Spioni 3.0: come scoprire se qualcuno sta ficcando il naso nel cellulare

di Michele Miccoli

Un tempo per spiare una persona era necessario pedinarla, oppure ficcare di soppiatto le mani nei cassetti e nella rubrica telefonica cartacea per scoprire nomi sospetti o preziosi dati, come il di codice per aprire una cassaforte o per accedere alla cassetta di sicurezza.

<<== Prof. Michele Miccoli

Le agenzie investigative fino all’inizio del terzo millennio hanno fatto soldi con la pala, pagati per tanare tradimenti sentimentali o segreti industriali. Altri tempi. Oggi, con la diffusione delle tecnologie informatiche, persino l’arte di ficcare il naso nella vita altrui si è trasformata.

Il congegno mobile è ormai utilizzato per fare un mucchio cose, tra cui navigare sul web, accedere al conto corrente, spostare somme di denaro, acquistare beni e servizi, vedere film, ascoltare musica, chattare. Solo marginalmente è usato per lo scopo primario per cui fu creato: telefonare. L’integrazione della tecnologia che permette la connessione al web li ha trasformati in piccoli computer, con tutti i rischi del caso.

Quali? Gli stessi che si possono subire usando il PC: essere controllati non più attraverso i metodi descritti in apertura, quanto con l’uso di piccoli software che i cyberpirati sono in grado di inoculare nei sistemi operativi. Fatto questo, è come se i delinquenti avessero in mano il nostro telefonino per farsi gli affari nostri in santa pace.

Chiacchierate in chat con gli amici, o peggio con l’amante, codici di accesso all’internet banking salvati nella rubrica e tutto ciò che può svelare di noi e della nostra esistenza, in un battibaleno si apre alla lettura da parte di esimi sconosciuti dalle intenzioni poco oneste. Al solo pensarci si rizzano i capelli in testa! Che fare?

Tranquilli, ecco una piccola guida dei metodi utili per capire se qualche spione sta conoscendo tutto su di noi, conversazioni comprese.

Innanzitutto è bene sapere che è possibile che il cellulare possa essere stato infettato senza la necessità di installare un’APP. Significa che anche da remoto è possibile operare l’attacco informatico e senza rendersene conto.

Comprendere se siamo sotto controllo, e se i nostri dati sono in pericolo, può essere più semplice di quanto s’immagini. Iniziamo dalla batteria: da qualche tempo si scarica con maggiore velocità? Potrebbe essere uno dei segnali che siamo sotto intercettazione tramite un’applicazione-spia, installata magari quando si è lasciato il telefono incustodito per qualche minuto. Queste APP per funzionare hanno necessità di energia, ed è il motivo per cui all’improvviso la carica dura meno del solito.

Altro punto che può mettere in allarme: se durante le conversazioni s’iniziano ad avvertire rumori anomali di sottofondo, come gracchiamenti o rumori di tipo elettronico, e se questa situazione diventa costante, forse qualcuno sta ascoltando le nostre comunicazioni.

Il consumo di Giga compreso nel pacchetto dei dati è molto maggiore della media? Occhio! Queste applicazioni hanno necessità di essere connesse al web per operare, di conseguenza succhiano gigabyte.

Ultima cosa da verificare: se all’improvviso quando si digitano i messaggi, per esempio su una chat, si compiono strani errori di battitura mai accaduti in precedenza, si potrebbe trattare dell’azione di un cosiddetto keylogger, un programma in grado di captare tutto ciò che si digita sulla tastiera virtuale.

Se una o più di queste azioni capitano con frequenza, si può seriamente dubitare di essere sotto attacco cibernetico. Che fare? L’unica soluzione è di procedere con il reset, senza dimenticare di fare una copia dei dati importanti, come la rubrica o le conversazioni in chat. Non si sa come fare? E’ sufficiente rivolgersi a un centro di assistenza che, in pochi minuti e in nostra presenza, potrà procedere al reset.

E se vi chiedessero di lasciarlo per qualche ora e voi non vi fidate? Collegatevi al web e cercate “Procedura per il reset dello Smartphone”. Troverete molti tutorial spiegati in maniera semplice e comprensibile a tutti. Meglio non rischiare.

Prof. Michele Miccoli


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