Agibilità di Palazzo Campanella, una riflessione socio-politica
di Antonio Latella
Il crollo di una parte del tetto dell’auditorium “Nicola Calipari” del Consiglio Regionale crea un ulteriore disagio all’attività politico-amministrativa dell’Assemblea legislativa calabrese che si aggiunge a quelli già sopportati a causa della pandemia del Covid-19. Gli effetti prodotti dall’emergenza sanitaria hanno piegato su se stessa la Calabria che, tra mali atavici e fatalismo, stenta a recuperare il gap con altre realtà geografiche del sud Europa e del nostro Mezzogiorno.
<<== la sede del Consiglio regionale della Calabria
Palazzo Campanella e l’intera area in cui sorge la “Casa dei calabresi” sembrano aver perso quella vitalità che le caratterizzavano. Oggi è quasi un deserto: i dipendenti in smart working e all’interno solo piccoli gruppi di tecnici che controllano lo stato di agibilità ed effettuano i rilievi disposti dalla Procura della Repubblica.
I tempi di riapertura potrebbero non essere brevi per ragioni oggettive, nonostante le rassicurazioni, ma l’attività legislativa e istituzionale non deve e non può fermarsi. In attesa che l’intera sede consiliare torni ad essere operativa, riteniamo che la soluzione più idonea, in questo e in ogni futuro caso di inagibilità di Palazzo Campanella, sia quella di un momentaneo ritorno del Consiglio a Palazzo San Giorgio, sede storica dell’Assemblea legislativa calabrese.
<<== Gazzetta del Sud -8 agosto 2020
Siamo certi che l’Amministrazione comunale sarebbe ben disposta ad accettare un’eventuale richiesta formulata in tal senso dall’attuale Presidente, on. Domenico Tallini.
Palazzo S.Giorgio ==>>
In questa struttura, situata nel cuore della Reggio post-terremoto del 1908, furono scritte indelebili pagine della storia del primo regionalismo calabrese. Artefice una classe politica illuminata che, nonostante la militanza in partiti graniticamente ideologizzati e fedeli ad uno dei due blocchi in cui venne divisa l’Europa dopo la fine della II guerra mondiale, fu in grado di intercettare i bisogni sociali e strutturali dell’intera Calabria che il centralismo statale aveva ignorato fin dall’Unità d’Italia.
L’Aula consiliare di Palazzo San Giorgio – oggi intitolata a Pietro Battaglia, sindaco della Rivolta, consigliere regionale e deputato della X legislatura – registrò il protagonismo di politici orgogliosi della loro appartenenza e uomini dalla grande umanità: Mario Casalinuovo, Scipione Valentini, Consalvo Aragona, Rosario Chiriano, Anton Giulio Galati (per rimanere nei primi 20 anni di vita della massima Assise calabrese).
Lo Statuto del 2004 – la legge fondamentale dell’ordinamento calabrese, approvata dall’intero Consiglio del quale facevano parte anche gli eredi di quelle forze politiche che allo scoppio dei Moti del ’70 ebbero posizioni contrapposte rispetto alla natura e all’anima della Rivolta popolare – ha definitivamente riconosciuto la Città dello Stretto come sede del Consiglio regionale della Calabria. Quella norma, che ha codificato il patto sociale post Moti e che a nostro avviso ha un contenuto immodificabile, ha contribuito a lenire le ferite di una stagione di rabbia e di delusione, grazie alla consapevolezza che i campanilismi sono il male incurabile della coesione sociale e che solo una Calabria unita possieda la forza per rivendicare maggiore attenzione da parte dei Governi centrali.
Su queste basi, anche con il contributo dell’Associazione sociologi italiani, riteniamo doveroso raccontare – secondo una rigorosa lettura storica ma anche con una nuova luce di speranza – cinquant’anni di regionalismo calabrese, che nel bene e nel male rappresentano un patrimonio identitario da tramandare da parte di quanti sono stati protagonisti o testimoni di un evento che a pieno titolo fa parte della storia della Calabria.
Antonio Latella – giornalista e sociologo (Presidente nazionale dell’ASI- Associazione Sociologi Italiani)