BORNOUT PROVOCATO DALLO SMART – WORKING
L’improvvisa implosione del Coronavirus ha imposto il totale capovolgimento di attività e rituali quotidiani ritenuti dall’opinione pubblica “scontati” e “abitudinari” eliminando progressivamente la vita a cui eravamo abituati prima facendo spazio a qualcosa di nuovo.
<<< Francesca Santostefano
Gli italiani in questi due mesi di lock – down, reclusi nelle proprie abitazioni, hanno dovuto cimentarsi con le nuove tecnologie, piattaforme, sistemi dapprima poco conosciuti e soprattutto poco utilizzati in quanto ritenuti strumenti aggiuntivi ma che in questo periodo si sono rivelati essenziali quasi in tutte le attività. Tra lezioni svolte in modalità e-learning, videoconference in diretta streaming e lavoro svolto in modalità smart working, gli italiani hanno saputo ed imparato ad unire l’utile al dilettevole (un continuum di learning by doing). Tuttavia, non tutti hanno ritenuto favorevole e semplificato il cosiddetto “lavoro agile”, in effetti i pareri al riguardo sono stati discordanti. Alcuni dati emersi da recenti inchieste sull’approccio allo smart working sono inequivocabili: quasi l’80% degli italiani ha riscontrato difficoltà nell’approcciarsi a questa tecnica poiché da un lato ha dovuto suddividere i lavori quotidiani tra lavoro e cura della casa, dall’altra non ha raggiunto obiettivi che sicuramente avrebbe raggiunto nelle sedi fisiche del proprio lavori quali aziende, attività commerciali ecc. Tutto questo è stato estenuante e spesso critico, imponendo orari inflessibili ed inadeguati allo standard a cui i lavoratori erano dapprima abituati, provocando stati di demotivazione, stress e desolazione. Molti inoltre sono stati i cittadini italiani i quali essendo privi di personal computer nelle proprie abitazioni, non potendo svolgere il lavoro solo tramite uno smartphone, si sono trovati costretti a rinunciarvi e nelle peggiori delle ipotesi sono andati incontro a conseguenze spiacevoli.
Lo smart working ha precluso altresì quelle che sono le normali relazioni ed interazioni comunicative fra colleghi di lavoro, minimizzando il tutto nel mero sistema delle tecnologie.
Da un punto di vista prettamente psicologico il termine Bornout (termine di origine anglosassone) indica lo stress provato al lavoro il quale determina un lento deterioramento psicologico e psicofisico (d’altronde mens sana in corpore sano). Infatti si tende a parlare più propriamente di sindrome di Bornout che inizialmente venne associata alle professioni prettamente sanitarie e assistenziali ma oggigiorno investe qualsiasi contesto lavorativo (problema di lavoro sociale) (sitografia stateofmind.it).
Le conseguenze provocate da tale sindrome sono stati di ansia generalizzata, umore emotivamente instabile, apatia, stanchezza, nervosismo,può inoltre compromettere l’insorgenza di ulcera, cefalea, disturbi del sonno. Da un punto di vista del genere le donne si trovano ad essere nuovamente soggetti subordinate da questa realtà, da un lato devono provvedere alla cura dei figli, dall’altra a cercare di lavorare nel miglior modo possibile in smart working, il che è molto sfiancante, incrementando ulteriormente disturbi ansiogeni in loro. Nel nostro Paese il legislatore introdusse la legge sullo smart working (lavoro agile) nella notte fra il 13 ed il 14 marzo 2020 attraverso la sottoscrizione da parte del governo e delle parti sociali un protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid 19 negli ambienti di lavoro. Questo protocollo inoltre nel diritto del lavoro segna la ripresa della concertazione sociale ossia un’attività che vede come co-protagonisti non solo le parti sociali ossia le organizzazioni sindacali da una parte e le organizzazioni datoriali dall’altra, ma il governo ossia l’istituzione pubblica come parte dell’accordo
Da un aspetto prettamente culturale, il nostro bel Paese non è di certo abituato ad affrontare il lavoro in modalità tecnologica, diversamente accade all’Estero, in America in particolare lavorare in smart working è una realtà molto comune, molte sono le imprese le quali hanno adottato questa modalità incrementando notevolmente maggiore profitto, ugual cosa per l’impianto di conoscenze scolastiche che viene erogato attraverso le tecnologie, la cosiddetta didattica a distanza adottata inoltre da poco tempo a questa parte, da molte università anche in Italia (vedi cdl online).
La sfida più grande che l’uomo sta affrontando da qualche decennio a questa parte è quella di se stesso umano forza lavoro fisica contro o con le macchine paradossalmente edificate da lui stesso con lo scopo di favorire e semplificare le nostre vite, come la cosiddetta automazione industriale la quale sfrutta sia le tecnologie meccaniche che informatiche per il controllo dei processi produttivi ed industriali favorendo flussi di energie, di materiali e di informazione. Il padre del Capitalismo Karl Marx non si sarebbe mai immaginato quanto il progresso umano ha incrementato e semplificato la vita dei cittadini all’interno dei villaggi globali, eliminando barriere fisiche e riavvicinando i confini lontani, racchiudendo il tutto in un semplice click!
Dott.ssa Francesca Santostefano – Sociologa, Counselor ASI – Specializzanda in SAOC