PARTE IL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA PAOLINA

Antonio Latella   per sociologiaonwebIl dipartimento Calabria dell’Associazione nazionale sociologi osserva con interesse lo scenario che si sta delineando a Reggio   dopo   il   cambio alla guida della Chiesa metropolitana.   Il nuovo governo della diocesi Reggio   – Bova, senza dubbio, provocherà dei fenomeni   che, come in passato,   incideranno non solo sulla fede della comunità cristiana e sul dialogo interreligioso, ma anche sulla necessità di aiutare la locale comunità nella ricerca di un nuovo ordine sociale. Sotto la guida di padre Giuseppe Fiorini Morosini, Reggio, negli auspici della maggioranza di cattolici e laici, di cristiani e non,   dovrà   frantumare   tutti gli schemi del suo più recente passato e diventare guida morale di una terra che necessita di un vero cambiamento in tutti i suoi segmenti   per non rimanere   nell’eterno pantano del sottosviluppo   che la relega agli ultimi posti delle regioni dell’Unione Europea.

Reggio e la Calabria, forse,   negli ultimi anni, hanno perso la capacità d’indignarsi di fronte ai mali endemici di questa terra che acriticamente subisce   vecchi e nuovi   stereotipi negativi, messaggi mendaci che la disegnano     subalterna alla criminalità organizzata e la commiserano in quanto   vittima della   corruzione e della forte contrapposizione tra e all’interno della classe dirigente e politica. Ma non hanno perso la speranza.   Una speranza trasmessa dalla concezione francescana della Chiesa cattolica che, sotto il pontificato di Papa Francesco, ha avviato un rinnovamento storico nella sua missione di evangelizzazione, adeguandola ai cambiamenti sociali, culturali ed economici prodotti dalla globalizzazione, dalla secolarizzazione e dalla scristianizzazione.   La Chiesa regionale e, in particolare,     quella Paolina,   al pari   dell’intera società calabrese,   hanno l’obbligo di rinnovarsi, di   essere artefici   di   una nuova evangelizzazione, di un patto che si prefigga il raggiungimento del bene comune contrapponendolo a   quello personale e delle caste.

“ La Chiesa siamo tutti noi”, ha detto nei giorni scorsi il Papa.   Ma il suo   forte radicamento sul territorio,   e la sua   azione di supplenza   per l’assenza dello Stato   in alcuni ambiti del sociale, legittima l’aspirazione   ad esercitare una ruolo di “vigilanza”   sul comportamento di tutti gli attori che   governano il territorio. Nelle intenzioni del vescovo francescano, non troviamo alcuna ipotesi di governo condiviso, quanto     la netta opposizione nei confronti   di chi vorrebbe   “ confinare la religione ad un fatto personale e intimistico, negando alla Chiesa   il diritto di entrare nel vivo del dibattito   politico sui valori che devono regolare   l’organizzazione della società”. E sui valori, dai quali poi traggono origine i comportamenti di sana politica e di oculata amministrazione, padre Giuseppe respinge qualsiasi   velleità o   “imposizione” da parte dell’autorità politica.   Da qui un forte invito all’unità politica dei cattolici che “non è un dogma di fede ma neanche un demone da esorcizzare”.   Il modello di Chiesa tanto caro Sommo Pontefice crediamo costituisca   il filo conduttore dell’impegno pastorale di Fiorini Morosini, il quale come aveva fatto alla guida della diocesi di Locri – Gerace, continuerà a farsi portavoce   dei bisogni delle famiglie, della condizione giovanile, della piaga della disoccupazione, delle povertà del territorio anche attraverso la denuncia del   “mancato buon uso   delle risorse” e delle ramificazioni malavitose nella pubblica amministrazione   affinché l’agire politico venga improntato ai valori cristiani. Importanti segnali giungono poi sulla lotta alla ‘ndrangheta   e sull’azione di contrasto da parte dell’associazionismo antimafia.   Se la società e le istituzioni che garantiscono la sua democratica convivenza hanno l’esigenza   di rinnovarsi, anche la Chiesa   deve adeguarsi ai cambiamenti     di una società globalizzata,   multiculturale e multi religiosa     che   induce a riconsiderare la questione dei diritti e delle libertà in maniera diversa rispetto   al passato.         Oggi c’è il rischio dell’isolamento e della ghettizzazione di intere comunità, oltre che   di un relativismo culturale indifferente   ai diritti fondamentali della persona.   Una Chiesa tra e per la gente, come   testimoniano i gesti del Pontefice romano.

Nei 23 anni di missione pastorale di mons. Vittorio Mondello, la diocesi reggina, in prevalenza, è stata caratterizzata da un forte   impegno sulla collegialità e sulla comunione della Chiesa in ossequio ai deliberati del Vaticano II.     Adesso, l’auspicio è un rinnovamento della comunità ecclesiale non solo nell’azione pastorale, ma anche nell’impegno civile.


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