Diritto alla verità e diritto all’informazione
In tempi difficili come quelli che stiamo vivendo appare chiaro che sono gli esperti ad aver il compito di trovare e proporre delle soluzioni che risolvano il problema, aiutando la comunità e consentendo un ritorno alla normalizzazione tout court.
In questo la comunicazione, ma soprattutto l’informazione, giungono in aiuto perché rappresentano il veicolo attraverso cui tali soluzioni vengono elargite e diventano patrimonio comune, soprattutto quando sono ritenute credibili e legittime. Compito dei medici è quello di trovarle, compito dei sociologi e degli psicologi è quello di pensare a come renderle comprensibili e accettabili, compito dei giornalisti è quello di raccontarle cercando di prevenire e combattere ogni mistificazione della realtà come le fake news.
Mai come in questo momento la collaborazione è indispensabile, implica un rapporto sinergico e dialogico tra le parti che sia il preludio di decisioni comuni, certo, ma dibattute, discusse, misurate ma al contempo valutative e attente a ogni singolo aspetto della questione. Se una certa parte medica, come è emerso da eventi recenti, vuole indirizzare la comunicazione, anche se attraverso una pseudo-condivisione, quel patto viene a cadere. Si neutralizza il contradditorio e con esso il pluralismo informativo che rende uno stato, il suo popolo e la sua informazione moderni.
Il diritto alla verità è sacrosanto, ma deve convivere con il diritto all’informazione che è altrettanto importante e viene difeso da tutto quel professionismo giornalistico che si batte quotidianamente per il primo. Se questo dialogo democratico viene a mancare si rischia di alimentare il complottismo di certe teorie che paventano un futuro orwelliano.
I medici, soprattutto in questo momento, sono i veri opinion leader a cui spetta il compito più difficile: quello di salvare vite, ora e in futuro, mentre, purtroppo, rischiano la loro. Per tutte queste ragioni non sembra opportuno ma piuttosto ingeneroso che sospetti del genere, anche se solo accennati, offuschino la loro autorevolezza e il significato, altissimo, del loro attuale sacrificio.
Prof. Marino D’Amore – sociologo della comunicazione