FAMIGLIE, MINORI E POVERTA’ EDUCATIVA

 

Le sfide esterne alla famiglia sono oggi di varia natura, anch’esse, così come le strutture familiari, profondamente e rapidamente mutate negli ultimi anni per tipologia ed intensità. La povertà economica è tornata ad essere una delle variabili che carica rischi e difficoltà sulle famiglie italiane. Oggi molte famiglie sono sotto la soglia di povertà anche in presenza di un membro con un lavoro stabile. L’emarginazione e l’isolamento sociale sono un altro dato preoccupante, non necessariamente legato a un fattore di povertà economica: si tratta di famiglie deprivate culturalmente o di famiglie che non possiedono una rete sociale di riferimento e che, in caso di difficoltà, non sanno come orientarsi e a quali risorse esterne attingere. Esiste una forte correlazione tra povertà economica e povertà educativa.

Doriana Doro  ottobre 2018Che cos’ è la povertà educativa e come viene misurata? Perché è importante occuparsene e come può essere contrastata?

“La nozione di povertà educativa è stata introdotta da alcuni sociologi ed economisti alla fine degli anni ’90 per sottolineare che la povertà è un fenomeno multidimensionale che non può essere ridotto alla sua componente strettamente economica.” La povertà educativa è la privazione, per i bambini, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire talenti, capacità ed aspirazioni. Vi sono bambini con situazioni di sofferenza latente ed altri con situazioni negative più sfumate, percepite come insopportabili. Bisognerebbe pensare quanto incidono le diverse variabili intervenienti, oggettive, culturali (modelli, stereotipi), soggettive (psiche, riferimenti valoriali, ideali). Perciò nel formulare una tipologia dei contenuti familiari di disagio dovuti a povertà educativa, economica ed etico-morale è opportuno saper riconoscere i segni della sofferenza sul volto e dai comportamenti dei bambini, distinguendo condizioni di sofferenza familiare acuta e latente , famiglie con grave disagio economico, con problemi legati alla giustizia, famiglie violente..) e situazioni di disagio “normale” ( famiglie di genitori separati, di genitori giovanissimi, famiglie chiuse alle relazioni sociali…)

“In un rapporto di “Save the children” ed in un recente bando ministeriale, diventato così familiare per un pubblico ampio si parla ampiamente di povertà assoluta e relativa in stretto rapporto con la povertà educativa, etico-morale ed affettiva.Così come per la dimensione economica della povertà , il riferimento teorico è all’ideale dell’uguaglianza di condizioni, ossia l’idea che ogni essere umano abbia diritto a godere dei livelli essenziali di un insieme di beni primari necessari al suo sviluppo personale e alla sua inclusione sociale.Con la nozione di povertà educativa , si intende sottolineare che anche le disuguaglianze nelle competenze e nelle conoscenze acquisite durante i processi educativi  vanno contenute. Ogni essere umano  ha diritto a livelli di riuscita formativa tali da permettere la sua piena realizzazione personale e la sua inclusione sociale. Il concetto di povertà educativa ha quindi un significato ampio, anche se poi la sua misurazione empirica è affidata di norma ad indicatori empirici ben più circoscritti: i livelli di competenza linguistica, matematica, scientifica od economico-finanziaria, la dispersione e l’abbandono scolastico, le qualifiche formative acquisite .La dimensione delle competenze è particolarmente rilevante e potrebbe / dovrebbe essere arricchita con ulteriori indicatori, ad esempio le competenze  civiche, la conoscenza dell’inglese, le abilità informatiche.

Come ridurre la povertà educativa?

Il profilo dei soggetti esposti ai maggiori rischi di povertà educativa è ampiamente noto: genitori con livelli ridotti di scolarità ed in condizione di marginalità occupazionale o povertà economica, famiglie straniere, nuclei familiari monoparentali o sottoposti a condizioni di disagio sociale. Inoltre in Italia i rischi di povertà educativa sono molto maggiori nelle regioni meridionali.

