SCUOLA RADIO ELETTRA, LA FORMAZIONE A DISTANZA
di Patrizio Paolinelli
Nell’immaginario di molti italiani la Scuola Radio Elettra (S.R.E.) occupa un posto di rilievo. Dal 1951, anno della sua fondazione a Torino, fino alla prima metà degli anni ’90 tale scuola ha formato a distanza oltre un milione e mezzo di tecnici in Italia e all’estero. Purtroppo non si hanno studi approfonditi sulla storia della Scuola. E’ certo però che si è trattato di un fenomeno significativo che ha accompagnato la ricostruzione postbellica – col conseguente ingresso dell’Italia nel club delle nazioni più industrializzate – e che dagli anni ’80 ha subito i dolorosi contraccolpi dei processi di deindustrializzazione. Ma andiamo con ordine partendo dalle origini.
La S.R.E. nasce per iniziativa di Vittorio Veglia (laureato in chimica) e Tomasz Carver Paszkowski (ingegnere polacco stabilitosi in Italia nel 1947). La leggenda narra che i due abbiano avuto l’idea di mettere in piedi una scuola di formazione professionale per corrispondenza dopo aver facilmente riparato una radio. Pare abbiano pensato: se potevano farlo loro avrebbero potuto farlo anche molti altri. E’ assai più probabile che l’idea sia venuta a Vittorio Veglia durante un suo viaggio negli USA, paese in cui la formazione per corrispondenza era già una realtà consolidata; o ancor più semplicemente dopo la lettura da parte dello stesso Veglia di una rivista in lingua inglese che conteneva annunci di scuole professionali per corrispondenza. Sia come sia di una scuola del genere l’Italia aveva necessità per sostenere il decollo industriale del paese. D’altra parte nel 1951 gli addetti all’agricoltura costituivano ancora la maggioranza della popolazione attiva. Ma nel ventennio successivo si assisterà a una spettacolare impennata del comparto industriale, che nel 1971 assorbirà la maggioranza della forza-lavoro. Gli operai assunti nelle fabbriche passeranno infatti da 3.400.000 unità nel ’51 a 4.200.000 nel ’61 per arrivare a 4.800.000 nel ’71. E’ nel corso di questi due decenni che la S.R.E. conoscerà la sua affermazione e il suo successo diventando uno dei miti dell’Italia del boom economico.
La carta vincente di Veglia e Paszkowski fu quella di essere stati tra i primi ad aver individuato una domanda di formazione professionale a cui la scuola pubblica non dava risposta. All’epoca gli Istituti di Avviamento Professionale erano prevalentemente a indirizzo meccanico, mentre il titolo di perito elettronico richiedeva cinque anni di studio. Tenendo conto che nei primi anni ’50 meno della metà degli italiani aveva frequentato le scuole elementari (la cui licenza era obbligatoria per iscriversi all’Avviamento) va da sé che migliaia di persone piene di buona volontà e di voglia di fare si trovassero escluse da un mercato del lavoro che con la massiccia diffusione della radio e della televisione richiedeva tecnici specializzati nel comparto dell’elettronica di consumo. La S.R.E. colmò questo vuoto offrendo corsi (che andavano da una trentina a una cinquantina di lezioni ciascuno), a costi contenuti, senza limiti di età, senza che l’allievo dovesse spostarsi dalla propria residenza, senza scadenze prefissate (era l’allievo che decideva quando inviare a Torino i compiti e le schede di esame da correggere) e rilasciando un attestato finale.
