I conflitti nel mondo contemporaneo

di Giovanni Pellegrino e Mariangela Mangieri

In tale articolo prenderemo in considerazine un oggetto di studio molto importante per la sociologia e per la psicologia sociale: i conflitti.  I conflitti possono essere divisi in due gruppi fondamentali: conflitti intrapsichici e conflitti sociali. I conflitti intrapsichici avvengono nella mente dell’individuo e vedono coinvolti l’Io, il Super Io e l’ID, le tre istanze psichiche che compongono la psiche degli individui. I conflitti sociali vedono contrapposti due o più individui oppure due o più gruppi sociali.                                                                                                                <<<=== Prof. Giovanni Pellegrino

I conflitti sociali si dividono in due gruppi: conflitti a livello microsociologico, che coinvolgono un numero limitato di individui e conflitti a livello macrosociologico che vedono coinvolti un grandissimo numero di persone. Riguardo ai conflitti intrapsichici dobbiamo dire che essi causano un forte spreco di energie nervose. Di conseguenza se durano per troppo tempo oppure se sono particolarmente violenti possono determinare un blackout energetico con conseguente adinamia ed anergia psichica. Particolarmente dannosi sono i conflitti intrapsichici tra tendenze avversative che possono condurre a gravi alterazioni psicologiche dovute all’accumulo di stress. Vogliamo precisare che si parla di conflitto intrapsichico tra due o più tendenze avverastive quando l’individuo deve scegliere tra due o più opzioni tutte negative.                                                       

 In pratica egli deve scegliere il male minore. Meno destabilizzanti per l’equilibrio psicologico del soggetto sono i conflitti intrapsichici tra due o più tendenze attrattive in quanto il soggetto deve scegliere tra opzioni considerate tutte positive. Molto destabilizzanti sono anche quei conflitti intrapsichici che nascono dal fatto che l’individuo deve scegliere tra due tendenze di cui la prima è avversativa e la seconda è attrattiva ma la cui attuazione scatenerebbe dei complessi di colpa molto dispendiosi dal punto di vista energetico.Spesso i conflitti intrapsichici tendono a cronicizzare esponendo l’individuo a rischio di raggiungere il breack point (punto di rottura dell’equilibrio psichico).  A volte i conflitti sociali che perdurano nel tempo possono causare conflitti intrapsichici scatenando sensi di colpa o minando l’autostima dell’individuo. Per risolvere i conflitti intrapsichici non sempre è sufficiente una personalità forte e ben strutturata ma a vole è necessario il concorso di favorevoli circostanze esterne al soggetto. Tali circostanze favorevoli sono: conoscenza di nuovi dati e opzioni, modifica del contesto sociale in cui agisce l’individuo, collaborazione di persone con le quali il soggetto interagisce, etc..                                                                                          

 Riguardo ai conflitti sociali dobbiamo dire che essi sono più frequenti nei periodi storici nei quali sono più forti i fenomeni di mutamento sociale dal momento che i mutamenti causano sempre conflitti tra tradizionalisti e modernisti. Molto importante nel pensiero sociologico è la teoria del conflitto che ha dato luogo ad una interessante lettura della realtà umana. A tale riguardo Wolf afferma che la teoria del conflitto considera la società un’arena nella quale gli individui e i gruppi sociali lottano per la conquista del potere. La società è dunque per i teorici del conflitto un campo di battaglia e i rapporti interpersonali sono in realtà conflitti sociali più o meno intensi. La teoria del conflitto si basa su tre presupposti fondamentali tra loro collegati. In primo luogo tutti gli individui possiedono degli interessi fondamentali da difendere e realizzare. Proprio per difendere tali interessi gli individui entrano in conflitto con altre persone che hanno interessi opposti o comunque non compatibili con i loro. In secondo luogo i teorici del conflitto considerano la lotta per il potere il primum movents delle relazioni sociali dando molta enfasi al carattere egoistico della natura umana. Essi dividono gli uomini in due categorie, ovvero vincitori e vinti. Di conseguenza i teorici del conflitto attribuiscono molta importanza allo studio di quelle caratteristiche che permettono all’individuo di conquistare i vari tipi di potere e di perseguire i propri interessi nei vari sistemi sociali.                                               

 Per i teorici del conflitto il desiderio di potere in tutte le sue forme è innato negli uomini dal momento che fa parte del loro codice genetico. A volte la lotta per il potere è manifesta e dà luogo a conflitti manifesti nei quali le parti in lotta ammettono di volere perseguire determinati interessi non compatibili con quelli della controparte. Altre volte la lotta viene compiuta in maniera non manifesta, in modo diplomatico e velato, dando luogo a conflitti latenti nei quali vengono utilizzate strategie subdole  A volte gli in dividui preferiscono cercare di ottenere il potere con strategie manipolative: tali strategie sono estremamente subdole e molto spesso si basano sul presupposto macchiavellico che “il fine giustifica i mezzi”. Molto interessanti per quanto riguarda differenziazione dei conflitti sono le teorie di Coser. Egli divide i conflitti in due gruppi: “conflitti “realistici” e conflitti “non realistici”. I conflitti realistici sono caratterizzati dal fatto che gli individui utilizzano il conflitto come uno strumento per ottenere quello che desiderano. Al contrario i conflitti non realistici sono finalizzati esclusivamente a diminuire le tensioni psichiche esistenti negli individui.                                                                                                   