Come contrastare il fenomeno?Il contrasto alla povertà educativa deve iniziare dai primi anni di vita. E’ molto condivisa inoltre l’idea che l’accesso a servizi per l’infanzia  di qualità svolga un ruolo essenziale per lo sviluppo delle competenze di base.Al contempo si riconosce che, poiché  i bambini passano almeno il 50% del proprio tempo al di fuori di questi servizi ( conteggiando anche i fine settimana e le vacanze) e sotto la supervisione diretta o indiretta di genitori e parenti, potenziare le competenze e le motivazioni delle famiglie di origine è altrettanto importante.

 Il vero problema è come mettere in azione efficacemente le idee. Per prevenire la povertà educativa è fondamentale il coinvolgimento dei genitori ( parental involvement) ed una delle azioni ritenute più efficaci è la lettura di libri di storie ai bambini sin dalla prima infanzia.Possiamo dare  libri ai genitori e spiegare loro l’importanza di leggerli ma  nei nuclei dove si concentrano disagio economico, sociale e culturale non è difficile immaginare che molti genitori saranno poco ricettivi, quindi bisogna trovare le modalità comunicative adatte; inoltre non basta  convincere i genitori in astratto, essi devono poi mettere in atto una routine regolare; la lettura diventa un rituale piacevole ed arricchente solo se spieghiamo ai genitori anche come leggere efficacemente ; la scelta dei libri poi dev’essere  tarata molto bene: se il livello di vocabolario è un po’ troppo  complesso, genitori e bambini possono scoraggiarsi o annoiarsi, mentre se è troppo semplice l’apprendimento è limitato; bisogna adattare efficacemente l’intervento alle famiglie straniere. Occorre capire che un intervento non ha funzionato valutandone l’efficacia ma non       come mera rendicontazione.  I bandi sulla poverta’ educativa oggi hanno innovato positivamente  richiedendo che i progetti contenessero valutazioni d’impatto sperimentali o quasi – sperimentali come già da tempo succede in altri Paesi.E’auspicabile, pertanto, pensare ad azioni formative su questa metodologia. Per tutelare la famiglia nelle sue caratteristiche uniche, occorre  però considerarla come una risorsa. Chi si fa carico  del compito educativo insieme alla famiglia, e non al posto della famiglia, dovrebbe cioè conservare uno sguardo che non veda solo i deficit della famiglia, ma anche le sue numerose potenzialità.

Allegato 1

Alcuni dati tratti da uno dei più recenti rapporti Istat sulla povertà minorile. Secondo i dati Istat sale a un milione e 292mila il numero dei minori poveri, segnando un +14% rispetto all’anno precedente. Per Raffaella Milano «una vera emergenza». Quadruplicate le famiglie con figli minori in povertà assoluta

Sono sempre di più i bambini in povertà assoluta

Un dato impressionante che Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, commentando il rapporto sulla povertà in Italia nel 2016 diffuso oggi da Istat definisce un’emergenza. «I dati lo confermano: la povertà dei bambini è una vera emergenza e come tale va affrontata, con interventi diretti, coraggiosi e urgenti».Secondo l’Istat infatti, sono saliti a 1 milione e 292mila i bambini che vivono in condizione di povertà assoluta, pari a 1 minore su 8. Sono 161mila in più (+14%) rispetto all’anno precedente. Aumenta anche l’incidenza del numero dei minori in povertà assoluta sul totale della popolazione che versa in stato di indigenza, passando dal 10,9% del 2015 al 12,5% del 2016. Anche le famiglie con figli minori in povertà assoluta sono quadruplicate: la loro incidenza sul totale delle persone colpite da povertà assoluta è passata, dal 2007 al 2016, dal 2,4% al 9,9%. Il peggioramento della situazione economica colpisce in maniera più estesa anche i minori che sono in povertà relativa: sono 2 milioni e 297 mila nel 2016 e rappresentano il 22,3% della popolazione in questa condizione (nel 2015 erano il 20,2%). «È inaccettabile che in un Paese come l’Italia cresca di anno in anno il numero dei minori in condizione di povertà assoluta, un milione e 292mila bambini e adolescenti ai quali manca l’indispensabile per condurre una vita dignitosa. Sappiamo che la povertà minorile tocca tutte le dimensioni della crescita e ha conseguenze lungo il corso di tutta la vita, a partire dalla povertà educativa, difficilmente recuperabile negli anni», ha aggiunto Milano. «Facciamo appello al Parlamento affinché nella formulazione dei decreti attuativi ora in esame, la lotta alla povertà minorile sia tenuta nella massima considerazione e siano presi provvedimenti specifici e urgenti per contrastare questo fenomeno.

