L’ASCOLTO DELL’ALTRO
Ascoltare l’altra persona sembra un’azione di poco conto, semplice da fare, forse una delle più facili al mondo. D’altronde, se si riflette, la comunicazione tra due persone, che condividono uno stesso codice, avviene semplicemente con un passaggio di informazioni da un “emittente” a un “ricevente”. Allora cosa c’è di così complesso? Forse la risposta sta proprio nella dicotomia tra i termini sentire e ascoltare. Il termine sentire fa riferimento alla percezione uditiva, quindi sentire qualcosa attraverso l’udito.
Ascoltare fa riferimento all’intenzione di udire qualcosa, cioè alla volontà di udire per comprendere. L’udire quindi è una capacità che tutti coloro che non hanno particolari difficoltà sono in grado di mettere in atto; l’ascoltare è qualcosa che va aldilà del semplice sentire, poiché è un’azione che implica la volontà dell’atto stesso. Dunque affinché una comunicazione tra persone possa essere ritenuta efficace è necessario che colui che riceve il messaggio lo ascolti, cioè abbia l’intenzione di comprenderlo, di elaborarlo.
Proviamo a riflettere su quanti sono i messaggi, i suoni che sentiamo durante il giorno e che provengono dai diversi contesti in cui ci troviamo, come casa, lavoro, scuola, auto, chiesa, televisione, e a quanti di questi abbiamo prestato attenzione, fatto un commento, o risposto in maniera consona. Molti sicuramente non li ricorderemo perché mentre li sentivamo pensavamo ad altro, ad esempio al programma della giornata e a come incastrare un impegno nella nostra agenda, oppure non ci interessavano, non avevamo intenzione di ascoltarli, di farli nostri. Ma il messaggio che ci proveniva dalla persona con cui abbiamo parlato lo abbiamo ascoltato? Abbiamo compreso ciò che quella persona ci voleva comunicare? Credo che questa domanda sia d’obbligo ogni volta che ci confrontiamo con qualsiasi persona, credo che sia di dovere nel rispetto della persona stessa.
La comunicazione è un elemento fondamentale del sistema sociale. Un sistema sociale che trova la sua cellula primordiale nella famiglia, il primo luogo in cui si impara ad ascoltarsi ed ascoltare l’altro. Un contesto in cui troviamo la diversità generazionale a confronto, in cui ognuno ha la possibilità di sperimentare, negativamente o positivamente, e dunque anche di apprendere le modalità comunicative dell’ascolto. L’adulto si sperimenta come genitore anche imparando a comunicare con il proprio figlio che indubbiamente, da piccolissimo, avrà capacità di comprensione diverse così come diverse è la maturità delle capacità cognitive. L’adulto parlando con un bambino, un ragazzo o un adulto, userà modalità differenti per farsi comprendere. Al contempo per comprendere l’altro dovrà dare un diverso valore al messaggio ricevuto, considerando la fonte di provenienza e quindi il livello di maturazione delle capacità cognitive raggiunte, imparando a decodificare i messaggi verbali, ma allo stesso tempo quelli paraverbali e non verbali.
Un’altra questione vorrei porre a questo punto alla nostra riflessione: ma noi ascoltiamo noi stessi? Io mi so ascoltare? Conoscere se stessi, le proprie capacità, potenzialità, i propri limiti. Capire ciò che noi stessi in maniera conscia o inconscia vogliamo comunicare all’altro e fino a che punto siamo in grado di farlo efficacemente è compito arduo, ma è il primo obiettivo che un comunicatore efficace dovrebbe porsi. Lo stesso obiettivo che un ascoltatore capace si dovrebbe prefissare nella sua formazione personale.
Ascoltare l’altro è dunque un atto di comprensione che implica l’accoglienza, l’accettazione, il non giudizio e pregiudizio su chi ci sta di fronte, della persona con la quale vogliamo confrontarci, con la quale vogliamo comunicare. Quando percepiamo che una comunicazione non ci abbia soddisfatto, sia nel ruolo di comunicatore che di ascoltatore, è importante riflettere su quanto siamo stati efficaci e su quanto abbiamo compreso noi stessi e l’altro.
Penso che nel momento storico di crisi che stiamo attraversando, riacquisire la capacità di comunicare e di ascoltare come valori sia un traguardo necessario al cambiamento.