SOCIOLOGIA E GASTRONOMIA INTELLETTUALE, GEORG SIMMEL

Foto Federico GiacominiIl 1825 puo essere a ragion veduta considerato come l’anno in cui nasce quella che verrà definita Gastronomia intellettuale, tra le parti della realtà degne di studio infatti proprio in quest’anno si inserisce la Gastronomia in tutti i suoi aspetti. Tale anno coincide con la pubblicazione del saggio “Fisiologia del gusto” di Jean-Anthelme Brillat Savarin – magistrato, scrittore e gastronomo –, un testo che costituisce la prima serie di riflessioni moderne sui rapporti tra gli uomini e il cibo, un felice tentativo che contribuirà a dare alla Gastronomia la dignità di scienza spaziando dall’analisi del convivio a a memorie e aneddoti. Sempre nel XIX secolo – 1851 – Friedrich Christian Eugen Baron von Vaerst pubblica – con lo pseudonimo Chevalier de Lelly, il testo “Gastrosophie oder die Lehre von den Freuden der Tafel” (Gastrosofia o l’insegnamento dei piaceri della tavola) testo che ha contribuito sino ad oggi alla differenziazione tra “Gastronomo” e “Gastrosofo”, facendo nascere anche una certa Filosofia dell’alimentazione e diventata materia d’insegnamento in alcune università europee.In questo approccio scientifico riguardante l’alimentazione e i pasti, come parte integrante della Gastronomia – scienza multidisciplinare per definizione – non poteva non inserirsi e non costituirne cardine della stessa la Sociologia: e questo approccio sociologico non venne che da Georg Simmel – considerato insieme a Weber e Durkheim tra i padri fondatori della Sociologia – con il saggio “Sociologia del pasto”, inserito nel testo “Estetica sociologica” del 1896: un saggio fondamentale per il gastronomo quanto per il sociologo, che non considera “aliena” alcuna produzione storico-sociale dell’uomo.

Il breve saggio tende infatti a dare una visione sociologica a tutto tondo del momento conviviale, ne viene considerata l’importanza e sottolineato come tutti i momenti autenticamente socializzanti dell’uomo mai si rivelano i più alti, ma spesso sono proprio i più bassi, cioè quelli che ruotano attorno ad esigenze umane primarie come il mangiare, sottolineando come “il livello generale sul quale tutti quanti si incontrano dovrà essere molto vicino a ciò che si trova più in basso”. Giocoforza di tutto ciò che l’uomo condivide e che lo accomuna agli altri di fatto è che esso debba mangiare e bere, unitamente al paradosso che ciò che lo accomuna agli altri è l’ “elemento più egoistico”: “quello che penso lo posso comunicare agli altri; quello che vedo lo posso far vedere a loro; quello che dico lo possono sentire in centinaia – ma quello che il singolo mangia in nessuna circostanza può essere mangiato da un altro. In nessuno degli ambiti più elevati avviene che una cosa destinata a uno, l’altro debba per forza rinunciare.” Il pasto – nel testo e a ragion veduta – viene considerato come una forma sociologica unica e comune a tutto il genere umano, e diviene quindi esso stesso una “forma sociologica […] che proprio all’egoismo esclusivo del mangiare una particolare frequenza dello stare insieme, un’abitudine alla riunione, che vengono raggiunte solo raramente attraverso motivazioni più elevate e spirituali. Persone che fra di loro non condividono alcun interesse particolare, possono trovarsi al pasto comune: in questa possibilità, conseguente alla primitività e generalità dell’interesse materiale, consiste il significato sociologico incommensurabile del pasto.”Foto Georg Simmel

Il testo prosegue comparando il pasto tra diverse culture, l’induista, l’ebraica e la cena cena cristiana nelle sue peculiarità sociali; si prosegue analizzando il pasto in correlazione alle classi sociali –  “la comunità del pasto invece conduce subito ad una regolarità temporale, poiché solo ad un orario predeterminato una cerchia di persone riesce a trovarsi insieme” – ed al modo di cibarsi con le mani – tipico di alcune popolazioni – e con coltello e forchetta, concentrandosi sulle differenze di vicinanza e lontananza dal cibo stesso. Successivamente viene analizzato l’arredamento di una sala da pranzo e l’importanza dei colori da usare, sino agli argomenti che più si convengono a tavola.Come inizialmente scritto “Sociologia del pasto” risulta essere un breve e fondamentale saggio del Sociologo, ma risulta oggi più che mai fondamentale per tutti; la postmodernità ha messo a rischio sociale famiglie intere e fasce di popolazione, non solo con buona parte del “cibo industriale” ci si alimenta male, ma “si vive male il concetto sociale di alimentazione” e proprio a ciò mira – in una maniera socio-gastronomica – il testo del Sociologo: esso ci accompagna culturalmente a riflettere sull’autenticità del “concetto sociale di alimentazione” che ha contribuito a formare – seppur con tratti che vanno sfumandosi – le basi sociali della nostra civiltà, di cui l’alimentazione è parte integrante.

Dott. Federico Giacomini  (sociologo ASI)                                                                                  

 Provveditore AIGS Laboratorio studi e ricerche Sociologia dell’alimentazione                         

Associazione Sociologi Italiani · Società per la Storia del Servizio Sociale                            


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