Tutto crolla affinché nulla cambi
di Emilia Urso Anfuso
Tomasi di Lampedusa, nel suo “Il Gattopardo” mise in bocca al personaggio di Tancredi, nipote del principe di Salina: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Questa frase ha un chiaro significato: affinché il potere resti al suo posto, deve essere in grado di far pensare di adattarsi ai cambiamenti, anzi, di sostenerli.
dott/ssa Emilia Urso Anfuso ==>>
È ciò che avviene da molto tempo in Italia, anche se nel corso degli ultimi anni qualcosa è cambiato, o meglio, qualcosa di nuovo sembrava essere arrivati per cambiare. In realtà, l’ennesima rappresentazione del cambiamento serviva solo a calmare acque agitate, a metter buoni i cittadini, a sedare focolai di rabbia popolare.
L’avvento del M5S a molti fece sperare che la propagandata “Aria del cambiamento” avrebbe prodotto un reale ribaltamento della situazione politica, ritenuta – da molti elettori – ormai giunta a un insano distacco dalle esigenze della popolazione, e a un famelico attaccamento a poltrone, potere e denaro.
Al grido di “Apriremo il Parlamento come una scatola di sardine” i cinque stelle sedettero ai posti di comando per restarvi stabilmente incollati. Mentre il sistema Italia continuava a traballare, mentre le finanze nazionali invece di essere razionalizzate continuavano a essere sperperate e redistribuite in nuovi rivoli mai dedicati alle esigenze della popolazione meno ingente, si maturava l’idea che, prima o poi, il cambiamento promesso sarebbe giunto. “Diamogli tempo” e “Fateli lavorare” sono state le frasi di sottofondo di un periodo storico segnato da scaldali, omissioni, mala gestione della cosa pubblica, misure scopiazzate da altre nazioni – come il reddito di cittadinanza – e adesione totale a quella politica che a parole dicevano di voler ribaltare.
Nel frattempo, però, l’Italia che già necessitava di robuste inoculazioni di consolidamento dei vari settori socio economici, crollava miseramente sotto il solito peso: quello della bulimia di potere. Unico elemento certo e stabile nella storia della Repubblica italiana.
Oggi, a fronte di una situazione resa anche schizofrenica dall’avvento dell’emergenza sanitaria, tutto sta crollando e nulla fa pensare a un risorgimento del sistema, sia esso politico, economico, sociale o strutturale.
È sufficiente verificare come ci siamo ridotti con l’obbligo della richiesta di prestiti che ci arriveranno dalla UE, e che ripagheremo con la cancellazione di garanzie di futuro, di diritti e di certezze. Le famose “riforme” non ammoderneranno il sistema paese, perché saranno atte solo a privare gli onesti cittadini di quelle conquiste civili collezionate nel corso dei secoli.
Che tutto crolli affinché nulla cambi. È questa la strategia messa in atto in questo terzo millennio che doveva rappresentare l’era della modernità, e ci ha invece riportati indietro di qualche secolo. D’altronde, in un paese come il nostro, sconquassato da decenni di mala politica e mala amministrazione, è bastata una spolverata di prospettiva di poter morire anzitempo a causa di un virus per tacitare qualsiasi velleità di rivolta contro un potere ormai smisurato. Tutto passa in secondo e terzo piano, se il rischio prioritario non è più quello di non avere diritti civili, bensì quello di ritrovarsi con un tubo ficcato in gola e lo spauracchio di non svegliarsi dalla sedazione farmacologica.
Qualcuno potrebbe dire: al primo posto la salute! Si, certo. Peccato che per anni si è perso tempo a colpevolizzare i governi precedenti, le amministrazioni precedenti, le corruzioni precedenti, in un infinito scarica barile che, oggi, ci fa subire la scarsità di posti letto negli ospedali, l’impossibilità di ottenere una cura a una malattia ancora per certi versi oscura, e una nazione che crolla a pezzi, un’infrastruttura dopo l’altra, perché tanto al nulla del sistema di gestione del paese eravamo abbastanza abituati.
È all’abitudine che bisognerebbe dar battaglia in questo paese popolato da persone di scarsa memoria, ma forse ogni singolo cittadino ritiene di averne in abbondanza per rammentare ciò che è prioritario per se stesso. La coesione scarseggia anch’essa, come la coerenza.