Passando dalla business idea alla sua applicazione uno dei vantaggi competitivi della S.R.E. fu quello di offrire un servizio di alta qualità e, come si direbbe oggi, personalizzato. All’iscritto giungevano via posta il materiale cartaceo consistente in dispense molto ben realizzate dal punto di vista didattico e il kit di componenti per eseguire a domicilio sia montaggi sperimentali sia la realizzazione finale dell’apparecchio sul quale ci si intendeva specializzare. A scadenze regolari (in genere ogni cinque o dieci lezioni) l’allievo doveva sostenere un test scritto che inviava per posta alla Scuola, la quale lo rinviava al mittente con le correzioni e il punteggio. Non solo. Se un’apparecchiatura montata dall’allievo non funzionava poteva essere spedita alla Scuola, che la riparava e la rimandava all’allievo gratuitamente. Inizialmente i dispositivi da realizzare erano Radio e Radio FM, ma rapidamente si passò alla Tv, alla costruzione di strumenti elettronici di misurazione e persino alla possibilità di realizzare a casa propria un piccolo motore fuoribordo.
Una volta terminato il corso per due settimane l’allievo aveva la possibilità di frequentare gratuitamente i laboratori della S.R.E. dove veniva attentamente seguito dai consulenti della Scuola. In proposito va ricordato che diversi di questi consulenti provenivano dal Politecnico di Torino, la cui vicinanza facilitò senz’altro l’iniziativa di Veglia e Paszkowski, così come la favorì il fatto di trovarsi in uno dei vertici del triangolo industriale. Trovandosi in una delle realtà più sviluppate del paese i due fondatori guidarono la Scuola secondo i criteri manageriali allora più avanzati. Basti pensare che a metà degli anni ’50 la S.R.E. disponeva di una propria litografia per la stampa delle dispense, di un impianto meccanografico IBM a schede perforate per la gestione delle spedizioni e di un ufficio postale interno (come aziende assai più grandi quali la FIAT e la RAI). Negli anni d’oro della sua esistenza la S.R.E. arrivò a contare 150 dipendenti (di cui 25 tra ingegneri, periti elettronici e tecnici) e un centinaio di collaboratori esterni.
Un altro vantaggio competitivo che permise alla S.R.E. di battere la concorrenza fu una strategia di vendita molto ben articolata. Innanzitutto i corsi potevano essere acquistati a rate. Ma c’era di più: chi non desiderava il corso completo poteva comprare singole dispense o una serie di dispense di suo interesse. Un’offerta assai elastica che però non incideva sulla qualità della didattica: che acquistasse l’intero corso o una sola dispensa, che concludesse gli studi nei tempi stabiliti o in ritardo l’allievo era seguito col medesimo impegno da parte della Scuola. La politica del prezzo era poi affiancata da una promozione che andava dalle presentazioni porta a porta agli episodi su Carosello passando per massicce inserzioni sulla stampa.
L’enfasi dei messaggi pubblicitari era posta su un insieme di fattori che alimentavano l’immaginario collettivo di un’epoca lanciata a tutta velocità verso la modernizzazione: la promozione sociale, l’autorealizzazione, la fiducia nella tecnologia e il mito del progresso. “Diventa qualcuno e stupiscili tutti”, “Ecco la tua grande occasione per dimostrare quanto vali”, “Impara a casa tua una professione vincente” sono alcuni dei numerosi messaggi promozionali con cui la S.R.E. promuoveva i propri corsi e da cui – al di là dell’insistenza sulla volontà individuale – emerge un sistema di valori fondato sulla funzione civilizzatrice del lavoro. Il risultato complessivo di questo modello d’offerta formativa a distanza furono decine di migliaia di iscritti, l’esponenziale moltiplicazione dei corsi (Transistor, Elettrotecnica, Hi-Fi Stereo, Regolo Calcolatore, Elettrauto, Fotografia, Inglese ecc.) e l’espansione della S.R.E. all’estero (Francia, Germania, Spagna e alcuni paesi africani). In un parola la Scuola Radio Elettra divenne sia un marchio rappresentativo del più complessivo sviluppo economico sia una proposta culturale che vedeva nel lavoro la base della vita personale e sociale.
