E-learning: un’analisi secondo una prospettiva sociologica
Michele Petullà
La letteratura sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e in particolare sulle “competenze digitali” e l’e-learning, è ormai abbastanza ampia, anche in Italia. Tuttavia, una pur rapida rassegna mette in evidenza una “scarsa speculazione teorica ed empirica” riguardo al tema delle ICT e delle loro “ricadute sul soggetto, sulle organizzazioni e sui sistemi educativi” (S. Capogna, 2014).
<<== Dott. Michele Petullà
La maggior parte dei lavori di studio e ricerca in quest’ambito, inoltre, sembrano essere orientati verso l’analisi degli aspetti prettamente tecnici e didattici, a discapito di uno sguardo più specificatamente sociologico.Un approccio più squisitamente sociologico al tema dell’e-learning (in particolare della sociologia dell’educazione), e ai problemi ad esso connessi, suggerisce di collocare la trasformazione tecnologica all’interno delle esperienze di rinnovamento in atto nei sistemi formativi, seguendo una lettura alla luce delle principali teorie che sono state formulate sulle istituzioni e i processi educativi.
Il punto centrale, da cui partire, è il progressivo affermarsi, in forme sempre più corpose ed efficaci, della Formazione a Distanza (FAD), di cui l’e-learning costituisce lo sviluppo più recente e l’espressione più avanzata, che assume via via un ruolo centrale nella diffusione del sapere e nella creazione delle competenze, rompendo l’unità di luogo e la sequenzialità di contenuti che caratterizzano la formazione tradizionale, “in presenza”.
Alla base di questa trasformazione c’è sicuramente l’evoluzione delle Information Communication Technology (ICT), che hanno visto il passaggio da una comunicazione intesa come “informazione” a una comunicazione concepita come “partecipazione”.
La maggior parte delle ricerche in questo ambito mostrano, infatti, che non è tanto la tecnologia in sé, quanto la connettività a modificare sia le strutture di apprendimento sia le aspettative di chi apprende. A questo proposito si parla, non a caso, di connected minds per indicare il modo con cui i ragazzi si rapportano alle nuove tecnologie, che è influenzato non tanto dal supporto tecnologico quanto dalle dinamiche che operano all’interno della Rete e delle comunità di apprendimento da esse generate (V. Pandolfini, 2010).
Questa realtà, per essere pienamente e adeguatamente compresa, però, richiede di essere esaminata alla luce delle teorie pedagogiche, certamente, ma anche, e necessariamente, sulla base delle prospettive sociologiche nei confronti dei sistemi di apprendimento mediati da supporti tecnologici e dei loro risultati. Una serie di ricerche mostra il permanere, all’interno di questa situazione innovativa, del riprodursi di dinamiche consolidate, in quanto il digital divide è sensibile alle differenze di capitale culturale, di genere, di etnia; un esame dell’attività degli studenti in rete, d’altra parte, indica che i cosiddetti “nativi digitali” non sono affatto un’entità compatta, ma evidenziano rilevanti differenze sia di utilizzo sia di competenze acquisite (M. Filandri, T. Parisi, 2013).
Il fattore principale nello sviluppo della comunicazione, da circa quindici anni a questa parte, è quello che viene definito “ibridazione-contaminazione”; un processo attraverso cui i tre settori fondamentali della comunicazione (telefonia, televisione e computer) operano in stretta sinergia, secondo una prospettiva di integrazione. Ciò ha causato diversi fenomeni di tipo prettamente sociale e di rilevanza sociologica, come per esempio l’estensione del sé attraverso la tecnologia, lo slittamento del confine fra pubblico e privato, la costruzione della propria identità in un contesto di esperienze in cui reale e virtuale non differiscono in modo preciso, una significativa trasformazione del senso del tempo e dello spazio (S. Capogna, 2014). I termini “ibridazione” e “contaminazione” ricorrono spesso ormai nella relativa letteratura, accanto alla riflessione sull’antica abitudine della scuola italiana di distinguere fra cultura “alta”, lineare e testuale, e la cultura “bassa” della reticolarità e della costruzionepartecipata, nonostante la sua crescente affermazione.
Nel complesso, si può affermare che il sistema educativo italiano sembra non essere ancora in grado di misurarsi adeguatamente con le sfide poste dai modelli alternativi che si sono ormai largamente affermati nel mondo dell’extrascolastico. Inizialmente, le tecnologie sono state adattate ed utilizzate semplicemente come modalità più efficienti per trasmettere contenuti e metodi tradizionali, senza rendersi conto che “il medium è il messaggio” (McLuhan), e un nuovo mezzo di trasmissione del sapere avrebbe inevitabilmente messo in crisi anche le metodologie didattiche e il tipo di sapere trasmesso, o quantomeno il suo ruolo sociale. Si tratta di un “approccio senile all’innovazione”, come viene definito, che considera le ITC semplicemente come uno strumento per fare meglio, più rapidamente e a un costo minore quello che si è sempre fatto (V. Spiezia, 2010), anziché pensare ad esse come ad un ambiente tecno-sociale da vivere, all’interno del quale e per mezzo del quale, ridisegnare il proprio essere nel mondo.
Una ormai ampia e autorevole letteratura, d’altra parte, attesta che seppur le nuove tecnologie sono indispensabili per i percorsi di insegnamento volti allo sviluppo di competenze digitali, per realizzare la cosiddetta media education, e rappresentano una risorsa imprescindibile per l’e-learning, con cui siamo ormai obbligati a misurarci, è necessario sottolineare che, nella sostanza, è la metodologia didattica opportunamente adottata a fare la vera differenza per l’apprendimento, e che ogni tecnologia è potenzialmente in grado di generare rilevanti riflessioni educative o di trasformarsi in “mind tools” (strumenti mentali), se si è in grado di coglierne le potenzialità (Bonaiuti, Calvani, Menichetti, 2017).
La Formazione a Distanza, di cui l’e-learning è la versione più attuale, non richiede, dunque, semplicemente la presenza di strumenti e le competenze tecniche legate al loro uso, ma richiede anche specifiche competenze cognitive e relazionali che andrebbero meglio indagate facendo uso delle teorie pedagogiche e sociologiche di riferimento. In questo contesto, si possono considerare sicuramente come esperienze positive, pertanto, quelle in cui si è capito che adottare un sistema di e-learning comporta sostanzialmente un ripensamento generale del modello pedagogico e delle metodologie di progettazione degli ambienti di apprendimento, e che il valore aggiunto di un ambiente integrato di formazione non può risultare dalla semplice sommatoria dei vantaggi dell’apprendimento in presenza e di quelli dell’apprendimento in rete.
In un contesto in cui l’apprendimento a distanza e la trasformazione dei processi stessi di apprendimento, legati alla costruzione di un sapere partecipato in rete, secondo uno sviluppo delle logiche “costruzioniste”, rappresentano molto probabilmente un punto di non ritorno, diventa particolarmente importante e necessario quel lavoro di progettazione strategica e di riflessione critica, di vision, che è fin qui quasi del tutto mancato nelle politiche educative in Italia.
Emerge, dunque, e la relativa letteratura lo conferma, la necessità di una riflessione a tutto campo, secondo una prospettiva interdisciplinare, che comprenda anche gli aspetti sociologici della questione, sugli usi didattici dell’e-learning, in quanto l’esito con cui ci approcciamo ad esso può dare esiti diversi. Per questo è importante conoscere e sperimentare questi ambienti tecno-sociali (S. Capogna, 2011) per poter meglio gestire la relazione con loro e le relazioni/comunicazioni per cui ce ne serviamo.
A questo proposito, è bene ricordare anche che già nel 2006 il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa hanno emanato la “Raccomandazione sulle Competenze Chiave” per il lifelong learning (OECD, 2006), che ha introdotto un nuovo framework per delineare le competenze di base necessarie per poter esercitare in pienezza il diritto di cittadinanza attiva nella società contemporanea: per la prima volta si fa esplicito riferimento, tra le competenze chiave, alle competenze digitali (A. Calvani, 2009).
