IN CASA CON IL NEMICO

Generale Garofano3L’hotel S. Francesco di Rende ha ospitato il convegno “In casa con il nemico” sulla violenza di genere intramuraria. Convegno organizzato dal presidente della sezione calabrese dell’ANFI (Associazione nazionale familiaristi italiani) avv.to Katia Vetere, in collaborazione con l’ASI (Associazione Sociologi Italiani). Tra i relatori convenuti: il generale Luciano Garofano, biologo forense, già comandante del RIS (Reparto Investigazioni scientifiche) di Parma e noto volto televisivo del programma “Quarto grado” in onda su Rete 4, il presidente dell’ASI, sociologo e giornalista, Antonio Latella, la stessa Katia Vetere in rappresentanza dell’ANFI, oltre a degli interventi del dott. Davide Franceschiello, dirigente nazionale ASI e di alcuni dirigenti scolastici come le prof.sse Immacolata Cairo e Laura Gioia.

L’avvocato Katia Vetere ha introdotto la tematica parlando della necessità di interventi profondi con soluzioni concrete, al di fuori della insopportabile retorica delle scarpe, scarpette, scarpine e panchine rosse. Non l’insopportabile retorica del sangue ma il rispetto della persona, uomo o donna che sia. Ha poi posto l’accento sul ruolo cardine della scuola e della famiglia per quanto attiene all’informazione ed alla formazione dei giovani studenti riguardo una tematica così delicata, considerato che la violenza non ha soltanto una connotazione fisica, ma anche morale, economica, sociale e di conseguenza da affrontare e risolvere dal punto di vista dell’approccio culturale. La Vetere ha aggiunto infine che la violenza intramuraria va gestita attraverso una corretta informazione, per poi passare alle regole di un processo giusto.

Generale GarofanoIl sociologo Antonio Latella ha ampliato la panoramica evidenziando gli effetti che i mutamenti sociali, culturali, tecnico – scientifici ed economici producono sulla società e sulla famiglia. Le tracce della violenza di genere sono marcate nella storia dell’umanità, ma nell’era post moderna e post industriale ha assunto una dimensione globale che produce dilemmi di natura etica: il modus vivendi di uomini costretti sì ad assistere al grande dilemma globale della sofferenza, ma a volte diventando essi stessi la fonte di questo male sociale e l’indignazione dinanzi alla violenza di genere. Riuscirà finalmente a radicarsi nelle nostre coscienze, sempre più assuefatte dai paradigmi della modernità liquida e della società consumistica, che ci rende prima spettatori bulimici e subito dopo cinici. E la donna, insensibile al dolore fisico e psicologico supererà l’abitudine. Come scriveva Oriana Fallaci – è la più infame delle malattie, perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente e cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d’averla addosso ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci”. Come dice Bauman “non conosciamo più la gioia delle cose durevoli”; “non tolleriamo la routine perché fin dall’infanzia siamo stati abituati a rincorrere gli oggetti ‘usa e getta’ da rimpiazzare velocemente”. Anche l’amore “affronta la noia della quotidianità” e diventa come qualunque altro bene offerto dal libero mercato dove ogni singola merce ha un prezzo. Ed allora i rapporti di coppia diventano elastici, vulnerabili sia nella durata come nella forma. E la famiglia. Oggi più che mai necessita di essere aiutata. Invece se ne parla solo in termini populisti. E non capiamo – come ha sottolineato in una recente intervista al Corriere della Sera il prof. Massimo Ammaniti – che “è andato in sofferenza l’asse cruciale e centrale di questa istituzione. La famiglia specchio della società. Con i grandi che non voglio crescere e scimmiottano i figli, sia nell’uso degli apparati elettronici e finanche nel modo di vestire: siamo alla famiglia “adultescente”. Società e famiglia: ad entrambe viene chiesto un comune impegno per rivedere l’intero sistema relazionale, intervenire in quella zona grigia da cui nascono linguaggi, comportamenti che di per sé non costituiscono reato, ma che, senza dubbio, rappresentano la struttura su cui si organizzano forme di violenza sempre più esplicite”.

Generale Garofano 1A seguire l’intervento, molto atteso, del generale Garofano. Limpido e sistematico, innovativo nella presentazione degli aspetti repressivi del fenomeno, ahinoi sempre più necessari, indotti dalle investigazioni scientifiche. Ha illustrato le più recenti tecniche di investigazione scientifica, prendendo ad esempio anche casi recenti, assurti alla cronaca nera, di violenza di genere. Lavoro molto delicato, che nel quadro complessivo di un’inchiesta assume un’importanza determinante, sia perché l’eventuale contaminazione o alterazione dei luoghi può pregiudicare l’esito dell’intero accertamento, sia perché, qualche volta, quest’ultimo non può essere ripetuto.Le indagini svolte per assicurare alla giustizia gli autori di crimini talvolta efferati sono basate su procedure rigorose, che garantiscono l’obiettività dei risultati. Esse spaziano dall’individuazione e comparazione delle impronte digitali, delle tracce biologiche e del DNA, agli esami balistici e degli esplosivi, all’analisi di materiali informatici per la ricerca di file e dati apparentemente eliminati. Ma non solo, c’è un supporto mediante la ricerca di elementi di connessione e di analogia con altri delitti e si approfondiscono i profili criminologici degli autori.

Gnerale Garofano 2Per finire l’intervento del sociologo, Davide Franceschiello, che ha posto l’attenzione sulla caratterizzazione multifattoriale del fenomeno della violenza di genere e sulla necessità di approcciare allo stesso in modo multidisciplinare. Impossibile affidare la soluzione del problema ad un solo esperto, per un fenomeno che riguarda l’intera famiglia e l’intera società: dalla donna, nella maggior parte dei casi vittima, all’uomo, spesso autore della violenza, anche esso stesso bisognoso di assistenza e cura nell’ affrontare il problema e per finire ai figli, vere e proprie vittime inconsapevoli. Urge la necessità quindi di orientare lo studio e l’analisi di questo fenomeno attraverso più figure professionali, opportunamente raggruppate in team: dall’assistente sociale, psicologo, sociologo, educatore professionale, consulente familiare, legale, etc, per poi arrivare alla fase della tutela ed, eventualmente, della repressione, attraverso le forze dell’ordine.


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