La S.R.E. trovò così spazio nell’immaginario collettivo degli italiani. Dagli anni ’50 fino a tutti gli anni ’70 e oltre dire Scuola Radio Elettra significava evocare la volontà di riscatto dalla povertà e riconoscere al lavoro la sua centralità nei processi di formazione dell’identità. Veglia e i suoi soci assecondarono tali tensioni e anzi l’alimentarono più che poterono: “Ero un manovale. Ora sono un tecnico specializzato” recitava una delle tante inserzioni pubblicitarie della Scuola. All’epoca i tecnici erano per lo più dipendenti dell’industria. Ma non era infrequente il caso di allievi della S.R.E. che dopo aver superato il corso aprivano piccole attività in proprio (ad esempio negozi per la riparazione di radio, Tv e impianti stereo). L’eccellente strategia di vendita, la qualità dei corsi, l’alta professionalità del corpo docente e i cospicui investimenti in pubblicità crearono un legame molto stretto tra la Scuola e i suoi allievi. Tanto che sorsero spontaneamente i Club S.R.E. Il primo nacque a Roma nel 1971 e poi in numerose altre città della penisola. Alcuni Club arrivarono persino a formare squadre di calcio amatoriali.
Venne così a costituirsi una rete associativa che faceva della condivisione del sapere tecnico il motivo della propria esistenza. Veglia e Paszkowski sostennero con decisione la proliferazione dei Club S.R.E. tramite l’invio di materiali, la realizzazione di un logo (visibile insieme a tanto altro materiale sul sito museo.scuolaradioelettra.it), visite periodiche nelle sedi e delegando un proprio collaboratore al mantenimento dei rapporti con gli stessi Club. Sfortunatamente non si hanno studi di questa esperienza associativa. Possiamo però aggiungere che uno dei canali attraverso i quali i Club S.R.E. comunicavano tra loro e con la stessa Scuola era il mensile RADIORAMA (distribuito per abbonamento postale conteneva la rubrica “L’angolo del Club”). Fondato nel 1956 da Veglia fu un punto di riferimento per gli allievi della Scuola e non solo. In buona sostanza la S.R.E. diede alla passione per la tecnologia una vetrina sul mondo e alla laboriosità di tanti italiani un modo per esprimersi.
Ancora oggi in alcuni resta viva la memoria di una scuola che non aveva eguali, che alimentava la cultura tecnologica e lo spirito di intraprendenza in chi aspirava alla promozione sociale. Il più noto “custode della memoria” della S.R.E. è sicuramente Giuseppe Tusini. Modenese, classe 1942, perito elettrotecnico con un lungo trascorso alla FIAT Trattori ed ex allievo della Scuola (corso per Tv) Tusini vanta una collezione di materiali della S.R.E. davvero imponente. Da quanto ci ha raccontato la sua raccolta (in parte visibile sul sito www.gtusini.it) comprende: 1) il materiale e le lezioni dei corsi radio, tv (sia a valvole che a transistor), Hi-Fi, strumentazione, elettrotecnica, elettrauto (escluse le dispense), antifurto e altro ancora dal 1952 sino alla prima metà degli anni ’70; 2) materiali di altre scuole quali: Radio Scuola Italiana, Scuola Politecnica italiana, Maymo Escuela Radio (spagnola); 3) il materiale delle sedi estere della S.R.E., tra cui: Eratele (spagnola), Euratele (tedesca), Eurelec (francese). Per Tusini i motivi che giustificano tanta dedizione sono diversi. Innanzitutto quello di non far cadere nell’oblio il patrimonio di un’esperienza molto importante nel campo della formazione professionale in cui il fare bene le cose si coniugava con il bene collettivo, nel senso di un progresso sociale generalizzato. Poi perché la Scuola ha permesso a molti giovani di trovare lavoro o di creare una propria attività. Infine perché le apparecchiature dell’epoca si caratterizzavano per un’estetica che è andata perduta con i processi di miniaturizzazione dei dispositivi elettronici ma che è bene non dimenticare. A quest’ultimo proposito, la recente moda del vintage ha recuperato il gusto per le vecchie radio a valvole attraverso la loro commercializzazione on-line e off-line.
