AAA: ESORCISTA CERCASI… CAPACE DI SCACCIARE IL DEMONE DELLA PAURA
“Viviamo in una società in cui ci sentiamo spesso minacciati. La mondializzazione, le catastrofi naturali, la crisi economica, le difficoltà della vita quotidiana. Abbiamo la sensazione di non riuscire più a far fronte a minacce che sono spesso indefinite e imprevedibili. Ci sentiamo senza difese e incapaci di agire, di conseguenza abbiamo paura. Una paura indistinta che trasferiamo sugli altri, soprattutto sugli stranieri” (A. Touraine).
IL CORONAVIRUS
Paure globali e panico locale: sono gli effetti del “coronavirus”. Le cui cause, a distanza di quasi due mesi dalla prima vittima cinese (8 dicembre), appartengono ai tanti misteri globali. Wuhan però esiste. Ed è la sede di un laboratorio di biosicurezza, realizzato per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive emergenti. La Francia dovrebbe saperne più di noi per aver fornito assistenza e collaborazione alla Cina durante la progettazione e la realizzazione dell’impianto. Ma in Cina non esiste la libertà di stampa, al contrario della pena di morte.
Chissà se tra Conte e Macron, lo scorso 27 febbraio durante l’applaudita passeggiata per le vie di Napoli, si è fatto cenno a questa regione della Cina, dove – come abbiamo visto dai servizi giornalistici televisivi- a tempo di record sono stati realizzati ospedali destinati ad accogliere migliaia di contagiati? Oppure se la “via della seta” abbia legittimato la ragion di stato e, dunque, il silenzio.
LA SPETTACOLARIZZAZIONE DEL DOLORE
Il dramma che stanno vivendo le famiglie dei contagiati, le difficoltà che rendono dura la vita degli abitanti delle cosiddette “zone rosse”, i timori di altre regioni che rischiano il contagio hanno messo in movimento la grande macchina della spettacolarizzazione del dolore. Altro che diritto di cronaca o comunicazione preventiva. Come far tacere vecchi e nuovi media, che giorno e notte, mettono in vetrina esperti veri ed epidemiologi improvvisati? Questi ultimi, al pari di tanti paesi esteri (comunitari e non) che consigliano di evitare l’Italia, contribuiscono ad alimentare paure e creare un vero danno all’immagine e all’economia dell’Italia.
“La conoscenza è l’antidoto a comportamenti irresponsabili”: parole del Presidente Mattarella che a noi sono sembrate un invito alla moderazione e a prestare ascolto ai consigli della scienza medica.
TORNIAMO AI DEMONI DELLA PAURA
Reale e, a volte, artatamente inventata. Al punto da farla diventare il collante della società: un sentimento pervasivo che sta contribuendo a distrugge la coesione sociale, gli anticorpi della democrazia, l’unità dei popoli, le relazioni internazionali e la fiducia nei confronti delle istituzioni.
La paura è “il demone più sinistro di quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo” … “sono l’insicurezza del presente e l’incertezza del futuro a covare e alimentare la più spaventosa e meno sopportabile delle nostre paure”.(1)
Il principe di questi demoni è il nazionalismo. Le cui menzogne, la cui brama di potere stanno riportando indietro le lancette della storia, alzano muri altissimi tra i popoli, alimentano l’odio razziale, la xenofobia: si gioca con la pace conquistata con la lotta agli orrori del nazifascismo.
Settanta anni di pace, in un’Europa che dopo secoli di guerre, compresi i due conflitti mondiali, hanno contribuito alla nascita della democrazia, al miglioramento delle condizioni sociali, culturali ed economiche degli abitanti del Vecchio continente.
Oggi “l’Europa è ostaggio di tecnocrati, banchieri, finanzieri. È uno scandalo che uno dei continenti più ricchi non sia capace di esprimere una politica umanitaria solidale per favorire l’accoglienza di fratelli disperati che fuggono da guerre, fondamentalismi e miseria”. (2)
CONTAGIATI DAI LINGUAGGI DELLA POSTMODERNITA’
Noi cittadini del terzo millennio siamo stati contagiati dai linguaggi della postmodernità che alimentano le nostre fragilità e le nostre insicurezze; soggiogati da politici dall’etica liquida; da opinion leader, influencer e spin doctor saltimbanco; ingannati da giornalisti dalla deontologia familistica; da persuasori occulti, da partigiani del qualunquismo che fanno della paura un’ideologia nazional- sovranista.
Dalla paura -come ipotizzava Ulrich Beck- “nasce un nuovo legame sociale”. La martellante attività dei social network, infatti, ci mette difronte all’onnipotenza del rischio che attraverso la paura crea una nuova forma di opinione pubblica.
Paura che trae linfa dall’incertezza delle nostre prospettive di vita, dalle logiche di un mondo globalizzato, dove le delocalizzazioni e la precarietà producono scarti umani da conferire nelle discariche sociali. Una rottamazione di massa, erede della rivoluzione liberista degli anni Ottanta del Secolo breve quando la Lady di ferro (al secolo Margaret Thatcher) notificò all’ Occidente che la “società non esiste…”. I paradigmi di quella “rivoluzione” hanno proiettato il mondo nella società post industriale avviando la fine del modello taylorista -fordista. Con il depauperamento dello stato sociale conquistato dai lavoratori dopo due secoli di lotte, avviate con la prima rivoluzione industriale. I mercati, il capitale finanziario, le borse, la globalizzazione sono i cardini su cui gira il mondo di oggi in cui il 10% dei suoi abitanti possiede l’80% della ricchezza dell’intero pianeta.
