LA PARADOSSALE VISIONE DEL COVID – 19: TRA INDIVIDUALISMO E NEGAZIONISMO
“Chi vuol essere lieto sia: di doman non c’è certezza!”
Lorenzo il Magnifico
Francesca Santostefano
L’incertezza ha spesso inebriato le nostre menti in questo strano e per certi versi indimenticabile momento storico, lasciando nelle coscienze dell’intera umanità un segno indelebile, un boccone amaro difficile da ingoiare, che nessuno, nonostante la grande crisi economica che era già in atto ancor prima di tutto questo, si sarebbe mai aspettato. E’ l’incertezza a dominare la scena, il non riuscire a realizzare i programmi prefissati, ci catapulta in un vuoto brutale, per cui si tende a vivere la vita giorno per giorno, impedendo automaticamente alle nostre menti di realizzare idee a lungo termine, per cui tali prospettive hanno dovuto subire uno “stop” forzato, sopraggiunto con sorpresa e con grande silenzio, un nemico difficile da estirpare. L’incertezza è definibile come un sentimento di dubbio ed indecisione “assenza del bisogno inteso come determinazione”; essa si ripercuote inevitabilmente sul nostro status psico-fisico, provocando una notevole quantità di stress, disturbi ansiogeni e pensieri spesso depressivi.
Tale società che si trova a subire questa pandemia, incrementa quelli che sono i disturbi mentali di una società globalizzata, disturbi costanti di ansia, stress triplicato in maggior modo in questo momento, il sentirsi impediti in queste restrizioni imposte dal governo, sentirsi in “gabbia” come dei detenuti in un sistema carcerario continuamente monitorato, controllato e sorvegliato (M. Foucault, “Sorvegliare e punire”).
L’individualismo esacerbato, caratteristica della società attuale, ha imposto l’immagine di un uomo di successo al centro della scena, l’uomo che prevarica sugli altri per accaparrarsi le risorse primarie, il suo obiettivo principale è quello di primeggiare, una società individualista che nega un “Io” vulnerabile e coscienzioso. E’ così che Castel spiega, nella sua opera “l’insicurezza sociale, cosa significa essere protetti?” l’immagine di un uomo solo, che lotta con sé stesso e l’individualità che vuole far emergere : “L’inesistenza posta sulla proliferazione dei rischi va di pari passo con una celebrazione dell’individuo svincolato dalle appartenenze collettive , disincastrato (disembedded, Giddens). Tale individuo è come un portatore di rischi che naviga a vista nel bel mezzo degli scogli e deve gestire il suo rapporto con i rischi. C’è una stretta relazione tra l’esplosione dei rischi, l’iperindividualizzazione delle pratiche e la privatizzazione delle assicurazioni ove se i rischi si moltiplicano all’infinito e se l’individuo è lasciato solo ad affrontarli sta all’individuo privatizzato il compito di assicurarsi da solo. L’altra via per tentare di affrontare questa congiuntura è quella di porre in risalto la dimensione sociale dei nuovi fattori di incertezza e di interrogarsi sulle condizioni necessarie per arrivare ad affrontarli collettivamente. Il mutamento attuale del Capitalismo impone una mobilità generalizzata alla forza lavoro ma anche ad ampi settori dell’esperienza sociale; la costruzione delle protezioni ha provocato una trasformazione essenziale dello Statuto dell’individuo. Il paradosso sottolineato da Marcel Gaucher è che la presa crescente dello stato sociale ha agito come un potente fattore di individualizzazione. L’assicurazione di assistenza predisposta dallo stato libera l’individuo dalla dipendenza nei confronti di tutte le comunità intermedie che gli procuravano le protezioni ravvicinate. L’individuo diventa così liberato in rapporto ad esse mentre lo Stato diventa il suo principale supporto. Tuttavia non è esagerato sostenere che il bisogno di protezione fa parte della “natura” dell’uomo contemporaneo”. L’atteggiamento di negazionismo è la risposta ad una società che da un lato combatte irriverente contro questo nemico, dall’altra mostra la sua faccia vulnerabile, negare in modo tale da convincere sé stessi che tale clima sia frutto delle nostre menti, degli allarmismi, affermando che si tratti di una “semplice influenza” nulla di temibile.
In tal senso, il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, in un discorso tenuto alla Nazione, mantenendo un’apparente calma, definisce il Covid-19 “un’influenzuccia” che colpisce solo ed esclusivamente gli over 60, con patologie pregresse. A tal proposito, reprime le restrizioni che la maggior parte dei Paesi del mondo sta attuando, una pandemia di cui egli non ha paura, costringendo i cittadini all’esposizione ad un pericolo tenebroso e accattivante. Tuttavia, in questi giorni, nella nostra Penisola, si assiste ad una nuova quotidianità, quella che sui social viene ostentata di continuo: l’immagine dell’unità familiare, una famiglia finalmente unita che incarna i connotati della famiglia felice del “mulino bianco”, si riscoprono valori latenti che una società dinamica aveva lasciato da parte. Tuttavia, la società ancor prima del Corona virus era suddivisa in fasce sociali, pertanto la discriminazione della continua frase “io resto a casa” non è di principio coerente con i molti che purtroppo una casa non ce l’hanno, non tutti hanno una famiglia felice e coesa, non tutti hanno un reddito sufficiente per poter fare scorte alimentari o per poter cucinare i dolci in casa, non tutti possono permettersi una mascherina o guanti anti contagio. E ancora non tutti possono lavorare in modalità remota, non tutti i ragazzi hanno la possibilità di seguire le lezioni in FAD poiché non dispongono degli strumenti idonei per poterlo fare.
Le notizie riguardo alle sommosse e alle proteste a causa della mancanza di reddito sono all’ordine del giorno, si assiste da un lato a persone disperate poiché prima per guadagnarsi da vivere lavoravano alla giornata, adesso tutto questo non gli è possibile. I commercianti, i baristi, tutti alle prese con una crisi economica senza precedenti, gli immigrati, i senza fissa dimora, un abbandono totale.
Si assiste ad un aumento di atti devianti e criminosi, donne costrette a subire violenze chiuse a casa, costrette a subire in un silenzio inquietante poiché il loro grido non sarebbe ascoltato da nessuno, molti si approfittano di tale situazione di indigenza per poter commettere atti delinquenziali come l’intrufolarsi nelle abitazioni. Persone, incredule e prese dal delirio del momento, scendono nelle piazze a fare festa, come se volessero andare contro ciò imposto dalle autorità competenti, come se fossero invincibili a tale pandemia, ostentando fortezza e virilità. A tal riguardo il ministro Elena Bonetti, per porre un freno a tale situazione esacerbata già dalla pandemia, ha proposto di anticipare l’assegno per i figli che il governo aveva intenzione di introdurre dal prossimo anno, sono stati stanziati soldi anche per coloro i quali sono i soggetti più a rischio e più deboli della società, tra cui cassa integrazione e assegni previdenziali, per consentire appunto alle famiglie indigenti di poter far scorte alimentari e per l’acquisto di beni di prima necessità. La storia è un continuum di ripetizioni, nel tempo, tutte le guerre mondiali concluse hanno provocato, in un secondo momento, una grande depressione economica e globale. Paradossalmente , alla fine di tutto questo, vi è stata una rinascita, in primis nel modo di pensare e successivamente una rinascita nel modo di agire sul sistema sociale, per cui pensare ad una successiva rinascita, oggigiorno, può avere un influsso positivo nelle nostre menti, non tutto è ancor perduto.
“ In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte”
(L’eterno ritorno dell’uguale, F. Nietsche).
Dott./ssa Francesca Santostefano -Sociologa