Il comportamento prosociale

A proposito di volontariato o comunque di comportamento prosociale più in generale, credo, senza presunzione, che il nostro Paese ha molto da insegnare a chiunque altri nel mondo. Lo abbiamo dimostrato molte volte nel corso degli anni; per esempio quando l’Italia è stata suo malgrado protagonista di eventi calamitosi come terremoti, alluvioni, incendi boschivi e, da ultimo, questa emergenza pandemica da Covid-19, dove un numero cospicuo di donne e uomini, rischiando per la loro stessa incolumità, si sono prodigati per aiutare persone più in difficoltà di altre. Gli anziani soli, tanto per esemplificare.

<<<< di Marco Lilli

Tuttavia, senza dilungarmi, credo che tutto debba rientrare all’interno di un confine che delimiti il ragionevole da qualcosa che ha a che fare con altro, anche quando si tratta di comportamento prosociale. Ecco, in questi termini, mi riferisco a quella proposta formulata da qualche appartenente alle istituzioni di questo Paese che in questi giorni sta riempiendo pagine di giornali, profili social e così via, cioè il reclutamento di un certo numero di soggetti ai quali gli si vorrebbe attribuire il nome di “assistenti civici”, con la mansione di, anche, vigilare su quello che a mio avviso è impropriamente definito, ormai da mesi, “distanziamento sociale”. Non mi soffermo sulla semantica di quest’ultima infelice definizione, ma osservo solo che un conto è il concetto di distanziamento tra persone o personale, dal punto di vista del contatto fisico, altro è il concetto di distanza sociale.

Pertanto, tornando ai cosiddetti “assistenti civici” – ai quali non sarebbe riconosciuta nemmeno una qualifica giuridica, ci mancherebbe altro –, ecco che se tale proposta dovesse avere una evoluzione, allora ci troveremo di fronte a più questioni rilevanti e perfino convergenti tra loro, che a mio avviso andrebbero oltre il nobile significato di comportamento prosociale.

Ebbene, prima di tutto, non si riesce a comprendere bene quale spiccato livello culturale e di elevata moralità dovrebbero avere questi incaricati che il cittadino comune non avrebbe, al punto da avere bisogno di assistenza nel comprendere, per esempio, l’importanza di indossare una mascherina protettiva o di rispettare il fatidico metro di distanza tra le persone per una questione di sicurezza individuale e altrui. Allo stesso modo, non si comprende bene quale spiccato livello di conoscenze giuridiche dovrebbero avere questi cosiddetti “assistenti civici” al punto da rivolgersi ai cittadini e impartire loro improbabili lezioni sul significato e rispetto delle norme in materia di Covid-19 o perfino di altre.

In sintesi, e mi avvio a conclusione, il cittadino italiano, che va dal gestore di esercizio pubblico all’avventore qualunque, è in grado da solo di comprendere cosa è più opportuno fare, non ha bisogno di moralizzatori, ancor meno se improvvisati, semmai, nei casi di violazione delle norme giuridiche si provvederà diversamente, ma questa è altra questione. Così come è altra questione l’abissale distanza tra il concetto di comportamento prosociale rispetto ad improponibili iniziative.

Credo dunque che si è giunti al punto che il cittadino comune abbia raggiunto la soglia massima di tolleranza, o comunque gli è molto vicino, rispetto a quelle che spesso intende come vessazioni disdicevoli, superficialità patologica e idiozia riverberante, al punto che aggiungerne altre, di vessazioni, metterebbe a serio rischio la stessa tenuta dell’ordine sociale. Per non parlare poi, sempre se dovesse concretizzarsi la proposta in narrativa, del pericolo cui andrebbero incontro tali “assistenti civici”. Ebbene sì, perché ho la vaga sensazione che si andrebbero a materializzare risentimenti tali al punto da sfociare in aggressioni fisiche e verbali, nonché a denunce per tutta una serie di reati dalle quali dovranno difendersi pagando di tasca propria, sia avvocati, sia accessori. E tutto questo per quale scopo: per caso per avere qualche mesetto di visibilità e notorietà? Ognuno si dia le risposte che crede, ma quello su cui insisto è che non ci si può improvvisare psicologi, sociologi e giuristi per decreto.

Dott. Marco LILLI (www.marcolilli.it)


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio