DISPERSIONE SCOLASTICA: I DATI SONO ALLARMANTI
INTRODUZIONE
Una società dinamica e multiculturale pretende una cultura scolastica eccelsa ed elevata al di sopra di determinati standard per comprendere al meglio i meccanismi intrinseci di un sovraordinato sistema sociale. Un buon livello di istruzione è senza dubbio una componente essenziale ed alla base di tali meccanismi; tuttavia oggigiorno possedere un diploma di laurea, un master, o ancora un semplice diploma di scuola superiore di secondo grado comporta l’avere un buon budget economico e un discreto inserimento lavorativo nella società per riuscire ad adempire a tale prospettiva. Molti, in particolare giovani, trovandosi in situazioni economiche svantaggiate si trovano nella situazione di dover rinunciare a tale ambizione, per cui ciò costituisce una problematica allarmante e spesso le politiche del territorio non attuano provvedimenti seri al riguardo.
DEFINIZIONE
La dispersione scolastica o evasione scolastica costituisce un fenomeno sociale complesso che investe giovani compresi tra i 18 e i 24 anni di cui la maggior parte non possiede neanche la licenza media. Sinonimi di dispersione scolastica sono i termini “Drop out” “abbandono scolastico” ed “early school leavers” (Luca Capiluppi, Psicologo).
COSA INFLUENZA TALE SCELTA
Detenere un buon posto di lavoro richiede un successo scolastico elevato, comportando sacrifici e risorse economiche sufficienti. L’abbandono scolastico in età prescolare spesso non è un fatto volontario, pertanto vi sono una serie di fattori socio- economici che influenzano tale scelta: innanzitutto il livello economico in cui riversano molte famiglie, spesso causato dalla crisi economica odierna, non consente un adeguato ed un’ opportuna prosecuzione degli studi, per cui non potendo affrontare il pagamento di tasse scolastiche oppure l’esoso costo dei libri, molti rinunciano e li troviamo già a 16-18 anni a lavorare presso punti di ristoro oppure emigrano in paesi esteri ove offrono maggiori guadagni economici. Spesso è radicato nei giovani un certo tipo di disagio che ha due componenti: il primo è di tipo evolutivo derivante dalla crescita in un contesto familiare appunto privo di principi culturali e scolastici da poter impartire loro; il secondo è di tipo ambientale e deriva dal contesto sociale in cui il soggetto vive. Tali condizioni senza dubbio di malessere provocano l’abbandono scolastico, ovviamente ciò può avere svariati motivi oltre che economici, come casi di violenza nella propria famiglia di origine, maltrattamenti ed abusi psicologici,casi di bullismo possono condurre il minore a compiere atti devianti. “La dispersione è un indicatore di disagio che si amplifica fino a gridare la distanza tra quello che i ragazzi cercano nella formazione e quello che riusciamo effettivamente a dare loro” (Colombo, 2013).
DATI A CONFRONTO
Secondo il MIUR (Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca) tale fenomeno è più diffuso nel Mezzogiorno d’Italia; dal punto di vista del genere i maschi sono più coinvolti delle femmine, mentre per gli stranieri il fenomeno è ancora più intenso. In Europa viene usato come indicatore per la quantificazione dei dati di tale fenomeno l’early leaving from education and training (ELET) e come oggetto di riferimento vi sono i giovani tra i 18 e i 24 anni possedenti un diploma di scuola superiore di secondo grado. Mentre in Italia si può misurare il fenomeno partendo dai dati forniti dall’Anagrafe Nazionale degli Studenti. Il report preso in considerazione è quello dell’anno scolastico 2015/2016 in cui è stato preso in considerazione un campione di “14.258” tra ragazzi e ragazze e coloro che hanno lasciato gli studi sono stati lo “0,8%”. Al Sud l’abbandono risulta maggiore con un incisione del’ “1,2%” nelle isole e lo “0,9%” al Sud. Le regioni in cui il fenomeno è più radicato sono la Calabria, la Sicilia e la Campania. Gli stranieri sono più propensi ad abbandonare gli studi rispetto agli italiani, il “3,3%2 contro lo “0,6%” degli italiani. Inoltre un fattore di abbandono scolastico è anche causato dalla ripetitività degli studi di cui determinano il “5,1%” degli alunni ripetenti a discapito dello “0.4%” degli alunni in regola con gli studi. E’ stato evidenziato inoltre che l’abbandono scolastico è più elevato per gli alunni che hanno un’età superiore a quella dell’obbligo scolastico dunque superiore ai 16 anni. Per quanto concerne il numero degli italiani iscritti ad un percorso universitario è pressocchè negativo, infatti si denota una decrescenza nel livello di iscritti ad un percorso universitario. I motivi sono molteplici tra cui l’avanzamento di un invecchiamento della popolazione, il ritardo nel trovare un posto di lavoro stabile e sicuro, la mancanza di fiducia e ambizioni, la crisi economica, prezzi troppo esosi e rincari per affrontare spedi di affitti, tasse e libri. Infatti gli studenti italiani sono considerati tra i più ignoranti d’Europa sia per quanto concerne la base grammaticale della lingua italiana parla sia per il lessico parlato
VARIABILI SOCIOLOGICHE E PSICOLOGICHE
Ragozini e Vitale (2005) hanno identificato 162 variabili sociologiche del cosiddetto “drop-out” tra cui: il numero di bocciature di un alunno, il sovrannumero degli alunni in una classe ed il decrescente numero dei docenti di ruolo, tassi di occupazione/disoccupazione, aumento devianza, numero divorzi e aumento delle famiglie monoparentali. Per quando riguarda le variabili psicologiche vi è tra i giovani una diffusa scarsa motivazione allo studio e un basso livello di auto-efficacia, per cui l’alunno è soggiogato da condizioni maggiori della sua volontà. Secondo Adamo (1996) il modello della dispersione scolastica deve riferirsi a modelli sistemici a scapito di quelli deterministici. Mentre per altri autori (LeCompte e Dworkin, 1991) vi sono una serie di categorie di fattori interagenti come fattori relativi al carattere degli studenti, all’istituzione scolastica, fattori di interazione e fattori macrosistemici, questi ultimi determinano sia basse prestazioni scolastiche che una debole motivazione nell’impegnarsi nello studio, ed un inadeguato livello di interazione docenti/studenti ma soprattutto l’influenza delle condizioni di vita sociale, culturale, economica e politica in cui i sistemi scolastici risultano essere inseriti. Secondo Durkheim: “Ogni società, considerata ad un momento determinato del suo sviluppo, ha un sistema di educazione che si impone agli individui con una forza generalmente irresistibile; vi sono delle consuetudini a cui dobbiamo conformarci (uniformarci, obbedire); se noi vi deroghiamo troppo gravemente, esse si vendicano poi sui nostri giovani. Questi, una volta diventati adulti, non si troveranno in una condizione di vivere fra i loro contemporanei, coi quali non si sentiranno in armonia. Siano essi stati allevati in base ad idee o troppo arcaiche o troppo avveniristiche, la cosa non ha importanza; tanto in un caso quanto nell’altro non sono della loro epoca, e di conseguenza, non si trovano in condizioni di vita normale. Vi è, dunque, in ogni periodo, un modello normativo dell’educazione dal quale non possiamo discostarci senza scontrarci con vive resistenze che contengono velleità di dissidenza”.
Dott.ssa Francesca Santostefano – Sociologa