Coser mette in evidenza che spesso nei conflitti sono presenti sia elementi realistici che non realistici. Coser, inoltre, ha studiato con molta attenzione i rapporti esistenti tra conflitti e coesioni di gruppo. A tale riguardo egli distingue tra conflitti esterni e interni al gruppo. Entrambi, a suo parere, possono aumentare la stabilità e la coesione di gruppo, rafforzandone l’identità. Coser sostiene che il conflitto esterno rafforza l’identità di gruppo in quanto introduce un nemico esterno al quale è possibile contrapporsi. Tale contrapposizione aumenta il senso di appartenenza e la coesione di gruppo, facendo passare in secondo piano eventuali problemi interni al gruppo. Tali problemi in assenza di conflitti potrebbero a lungo andare compromettere seriamente la coesione di gruppo e far venir meno il senso di appartenenza degli individui al gruppo.  Coser ritiene che anche i conflitti interni possono aumentare la stabilità del gruppo in quanto la lotta contro i devianti è un modo per riaffermare le regole e la morale di gruppo. Vogliamo precisare che i devianti sono quei membri del gruppo sui quali si concetra l’aggressività dgli altri componenti del gruppo dal momento che i devianti rifiutano le regole e la morale di gruppo.                                                                                                       

   A nostro avviso non sempre i conflitti interni aumentano la coesione e la stabilità di gruppo. Ciò è vero solamente se i devianti sono dotati di risorse limitate che non permettono loro di opporsi con successo agli altri membri del gruppo. Qualora non fosse così i devianti potrebbero scatenare una guerra interna al gruppo che potrebbe portare alla disgregazione del gruppo oppure al mutamento delle regole e della dinamica interna.   Dopo aver esposto il pensiero di Coser torniamo ad interessarci dei presupposti della teoria del conflitto enunciando il terzo presupposto: i teorici del conflitto considerano i valori e le idee uno strumento utilizzato dai vari gruppi per difendere i loro interessi e per mantenere o conquistare il potere in tutte le sue forme. Per dirla in altro modo i detentori del potere userebbero la forza delle idee per legittimare il loro dominio, mentre i dominati si servirebbero delle idee per delegittimare il potere dei loro avversari. A nostro avviso non è sempre vero che le idee siano semplici riflessi degli interessi di potere, dal momento che possono nascere anche da esigenze conoscitive che niente hanno a che vedere con le esigenze di legittimazione o di delegittimazione dello status quo esistente in un dato sistema sociale.                                                                                 

 In ogni caso il problema della legittimazione sociale è senza dubbio un problema importante sia a livello micro sociologico che macro sociologico.   Per fare degli esempi un individuo deve legittimare il fatto che emargini un altro individuo mentre una nazione deve legittimare il fatto che scateni una guerra contro un’altra nazione.  Soprattutto nella società contemporanea nella quale l’opinione pubblica è diventata sempre più importante, il problema della legittimazione sociale ha assunto un notevole rilievo. Molti sociologi mettono in evidenza che il potere dell’opinione pubblica è diventato una delle forme di potere più forti nei sistemi democratici. Tuttavia bisogna mettere in evidenza che l’opinione pubblica non è sempre un giudice attendibile in quanto è facilmente manipolabile ed inoltre è particolarmente incostante e volubile nelle sue valutazioni. Chiudiamo il nostro discorso sui conflitti sociali affermando che esistono vari modi per giungere alla risoluzione di essi.

  In primo luogo un conflitto termina quando una delle due parti in lotta viene sconfitta. In secondo luogo un conflitto si esaurisce se le parti giungono ad un compromesso accettabile da entrambe. In terzo luogo un conflitto si esaurisce quando le parti non hanno più energia e motivazioni sufficienti per continuare la lotta. In quarto luogo un conflitto può esaurirsi anche momentaneamente quando si presentano dei fatti che abbassano il livello di attenzione nei riguardi del conflitto stesso. Se non si verifica nessuna di queste tre condizioni il conflitto diventa cronico. Vogliamo evidenziare che tendono a cronicizzare soprattutto quei conflitti che presentano minore violenza e intensità La violenza di un conflitto dipende dal tipo di armi utilizzate nella lotta mentre l’intesità del conflitto dipende dalla percentuale di risorse che ciascuna parte inpegna nel conflitto. A volte un conflitto si cronicizza perché tale cronicizzazione è funzionale agli interessi delle parti. Per fare un esempio un conflitto può diventare cronico perché l’esistenza di tale conflitto permette alle parti in lotta di distogliere l’attenzione da importanti problemi presenti nei sistemi sociali delle parti in lotta.                                        

Per essere ancora più chiari possiamo dire che una guerra tra due nazioni nel momento in cui si protrae nel tempo permette ai governi delle due nazioni di far passare in secondo piano i problemi di politica interna presenti nei due sistemi sociali.      

                                                                                                                              Prof. Giovanni Pellegrino

Prof.ssa Mariangela Mangieri


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