                                                                                  Primo rapporto Istat  sulla povertà educativa minorile in Italia.

Nel primo rapporto, relativo a febbraio 2018, i dati aggregati fanno emergere due tendenze, ampiamente prevedibili: la spaccatura Nord-Sud in termini di servizi per minori e giovani, e una minore copertura della domanda potenziale nelle aree montane. La novità di poter utilizzare una banca dati comunale sui servizi rivolti ai i minori permette di individuare anche realtà territoriali che vanno meglio di quanto fosse ragionevole attendersi leggendo i dati aggregati, come avviene ad esempio per alcuni comuni montani del ragusano rispetto alla presenza di asili nido.Questi focus territoriali possono servire da base per ulteriori analisi approfondite, anche centrate su specifici casi studio.  Non eliminano però il dato saliente di una maggiore carenza in alcune aree del Paese, prevalentemente collocate nel Mezzogiorno, e che coinvolge sia le città maggiori sia i comuni più piccoli. Nell’analisi svolta, sono soprattutto i comuni delle province calabresi e campane a ricorrere con maggiore frequenza come “meno coperti” lungo le diverse dimensioni selezionate, dalla presenza dei servizi per la prima infanzia alla dotazione delle scuole. Ciò detto, i dati emersi e i focus individuati nel corso di questo report non vanno intesi come punti di arrivo esclusivi dell’analisi; piuttosto costituiscono un primo tentativo di applicare un metodo per leggere i dati a disposizione.

LE CITTÀ ITALIANE CON PIÙ MINORI

I minori tra 0 e 2 anni in Italia sono circa 1,5 milioni, ovvero il 2,5% dell’intera popolazione. A livello comunale, la più alta presenza di bambini sotto i tre anni si registra nelle 3 grandi città del Sud: Palermo (2,8%), Catania (2,76%), Napoli (2,65%), seguite dalle altre 3 città italiane più popolose: Milano (2,6%), Roma (2,58%) e Torino (2,5%).La prevalenza di minori nei comuni meridionali è ancora più marcata se si osservano i comuni di medie dimensioni (tra 20 e 50 mila abitanti). Tra questi la massima percentuale di bambini tra 0 e 2 anni si raggiunge a Orta di Atella (nel casertano, quasi 5%), Fonte Nuova (Roma, 3,66%), Villabate (Palermo, 3,64%), Misterbianco e Belpasso (entrambi in provincia di Catania, 3,5%), Volla e Villaricca (provincia di Napoli, 3,5%). Al contrario sono ultimi 3 comuni sardi, Iglesias (1,79%), Carbonia (1,73%), Oristano (1,66%) e Comacchio (nel ferrarese, 1,81%).I minori tra 6 e 17 anni in Italia sono oltre 6,8 milioni, ovvero oltre l’11% dell’intera popolazione. Tra le città maggiori (con più di 250 mila abitanti), le prime quattro posizioni per numero di abitanti tra i 6 e i 17 anni sono quattro centri del Sud: Napoli (circa il 13%), Catania e Palermo (12% circa) e Bari (10,8%). Tra i centri di medie dimensioni (tra 20 e 50mila abitanti), la prevalenza delle realtà campane è schiacciante: i primi 11 comuni per quota di popolazione 6-17 anni appartengono esclusivamente alle province di Napoli e Caserta con in testa Melito di Napoli (oltre il 17%), Orta di Atella, Casal di Principe, Caivano, Cardito, Volla (tutte sopra il 16%).

I SERVIZI ALL’INFANZIA

La UE con l’Obiettivo di Lisbona ha fissato al 33% la copertura della popolazione europea che dovrebbe essere raggiunta dai servizi alla prima infanzia. L’Italia si attesta in media al 22%, ma i dati aggregati a livello regionale mostrano una minore offerta di servizi da parte delle regioni meridionali. La disaggregazione regionale rischia però di occultare situazioni di carattere locale molto diversificate e anomale (in positivo o in negativo) rispetto al contesto in cui sono collocate. I comuni montani, ad esempio, sono quelli tendenzialmente più svantaggiati, ma il rapporto mette in evidenza delle sostanziali differenze: il territorio di Prato svetta con il 51% di copertura di servizi alla prima infanzia, ma anche i comuni montani di una provincia meridionale come Ragusa (35%) hanno una performance superiore sia al dato medio nazionale sia agli obiettivi europei. Parallelamente si evidenzia come i comuni totalmente montani nelle province di Foggia, Caltanissetta, Siracusa e Reggio Calabria presentano invece una percentuale di copertura pari allo 0%. Il livello di offerta è inferiore nei comuni a basso reddito, così come nei comuni rurali e in quelli montani, nonché in intere aree del Mezzogiorno, a partire dalle città maggiori, proprio nelle aree caratterizzate da maggiore utenza potenziale.

BIBLIOTECHE COMUNALI E PALESTRE SCOLASTICHE

A livello regionale sono le due regioni più piccole, Valle d’Aosta e Molise, a mostrare il rapporto maggiore tra presenza di biblioteche e numero di minori sopra i 6 anni. Tra le regioni sopra i 3 milioni di abitanti, il Piemonte è la prima per presenza di biblioteche rispetto alla popolazione nella fascia d’età considerata, dato che trova conferma anche a livello locale. La Puglia si trova invece all’ultimo posto, con Bari e Taranto terzultima e penultima nella classifica a livello comunale.Piemonte, Friuli e Toscana sono le regioni con la più alta percentuale di alunni che frequentano scuole dove è presente almeno una palestra. Questo dato si riflette nelle performance dei singoli comuni, a partire dalle città maggiori. Nei comuni di Torino, Firenze e Prato, ad esempio, la quota supera anche largamente l’80%.Nel caso del Piemonte, la presenza è significativamente alta non solo nel capoluogo, ma anche nei comuni montani intorno ad esso, dove la percentuale raggiunge il 61%. Oltre a questi casi, emergono singole situazioni con maggiore copertura anche in contesti diversi da quelli citati, in particolare nel Mezzogiorno.Il comune di Bari è secondo solo a Torino tra le maggiori città urbanizzate, e lo stesso vale per i comuni montani della provincia di Potenza.

 Piemonte, Friuli e Toscana registrano la più alta percentuale di studenti che frequentano scuole dove è presente almeno una palestra, mentre gli istituti scolastici di Calabria e Campania risultano quelli meno attrezzati per lo sport. Sono alcuni dati del report dell’impresa sociale Con i Bambini Povertà educativa. Servizi per l’infanzia e i minori, una fotografia sui servizi per i minori nel nostro Paese basata su banche dati comunali che permette di ricostruire un quadro sulla povertà educativa minorile nei singoli territori.
Il report si sofferma su quattro ambiti tematici: la presenza di asili nido e servizi per la prima infanzia; la diffusione delle biblioteche; la presenza di palestre nelle scuole; la sicurezza e la raggiungibilità degli istituti scolastici. «I dati aggregati – si spiega nell’indagine – fanno emergere due tendenze, ampiamente prevedibili: la spaccatura Nord-Sud in termini di servizi per minori e giovani, e una minore copertura della domanda potenziale nelle aree montane.

