Ciò che non avremmo mai voluto
Non sembra neppur vero come in un mese la vita dell’intera umanità possa cambiare, possa essere stravolta, possa cancellare ogni forma di progettualità convertendola in un unico coro di preghiera al fine di poter ritrovare una normalità perduta.
Eppure non si tratta di un film di fantascienza, bensì la realtà odierna che sta sconvolgendo le nostre vite e i nostri circuiti relazionali latu sensu.
Un misterioso e invisibile virus, indentificato sotto la sigla di Codiv-19, è penetrato subdolamente dentro migliaia di persone, portandole via alle loro famiglie, ai loro cari, alla vita e, soprattutto, lo ha fatto nel modo peggiore: conducendole alla morte per una via dolorosissima, il soffocamento.
A causa di questa pandemia, si sono susseguite prescrizioni sempre più restrittive, culminate nell’obbligo di rimanere reclusi nelle nostre abitazioni.
In questi tragici momenti, le domande più assurde e sconvolgenti s’impadroniscono delle nostre menti; ognuno dice la sua ma alla fine la consueta statistica serale si conferma un triste bollettino di guerra.
Così i telegiornali mostrano una situazione devastante: corpi trasportati da mezzi militari ai forni crematori. E la maggior parte delle vittime del virus, non è nemmeno riuscita a salutare i propri cari.
Le immagini della disperazione ormai sono compagne di viaggio. Nostre e di quei medici costretti a turni massacranti e quel che è peggio, obbligati alla decisione più dolorosa: fare delle scelte, come se si trovassero all’interno di Schindler’s list.
Non si può chiedere una cosa simile a un essere umano, destinato poi a convivere con un inevitabile male oscuro che lo segnerà fino all’ultimo giorno della sua esistenza.
In un solo mese il Bel Paese si è trasformato in un codice rosso, in qualcosa che riecheggia la peste manzoniana del 1630. Uno scenario assolutamente surreale, le poche persone che si vedono sono divenute tutte untori .
Le giuste e doverose preoccupazioni si sono tramutate in vere e proprie psicosi. Eppure siamo ancora fortunati perché oggi è trascorso e noi siamo ancora qui. Chi è più fortunato accanto ai propri cari, chi lo è meno chiuso nella propria stanza. Nella speranza di non essere la prossima vittima.
La notte, il più delle volte, si vive ostaggio della paura. Paura scandita e amplificata dalle sirene delle autoambulanze.
La speranza che ognuno nutre dentro di sé è quella di iniziare a intravedere uno spiraglio di luce. Che ancora tarda a fare capolino.
Una cosa è certa, come tutti i drammi anche questo avrà una fine. Ma come saremo diventati noi superstiti?
L’unica certezza è che avremo un approccio diverso alla vita e cominceremo ad apprezzare i valori veri. Perché questo Covid-19 ci avrà insegnato l’infinita piccolezza dell’uomo. E forse mi illudo nel pensare che saremo tutti migliori.
Prof. Michele Miccoli
Preside della facoltà di scienze criminali Università di Milano
Prof. Francesca Ballali -sociologa