LA MESSA DI PAPA FRANCESCO, UN BUON CAFFE’ E LA GIORNATA PUO’ INIZIARE

La solidarietà non ha bisogno di uno specchio per riflettere sulla società ciò che singolarmente facciamo.  “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere loro ammirati altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli…”., scrive l’apostolo Matteo per ricordarci uno degli insegnamenti di Gesù Cristo.

Una raccomandazione che noi uomini del Terzo millennio pare abbiamo dimenticato se per ogni piccolo gesto di solidarietà, di umanità andiamo in cerca di una vetrina mediatica.

Un vezzo che in questo periodo di grande sofferenza causata dalla pandemia di Covid-19 non conosce limiti e “spinge la mano sinistra a pretendere di sapere ciò che fa quella destra”. 

Il tutto per ricavarci uno spazio di visibilità, un riconoscimento pubblico, per impinguare il tesoretto del consenso, orientare l’opinione pubblica: comportamenti più importanti dall’essere vicino a chi ha bisogno di solidarietà e di aiuto.  Apparire per dimostrare di esistere: è il modus operandi dell’uomo postmoderno.

Come se l’aiuto nei confronti di chi si trova in grande difficoltà non fosse un dovere sociale, come se contribuire alla prevenzione contro il coronavirus, magari regalando qualche centinaio di mascherine ad una istituzione pubblica in difficoltà, ci autorizzasse ad indossare la maglietta del buon Samaritano. L’io ipertrofico non ci trasforma in eroi e non ci scrive di diritto   nell’ elenco dei filantropi.

IL CALCIO BUSSA A QUATTRINI

L’industria calcistica è in grande difficoltà che si ripercuote sui club (piccoli o grandi), sulle Leghe professionistiche, le federazioni, l’Uefa, la Fifa e, finanche, sui procuratori di campioni o di   semplici operai del pallone

All’insorgere dalla pandemia, i vertici pallonari hanno pensato più agli interessi economici che agli uomini che popolano il pianeta calcio. I primi contagi, le prime fughe per unirsi giustamente alle famiglie, le prime previsioni di ripresa, le conseguenti delusioni. Solo allora lo sport più bello del mondo si è arreso come un esercito che batte in ritirata. L’amore per questo sport ha affascinato anche noi: da adolescenti a giovani cronisti, da canuti commentatori fino all’attuale condizione di spettatore senile.

Si dice che l’aver consentito l’incontro di San Siro tra Atalanta e Siviglia al quale, tra gli altri, hanno assistito 45 mila bergamaschi abbia moltiplicato il contagio in Lombardia. Non abbiamo elementi per confermarlo, ma riteniamo che non si tratti di una fake news.

Dalla lettura dei giornali e dalle trasmissioni sportive di TV e social apprendiamo di pressioni sul Governo per ottenere interventi a ristoro per i 700 milioni di perdite stimate della terza industria del nostro paese. Come dire: siccome vengono a mancare gli utili (incassi ai botteghini, pubblicità, sponsor) chiediamo la socializzazione delle perdite. Un discorso che può valere per l’indotto che gira attorno alle partite di calcio, alle trasferte della squadra (ci riferiamo agli alberghi, ai ristoranti e alle tante altre attività economiche e produttive presenti sul territorio) che già compaiono nei provvedimenti varati dall’Esecutivo e in quelli in itinere sui comparti del commercio e del turismo.

Una pretesa difficile da condividere, soprattutto quando pensiamo che mentre la gente soffre   e muore i club sono entrati in competizione per assicurarsi calciatori dal cartellino da 100 milioni di euro e da ingaggi annui che mortificano lo stato l’indigenza e di povertà di milioni di nostri connazionali. La giustizia sociale?  Boh!

50 MINUTI DI SERENITA’ GIORNALIERA

Il divieto di uscire di casa, praticare sport, fare una gita, incontrare amici e familiari che abitano in altri luoghi limitano le nostre libertà personali: comportamenti indispensabili per il rallentamento del Coronavirus che si sta espandendo in tutto il Paese.

Non si tratta di sacrificio, ma di un preciso dovere sociale. Una nuova condizione che ci spinge a cambiare le nostre abitudini, ricercare nuovi interessi e che ci aiuta a non rimanere ostaggio dalla babele di voci e di  immagini che ci fa precipitare nell’abisso della paura e, a volte, della disperazione. Ascoltare musica, leggere un libro, dedicarsi al fai da te domestico ci libera dall’ozio e dalla passività della TV. Cambiare, anche di poco, il nostro stile di vita ci aiuta a liberarci da forme di disintossicazione mediatica.

Per quanto ancora durerà il nostro equilibrio mentale se dalla mattina alla sera veniamo bombardati da notizie e immagini riconducibili agli effetti della Pandemia? Difficile dirlo, impossibile preventivarlo. E allora diventa importante iniziare bene la giornata: in modo sereno, ritrovando quella spiritualità che si allontana da noi sempre di più. Anche a causa della paura di questi giorni. L’occasione ci viene offerta dalla televisione di Stato, da Rai 1, con la messa di Papa Francesco celebrata tutte le mattine alle 7 dalla cappella di Santa Marta. Cinquanta minuti di riflessione, un buon caffè. E buona giornata a tutti.

Antonio Latella – Giornalista e sociologo


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