 La novità di poter utilizzare una banca dati comunale sui servizi rivolti ai i minori permette di individuare anche realtà territoriali che vanno meglio di quanto fosse ragionevole attendersi leggendo i dati aggregati, come avviene ad esempio per alcuni comuni montani del ragusano rispetto alla presenza di asili nido».
Per quanto riguarda i servizi per la prima infanzia, l’elemento dominante è la carenza del servizio al Sud, nelle aree che potenzialmente avrebbero l’utenza più ampia. La disaggregazione regionale rischia però di occultare situazioni di carattere locale molto diversificate e anomale (in positivo o in negativo) rispetto al contesto in cui sono collocate. I comuni montani della provincia di Ragusa, ad esempio, hanno una performance superiore (35%) sia al dato medio nazionale sia agli obiettivi europei.
Secondo i dati relativi alla diffusione di biblioteche comunali, le regioni che mostrano il rapporto maggiore tra presenza di biblioteche e numero di minori sopra i 6 anni sono la Valle d’Aosta e il Molise. Tra le regioni sopra i 3 milioni di abitanti, il Piemonte è la prima per presenza di biblioteche rispetto alla popolazione nella fascia d’età considerata, dato che trova conferma anche a livello locale. La Puglia si trova invece all’ultimo posto, con Bari e Taranto terzultima e penultima nella classifica a livello comunale.
Altri dati rivelano che le scuole calabresi e campane sono, insieme a quelle siciliane, le meno raggiungibili con mezzi pubblici come scuolabus, trasporto pubblico urbano e interurbano.

ALLEGATO 2

                                                       PRESENTATA A ROMA LA RICERCA SU POVERTÀ MINORILE ED EDUCATIVA

Focus su dinamiche socio-economiche, politiche di contrasto ed esperienze sul campo in Europa, Italia e Mezzogiorno

  • In UE sono circa 25 mln i bambini a rischio povertà o esclusione sociale.
  • In Italia quasi 1,3 milioni di minori vivono in condizioni di povertà assoluta e quasi 2,3 mln sono in situazioni di povertà relativa1.
  • Nel Mezzogiorno circa 500 mila minori vivono in condizioni di povertà assoluta e 1,2 milioni sono in situazioni di povertà relativa (rispettivamente il 39% e il 52% del totale nazionale). Un minore su due in povertà relativa vive al Sud.
  • Poco più di un europeo su 10 tra i 18 e i 24 anni (il 10,8%) non consegue il diploma di scuola superiore e lascia prematuramente ogni percorso di formazione (early school leavers), percentuale che sale al 13,8% per l’Italia e al 18,4% per il Mezzogiorno.
  • In Italia i NEET (Not in Education, Employment or Training) sono oltre 3,2 mln, (il 26% della fascia dei giovani tra i 15 e i 34 anni); nel Mezzogiorno sono 1,8 mln, oltre la metà del totale nazionale.
  • Nel solo 2016, le Fondazioni di origine bancaria hanno erogato oltre 413 milioni di euro per il welfare ed il contrasto alla povertà (circa il 40% del totale delle loro donazioni, pari ad oltre 1 miliardo di euro). Sostenendo più di 5.500 interventi destinati a giovani e altri soggetti deboli, per migliorare la loro vita e favorire la crescita di comunità coese e solidali.

Roma, 27 febbraio 2018 – Si è svolta oggi, presso la sede della Fondazione CON IL SUD, la presentazione della ricerca “La povertà minorile ed educativa. Dinamiche territoriali, politiche di contrasto, esperienze sul campo”, realizzata da SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) con il supporto di Fondazione Banco di Napoli e Compagnia di San Paolo.

Il convegno – come la ricerca – ha avuto l’obiettivo di illustrare il quadro statistico-economico della relazione tra povertà minorile e povertà educativa a livello europeo, 2 nazionale e del Mezzogiorno in particolare. Essere poveri sul versante materiale aumenta infatti il rischio di essere poveri dal punto di vista educativo e di conseguenza una bassa istruzione implica una maggiore difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro. Ulteriore obiettivo è stato quello di tracciare un quadro delle politiche pubbliche e degli interventi per contrastare il rischio di povertà dei minori mediante l’approfondimento dei principi generali, degli obiettivi assunti e degli strumenti utilizzati a livello comunitario e nazionale. La ricerca ha poi avuto l’ulteriore obiettivo di riportare alcuni esempi di esperienze, iniziative e progetti che sono nati nel nostro Paese, proponendo anche un confronto con esperienze estere. Oggetto del dibattito – e della ricerca – sono state quindi le azioni messe in campo, sul fronte del primo e del secondo welfare per una reale rigenerazione sociale e formativa dei nostri territori, al fine di ridurre il perpetuarsi di generazione in generazione di uno svantaggio costoso non solo per gli individui, ma anche per la società nel suo complesso. In particolare, le Fondazioni di origine bancaria negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più importante nella tutela di chi si trova in situazioni di fragilità e indigenza. Un contributo rilevante soprattutto se si considera quanto avvenuto sul fronte del contrasto alla povertà educativa. Ne hanno discusso, tra gli altri, Carlo Borgomeo, Presidente Impresa sociale “Con i Bambini”, Marco Musella, Direttore Dipartimento Scienze Politiche, Università Federico II e Vice Presidente Fondazione Banco di Napoli, Francesco Profumo, Presidente Compagnia di San Paolo e Giorgio Righetti, Direttore Generale ACRI.

