“Sembra che non esistano più partiti attenti alla questione sociale”

di Patrizio Paolinelli

Il voto parlamentare sullo scostamento di bilancio. La situazione del paese attraverso i rapporti annuali di Istat, Censis e Svimez. L’analisi politica di Giorgio Benvenuto.

<<===prof. Patrizio Paolinelli

Maggioranza e opposizione hanno votato a favore dello scostamento di bilancio. Diversi commentatori sostengono che si tratta di una tregua armata, altri di un preludio alla concordia nazionale e altri ancora delle solite manovre di Berlusconi per tutelare le proprie aziende. Ci possono essere altre interpretazioni?

Direi proprio di sì. Personalmente penso si sia trattato di una scelta ragionevole. Finalmente maggioranza e opposizione si sono trovate d’accordo su una decisone importante per il paese. Poi c’è una novità: hanno discusso su come utilizzare le risorse del prossimo ristoro allargando la platea dei beneficiari a autonomi, professionisti e partite Iva. Quindi non darei troppa enfasi a quanto è avvenuto perché nessun partito di opposizione fa davvero le barricate sullo scostamento di bilancio in questa situazione. Né starei a fantasticare sul rimpasto di governo. Rimpasto che per alcuni costituirebbe lo sbocco politico naturale dell’intesa raggiunta in Parlamento. È vero, di rimpasto si parla tanto sulla stampa. Purtroppo in termini di spazi da acquisire per quello o quel partito e non si discute né della competenza né dell’assenza di progettualità da parte del governo. Tanto è così che l’intesa bipartisan sullo scostamento di bilancio è avvenuta su un provvedimento dettato dall’emergenza.

Si sarebbe potuto enfatizzare l’unanimità del voto parlamentare se ci fosse una maggiore discussione, se si parlasse di un progetto dell’Italia post-Covid, se i corpi intermedi fossero coinvolti nel dibattito. Invece, da un lato abbiamo questa concordia basata su un singolo evento e, dall’altro, un paese frammentato con una terribile confusione tra i poteri dello Stato e quelli delle Regioni. E poi, come le ho detto la settimana scorsa, sono molto preoccupato del modo pasticciato con cui il governo va avanti. E cioè senza veri dibattiti parlamentari. Contrariamente agli annunci roboanti i provvedimenti presi non hanno applicazione immediata perché devono essere approvati i regolamenti e i decreti di carattere attuativo. Pensi che ad oggi per la legge di stabilità sono previsti 85 decreti attuativi. I quali a fine percorso molto probabilmente diventeranno 120-130. Lei si immagini quanto si appesantisce l’applicazione della legge. Quindi abbiamo un bombardamento di provvedimenti a cui non corrisponde l’efficacia attuativa.

In questi giorni sono usciti in successione tre rapporti annuali: dell’Istat, del Censis e dello Svimez. Tutti e tre registrano le pesanti conseguenze della pandemia in termini di incremento della povertà, della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali. Visto che un vaccino sembra alle porte, come sarà l’Italia dopo la pandemia?

Guardi, più si rinvia la definizione delle priorità delle cose da fare una volta che avremo sconfitto il virus, più non si fa chiarezza sulle riforme necessarie per rilanciare il paese, più rischiamo di perdere risorse e di utilizzare in sussidi e assistenzialismo quelle che abbiamo di nostro e quelle che provengono dall’Europa. Se così sarà – e mi auguro vivamente di no – l’Italia resterà ferma o addirittura tornerà indietro. E in che termini tornerà indietro? Lo stiamo già vedendo con l’aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali. Il vero problema politico oggi non è il voto unanime sullo scostamento di bilancio. Ma il ritardo che il nostro governo sta accumulando nel prendere le decisioni strategiche necessarie per rimettere in piedi l’economia del nostro paese.

Prenda il problema della salute. Io vedo una grande disattenzione da parte della maggioranza. Eppure non è una questione residuale come drammaticamente questi mesi hanno dimostrato. In tutta la sua evidenza è venuta fuori la disuguaglianza degli anziani. I quali costituiscono la classe generazionale più colpita dalla pandemia. Non si tratta di una disuguaglianza economica. Ma dato che la vita si allunga, per il futuro come proteggeremo meglio gli anziani? Prenda il problema degli studenti. A giugno scorso li si è promossi in massa. Con tutta probabilità faremo così anche l’anno prossimo. Come recupereranno la preparazione che hanno perduto? Non è chiaro. E qual è il piano per la didattica a distanza di domani? Anche su questo sento solo parole e poco altro.

Dunque a suo parere se non si cambia il modo di affrontare l’emergenza sociale ed economica il futuro dell’Italia è denso di nubi.

Direi di sì e per qualcuno le nubi saranno più fosche. Per essere chiari: con la pandemia non siamo diventati tutti più poveri. Gli effetti economici scaturiti dalla crisi sanitaria non sono stati uguali per tutti. E tralascio di soffermarmi su chi ha fatto i soldi dalla pandemia, a iniziare dalle web-corporation che non pagano le tasse. Il Covid-19 ha esasperato le sperequazioni maturate in decenni di politiche neoliberiste. Ben prima della pandemia l’Italia stava diventando una jungla. Ambiente in cui vince il più forte e dove i deboli non sono tutelati. Se non si interviene le cose sono inevitabilmente destinate a peggiorare. Eppure in questo momento così drammatico c’è chi sostiene che i pensionati siano un peso. Faccio notare che in termini quantitativi gli anziani costituiscono una fetta consistente della popolazione e che le loro pensioni sono un fiume di denaro in circolazione nel tessuto economico. Aggiunga poi che in tanti casi permettono ai giovani di andare avanti negli studi e di pagare il mutuo o l’affitto di casa.

Sembra che non esistano più partiti attenti alla questione sociale. Questione che è sempre di più all’ordine del giorno e che finirà per esplodere. Nonostante ciò c’è chi contrappone i lavoratori del pubblico impiego a quelli del privato perché i primi sono più garantiti dei secondi. Senza il pubblico impiego il paese non avrebbe retto in questi mesi. Basti pensare al personale sanitario e a quello scolastico. E poi se gli statali proclamano lo sciopero sui giornali c’è la levata di scudi. È un modo di convogliare il malessere nella direzione sbagliata. Ma non ci si rende conto della funzione che hanno avuto i sindacati per la tenuta sociale durante la pandemia? Il governo dovrebbe invece dare una vera e partecipata prospettiva di trasformazione del paese finalizzata a colmare le distanze sociali per realizzare con la solidarietà una vera coesione.

Patrizio Paolinelli, fondazionebrunobuozzi.it

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