Nel periodo di transizione tra il vecchio modello economico – produttivo e quello attuale, la politica e i sindacati sono stati i grandi assenti: la loro strategia è stata quella di difendere l’esistente senza affrontare la sfida “tra il pensare globale e l’agire locale”. Neanche di fronte ai vantaggi positivi legati alla società della conoscenza, che via via incominciavano a registrarsi in altri paesi occidentali, la strategia italiana è cambiata. Incapacità dei governi, impotenza della politica, corruzione, un tenore di vita al di sopra delle reali possibilità del paese. Vite che non potevamo assolutamente permetterci. Ed oggi il risultato – eccesso di debito pubblico, disoccupazione, un Mezzogiorno sempre più fanalino di coda dell’Europa –è sotto gli occhi di tutti.
Di fronte alla gravità della situazione socio-economica, giustamente, gli italiani farebbero un patto con chiunque, anche con Belzebù, pur di far ripartire l’economia, di registrare un aumento dell’occupazione, di arrivare a fine mese con una misera pensione sociale; pur di raccogliere i frutti della lotta alla corruzione, di eliminare le disuguaglianze. Invece la politica ci racconta un’altra storia. Ci terrorizza con i suoi “angeli della paura”, ci lusinga con promesse irrealizzabili che diventano l’esca per abboccare all’amo dell’inganno.
I LUPI DELL’ANTIMERIDIONALISMO SCENDONO AL SUD
I lupi del vecchio anti meridionalismo, in branco, continuano a scendere nel Mezzogiorno travestiti da agnelli, che si dicono pronti a sacrificarsi per questa parte del Paese. Cosa non si fa pur di conquistare il potere: si mente, coscienti di mentire. L’Italia è alle prese con il trasformismo: fenomeno legato alle odierne vicende parlamentari, confermato sia dalla composizione delle liste sia dai risultati di recenti elezioni amministrative.
Un primato, questo, che spetta alla Calabria. Fermiamoci in questa regione ostaggio della ‘ndrangheta: organizzazione dalla grande potenza economica globale e in grado di decidere anche chi dovrà sedere sugli scranni dei consessi elettivi. Le recenti operazioni di polizia giudiziaria della DDA di Catanzaro e Reggio Calabria hanno confermato quanto sia labile il confine tra ‘ndrangheta e politica. Un sistema con antiche radici che resiste all’azione dello Stato: a volte in sonno nella lotta all’antistato. Questa regione, ultima in tutte le classifiche europee, è rimasta ammaliata dalle promesse di aiuto del nazional- populismo, dimenticando che il Mezzogiorno è il più grande mercato dei prodotti del Nord. Quest’ultimo ha prima sfruttato le braccia e i cervelli del Sud, mentre oggi vorrebbe colonizzarlo ideologicamente.
“A rendere la situazione peggiore, concorre l’assenza di quegli strumenti che consentirebbero alla politica di ricongiungersi al potere, permettendoci di riacquistare il controllo sulle forze che determinano la nostra condizione comune, fissando la gamma delle nostre possibilità e i limiti della nostra libertà di scelta” (3)
La politica, quella dei partiti di massa egemoni nel ‘900, ha perso il suo primato, il ruolo di coordinamento e di mediazione a tutto vantaggio dell’individualismo e della dittatura dei mercati. Il linguaggio della politica è talmente destabilizzante che contribuisce al reclutamento di squadristi dei social che tentano la presa del potere – diversamente dall’uso del manganello, dell’olio di ricino e dai pestaggi squadristi di un secolo fa – con i like, i cinguettii e le fake news. Corsi e ricorsi storici?
Le analogie non mancano e non sono assenti neanche quanti invocano pieni poteri. Reggerà la nostra democrazia al ritorno del nazionalismo? Il futuro è nelle mani del popolo italiano, di quello che si riconosce nella democrazia parlamentare, nella Costituzione e non già nell’uomo solo al comando.
L’attuale classe politica manipola la paura (come ai tempi di Machiavelli) con i propri demoni che hanno cosparso la crosta terrestre del virus dell’anti tutto: solidarietà, tolleranza, fratellanza, amore per l’altro e per l’ambiente. Noi delle generazioni pre millennials abbiamo fallito. Mentre i giovani, con i loro movimenti, sono diventati i nostri più severi giudici ed hanno avviato una rivoluzione gandhiana per mettere la nostra terra-patria al riparo del vento nazionalista destinato a “tagliare” più teste della ghigliottina di Robespierre.
Antonio Latella – giornalista e sociologo
Note:
- 1 Zigmunt Bauman- “Il demone della paura” – Edizioni Laterza -Repubblica;
- 2(Edgar Morin – stralcio di un’intervista rilasciata a Nuccio Ordine- Corriere della Sera il 28 luglio 2018);
- 3 Zigmunt Bauman- “Il demone della paura” – Edizioni Laterza -Repubblica.