Il mistero della bocca
di Patrizio Paolinelli
Chi siamo? Ecco una delle più antiche e insolute domande della filosofia. Fortunatamente le risposte sono tante. Tra queste una appare tra le più spiazzanti: siamo i nostri sensi. Per sviluppare questa direzione di ricerca Aldo Meccariello ha dato alle stampe un piccolo e pregevole tascabile intitolato, “Bocca. Ouverture enigmaticamente ovvia” (Fefè Editore, Roma, 2019, 121 pagg., 12,00 euro).
<<==Prof. Patrizio Paolinelli
Il lettore non può fare a meno di interrogarsi immediatamente sul significato del sottotitolo: perché la bocca è un ovvio enigma? Se la bocca è evidente, data, cosa mai può nascondere? E se nasconde qualcosa, di che si tratta? Dove risiede il suo mistero? Risponde Meccariello: nella sua molteplicità. Per il filosofo romano la bocca costituisce “l’organo più completo, polivalente, multiuso della nostra struttura di esseri umani”. Tramite la bocca infatti ci si nutre, si parla, si bacia, si ride, si sorride, si esprimono sentimenti e emozioni. Tale versatilità fa della bocca un organo camaleontico: muta di continuo, è in perenne trasformazione, non smette mai di comunicare.
Chi siamo, dunque? Nient’altro che bocca sostiene Meccariello sulla scorta di una poesia di Rainer Maria Rilke. Ma è davvero così? Non è una forzatura assegnare alla bocca un tale primato? Sembrerebbe di no e per dimostrarlo Meccariello scrive una piccola enciclopedia portatile in cui scioglie l’enigma dell’ouverture enigmaticamente ovvia. Nel corso dalla sua indagine osserva la bocca praticamente sotto ogni profilo: anatomico, naturalistico, letterario, artistico, antropologico, psicologico, semiotico, mitologico e così via. Come ci riesce in un tascabile talmente esile che può scomparire nella tasca di una giacca? Attraverso l’analogia. “Bocca” si caratterizza infatti come una preziosa collana di citazioni che offre al lettore un panorama di interventi di autori appartenenti a epoche e campi disciplinari diversissimi: da Freud a Oscar Wilde, da Dante a Canetti, da Desmond Morris a Roland Barthes, da Aristotele a Pirandello, da Omero a Giobbe e tanti altri ancora.
Ma perché Meccariello ha scelto l’analogia come grimaldello per forzare lo scrigno che custodisce l’enigma della bocca? Probabilmente perché l’analogia stimola la ricerca e invita il lettore ad aprire altri libri. E forse anche perché l’analogia può persino disorientare. Come quando Meccariello passa in poche battute dalla commedia di Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca” alle giovani assaggiatrici dei cibi che verranno poi serviti a Adolf Hitler e alla cerimonia di apertura della bocca delle mummie egizie per chiudere poi tali accostamenti con una riflessione di Bataille.
Meccariello studia la bocca soprattutto attraverso testi scritti. Ma sono diverse le sue incursioni nella cultura visuale, in particolare nel cinema: spazio che offre allo sguardo dello spettatore i lunghi baci tra Ingrid Bergman e Cary Grant, tra Humphrey Bogart e ancora Ingrid Bergman, tra Marlon Brando e Eva Marie Saint. Poi il teatro, con “La voix humaine” di Jean Cocteau. E ancora il cinema con il mediometraggio di Roberto Rossellini intitolato “La voce umana” fino a giungere all’inquietante Hannibal Lecter, il protagonista del film “Il silenzio degli innocenti”.
E proprio con il cannibalismo Meccariello conclude inaspettatamente la sua rassegna. Un capitolo del genere dovrebbe stare all’inizio del libro e non alla fine. Perché Meccariello rovescia un consolidato ordine testuale? Perché lasciare il lettore con quest’atto ferino? Ci abbiamo riflettuto. E abbiamo concluso che sì, il cannibalismo costituisce l’indice inequivocabile di un primitivismo ancestrale. Ma allo stesso tempo tale atto non si traduce in assenza di civiltà, come ci ricorda Marvin Harris in quello splendido libro sulle origini delle culture che è “Cannibali e re”. Si tratta allora di una provocazione intellettuale? Di un monito? Forse entrambe le cose anche se propendiamo per la seconda ipotesi. E propendiamo per la seconda ipotesi perché la bocca (come peraltro i cinque sensi) è sia un dato della natura sia un dato della cultura. Lo dimostra proprio il caleidoscopio di analogie offerto da Meccariello. Il quale si sforza continuamente di ricordarci che con la bocca si può amare e si può ferire, persino uccidere: sia con le parole sia con atti ripugnanti quali il cannibalismo.
Forse il messaggio filosofico che Meccariello ci consegna con la traumatizzante conclusione del suo libro è quella di guardare al nostro drammatico presente. Un presente in cui gli esseri umani si divorano civilmente tra loro e in fondo ancora oggi non sono poi così dissimili dall’orda primitiva di cui parlava Freud. Siamo cannibali ma coi libri e i tablet sottobraccio? Potremmo diventarlo sembra ammonire Meccariello. Ma possiamo ancora scegliere. Scegliere tra il bene e il male, tra la bocca che ama e la bocca che odia.
Patrizio Paolinelli, Via Po cultura, inserto del quotidiano Conquiste del Lavoro, 18 luglio 2020.