Questa necessità si colloca e si sviluppa in quello spazio scientifico di incontro che accomuna gli sviluppi della sociologia (della sociologia dell’educazione in particolare), delle scienze della comunicazione e della pedagogia, tutte discipline direttamente interessate, sia pure con interessi diversi, dalla radicale trasformazione che gli old e i new media hanno portato all’interno dei sistemi sociali ed educativi (G. Gili, 2003). I suddetti ambiti teorici, e in particolar modo la sociologia, si sono avvicinati a questo dibattito con un significativo ritardo rispetto ad altri campi di studio. Si evince, infatti, un ritardo e una scarsa speculazione teorica ed empirica riguardo al tema delle ICT e delle loro ricadute sul soggetto, sulle organizzazioni e sui sistemi educativi.
Dal punto di vista sociologico, un aspetto molto importante sarebbe quello di comprendere, da un lato, le potenzialità di questi ambienti tecno-sociali per i sistemi educativi (Y. Punie, 2007), dall’altro, le ricadute sul soggetto e i nuovi interrogativi che queste sollecitano per una riflessione sociologica più attenta alle nuove dinamiche sociali prodotte da tali tecnologie (M. Colombo, P. Landri, 2009). Si avverte, dunque, la necessità di un approccio teorico/speculativo al problema secondo uno sguardo più prettamente sociologico (L. Ribolzi, 2012). La sociologia, e la sociologia dell’educazione in particolare, infatti, non studia semplicemente i fatti o i processi educativi, ma studia anche e soprattutto il legame che questi hanno con il più ampio sistema sociale e con i diversi aspetti o dimensioni costitutivi della società.Studiare questo rapporto educazione-società, inoltre, comporta anche l’analisi delle sue trasformazioni riguardo ai cambiamenti sociali, culturali, economici e tecnologici che incidono in maniera significativa sulla struttura sociale e sulle sue istituzioni.
Il contributo particolare e precipuo della sociologia nello studio della Rete, e delle sue implicazioni socio-educative, dunque, è quello di entrare nella “scatola nera” dell’e-learning, e più complessivamente delle ICT a uso didattico.Da questo punto di vista è possibile individuare quattro aree principali di studio della sociologia dell’educazione:
– analisi delle relazioni del sistema educativo con altri settori della società (cultura, politica, economia, ecc.);
– influenza della comunità e delle diverse agenzie di socializzazione sull’organizzazione scolastica;
– analisi dell’influenza della scuola sul comportamento e sulla personalità dei suoi membri (corpo docenti in particolare);
– studio delle relazioni dentro la scuola (nel gruppo classe, tra docenti, tra docenti e discenti, ecc.).
La sociologia, pertanto, può indirizzare i suoi studi a diversi livelli di complessità: a livello macro (comprendere il sistema educativo nelle sue relazioni con la società, rispetto, per esempio, al sistema di valori, al sistema di stratificazione sociale, ecc.), a livello meso (modo in cui si configurano la struttura sociale e il funzionamento dei gruppi che costituiscono il sistema scolastico al loro interno o nelle relazioni inter-organizzative), a livello micro (analisi delle relazioni sociali che si estendono all’interno delle attività educative: funzionamento della classe, relazione docente-discente, gruppo dei pari, ecc.) (S. Capogna, 2014).
Concludendo, si può dire che i più significativi e rilevanti contributi teorici maturati nell’ambito della sociologia, con riferimento al tema dell’apprendimento e dell’e-learning in particolare, hanno posto l’attenzione sulle criticità e sulle opportunità connesse a questa nuova e diversa modalità di azione educativa. La riflessione sociologica, in questo campo, si è sviluppata intorno a tre questioni principali:
– aspetti sociali della tecnologia (ricadute sulle organizzazioni e sul lavoro, sui soggetti, sulle politiche);
– trasformazione del “capitale culturale” (P. Bourdieu) al tempo del web, in relazione anche al tema del digital divide;
– tema delle disuguaglianze (in rapporto alle possibilità di accesso alla Rete).
Emerge, dunque, la necessità di studiare le tendenze attuali del fenomeno, per comprendere come l’idea di e-learning possa e debba ridefinire alcuni concetti chiave dal punto di vista del metodo. La sociologia di Internet, o della Rete, da questo punto di vista, ne è un esempio: i comportamenti e le abitudini legati alla Rete possono configurare nuove strutture nell’offerta di insegnamento e nuove/diverse modalità di apprendimento, con indubbie ricadute sulla socialità delle relazioni.