 

SCUOLE SICURE E RAGGIUNGIBILI

A livello nazionale circa il 73% degli istituti-si trova in zone con qualche rischio sismico; si collocano al di sotto di tale media Veneto, Puglia, Lombardia, Piemonte e Sardegna. Sulla base dei dati a disposizione, la situazione della Basilicata appare come quella che presenta il più alto numero di alunni (quasi il 40%) in zone ad elevato grado di sismicità rispetto a quelli in scuole antisismiche.Per quanto riguarda il trasporto con scuolabus, le regioni dove gli istituti presentano la maggiore raggiungibilità per gli studenti sono la Basilicata, le Marche e l’Abruzzo, mentre agli ultimi posti troviamo Lazio, Campania e Calabria. Rispetto al trasporto pubblico urbano, le regioni dove le scuole sono maggiormente raggiungibili da parte degli alunni Liguria, Basilicata e Abruzzo; con Sicilia, Campania e Calabria in fondo alla classifica. In fatto di trasporto pubblico interurbano, si trovano ai vertici per raggiungibilità le scuole abruzzesi, quelle della Basilicata e quelle del Piemonte, mentre agli ultimi posti troviamo Sicilia, Campania e Calabria. A prescindere dal mezzo di trasporto pubblico scelto, in Basilicata e Abruzzo compaiono sempre ai vertici. In entrambe le regioni, oltre il 70% degli alunni possono raggiungere la propria scuola con il trasporto interurbano, e oltre l’80% con i mezzi pubblici urbani.Dai dati Miur la mobilità per gli studenti risulta maggiormente carente in Calabria e Campania. Per questa ragione l’analisi è stata circoscritta alle due regioni meridionali, in particolare alle singole province e ai suoi capoluoghi. Il quadro che emerge una scarsa raggiungibilità delle scuole attraverso i mezzi pubblici urbani e interurbani, soprattutto per la provincia calabrese di Crotone. I dati sui capoluoghi confermano tale tendenza.A partire dalle scuole: quelle di Calabria e Campania sono, insieme a quelle siciliane, le meno raggiungibili con mezzi pubblici quali scuolabus, trasporto pubblico urbano e interurbano. Le scuole calabresi e campane risultano anche quelle meno attrezzate per lo sport, essendo più bassa la percentuale di alunni che frequentano istituti con palestra. Tale carenza peraltro riguarda anche realtà urbanizzate del nord, come le città metropolitane di Milano e Venezia. Dal punto di vista della sismicità, l’analisi con i da- resi disponibili dal Miur ha fatto emergere situazioni di potenziale rischio in determina- comuni della Basilicata.

 

 NOTE :  1 Per “povertà assoluta” si fa riferimento all’idea della semplice sopravvivenza o a quella di un livello di vita minimo accettabile. La povertà relativa invece è correlata agli standard di vita prevalenti all’interno di una data comunità e comprende i bisogni che vanno al di là della semplice sopravvivenza.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Primo report sulla povertà educativa – Con i bambini
  • conibambini.org
  • “CON I BAMBINI” – Il tempo della non scuola-
  • “Primo rapporto sulla povertà educativa minorile in Italia”
  • confinionline.it
  • Infanzia: negli ultimi 10 anni triplicata in Italia la percentuale di minori in povertà assoluta e raddoppiata quella di minori in povertà relativa –
  • savethechildren.it
  • it Povertà
  • La povertà in Italia
  • istat.it

dott.ssa Doriana Doro

Vice presidente ANS PIEMONTE


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