Tornando alla cronistoria il passaggio dell’Italia da una società agricola a una società industriale, l’abilità imprenditoriale di Veglia e Paszkowski, l’eccellente qualità dell’offerta didattica, una promozione dei corsi molto avanzata e le concrete opportunità di lavoro che si aprivano per migliaia di persone destinate altrimenti ad attività dequalificate furono tra i motivi che decretarono il successo della Scuola Radio Elettra. Ma alla fine degli anni ’70 iniziò il processo di deindustrializzazione dell’Italia e la crescita del terziario, il quale, già maggioritario nel 1981, nel 1986 raccolse la percentuale più alta della forza-lavoro: 56,5%. In parole povere questa trasformazione significò meno posti lavoro nel comparto industriale per il quale la S.R.E. preparava i suoi specialisti. Per restare a Torino, alla fine degli anni ’70 la FIAT aveva 130mila dipendenti, mentre oggi in Italia i dipendenti della Fiat Chrysler sono meno di 23mila (contro gli oltre 43mila del 2003). A questa dinamica delle forze produttive va aggiunta la trasformazione delle stesse tecniche di produzione nell’elettronica di consumo: radio, Tv e giradischi necessitavano sempre meno di riparazioni perché era più conveniente acquistare un nuovo prodotto. Crollò così un’altra fonte di lavoro per i tecnici che uscivano dalla Scuola.
Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 inizia il declino della S.R.E. Nel dicembre del 1981 chiude RADIORAMA. Sull’ultimo numero della rivista Vittorio Veglia firmerà un laconico comunicato intitolato “Congedo”. Nel 1982 Tomasz Carver Paszkowski lascia l’azienda per motivi di salute e successivamente la Scuola passa in mano ai figli dei due fondatori. Ma le iscrizioni ai corsi calano anno dopo anno. Nel 1995 la Scuola fallisce e nel corso del 1996 è acquistata dal CEPU (Centro Europeo per la Preparazione Universitaria). I numerosi Club S.R.E. resistono ancora per qualche anno fino a estinguersi uno dopo l’altro. Fine di una storia gloriosa? Nient’affatto. La Scuola Radio Elettra ha superato la crisi degli anni ’90 e oggi si trova a Città di Castello (in provincia di Perugia). E’ attiva in un mercato della formazione a distanza profondamente mutato con l’avvento dell’e-learning e forte di un marchio storico ancora conosciuto da molti. La Scuola possiede un proprio sito (www.scuolaradioelettra.it) ed è presente su Facebook dove è visibile anche il profilo dei Consulenti della S.R.E.
Nel corso degli anni l’offerta didattica è stata aggiornata con l’introduzione di nuovi corsi nei settori storici dell’impiantistica e dell’elettronica (ad esempio, Tecnico fotovoltaico e Tecnico dei sistemi domotici) e con l’apertura verso altri comparti: informatica, ristorazione, bellezza, salute e servizi sociali. Dalla S.R.E. escono oggi cuochi, operatori sociosanitari, estetisti, Web-designer e tante altre figure professionali. Sul piano organizzativo la didattica prevede lezioni on-line e in aula, laboratori in presenza, possibilità di tirocinio, rilascio del titolo. Ovviamente la modalità di erogazione dei corsi si è evoluta di pari passo con la tecnologia grazie alla creazione della piattaforma Fedro per la fruizione on-line delle lezioni. La S.R.E. conta oggi 35 unità tra dipendenti e collaboratori, ha un corpo docente di 85 insegnanti e 670 allievi. Come si vede si tratta di una struttura più piccola rispetto a quella del passato ma in continuità con lo spirito dei fondatori. Una continuità senza nostalgia che punta ancora sull’importanza del lavoro per la crescita degli individui e per lo sviluppo della società.
Prof. Patrizio Paolinelli – via Po cultura, inserto del quotidiano Conquiste del Lavoro.