone di registrare ogni tocco delle dita sullo schermo e soprattutto al riconoscimento dell’impronta digitale nei telefoni di ultima produzione. E’ evidente che se da un lato tale dispositivo tutela il proprietario dello smartphone da intrusioni provenienti dal mondo reale, dall’altro non garantisce affatto che la privacy sia rispettata da chi governa la telefonia mobile. In poche parole gli utenti consegnano volontariamente a un sorvegliante elettronico le proprie impronte digitali che entreranno a far parte di assai poco trasparenti Big Data a disposizione delle imprese. Dinamica in linea col sempre più oscuro trattamento delle informazioni e la dilagante affermazione del potere economico nella gestione della vita di relazione.
Da questo provvisorio elenco emerge quanto la danza delle dita sullo schermo tattile produca effetti sociali che vanno al di là della progettazione ergonomica. Sulla base di tali effetti il contegno e l’abilità della mano sul display rientra nel più generale processo di civilizzazione che investe la storia del corpo con il suo succedersi di regole in numerosi campi dell’esperienza quali l’alimentazione, l’abbigliamento, l’abitare, la sessualità e dunque la gestualità. Certo, i modi gentili e i disciplinati movimenti delle dita sullo schermo non significano ipso facto il rispetto della netiquette. Ma è necessario dare tempo al tempo perché l’interazione tra mano e schermo costituisce una storia appena iniziata.
Patrizio Paolinelli, via Po cultura, inserto del quotidiano Conquiste del Lavoro