LE EMOZIONI E LE PRINCIPALI TEORIE

      

ALESSANDRO SAVYIl termine emozione deriva dal latino “ex-moveo” che significa “muovere fuori” uscire, sgorgare, è un segnale d’azione, è un provare sensazioni intense e sentire di essere vivi. L’etimologia della parola richiama quindi un movimento che da “dentro” va verso “fuori”, non si riferisce solo ai processi cerebrali.Il Dictionnaire di de Furetière (1690), uno dei primi dizionari della lingua francese, alla voce emozione afferma che: «l’emozione è: movimento straordinario che agita il corpo e lo spirito, e che ne turba il temperamento o l’equilibrio», vale a dire che : gli stati emotivi si configurano come reazioni ad eventi, piacevoli o meno, con valore adattivo, fondamentali per la sopravvivenza; si generano nella mente come prodotto del flusso di pensieri che essa contiene e sono energia che si estende per tutto il corpo e fuori da questo. Costituiscono pertanto una componente molto importante della vita umana, sono patrimonio di tutti e fanno parte della vita quotidiana.

Ed ancora, nella definizione dello Zingarelli si legge: “emozióne [fr. émotion, da émovoir „mettere in moto, eccitare‟ (poi solo in senso morale), dal lat. parl. exmovēre, parallelo di emovēre „muover (movēre) via (ex-)‟], s.f. Sentimento molto intenso, come paura, gioia, angoscia e sim., che può provocare alterazioni psichiche e fisiologiche; arrossire per l’emozione.Numerosissimi studi sulla mente pongono l’accento sul pensiero, sul ragionamento, sull’intelletto, lasciando in qualche modo in disparte le emozioni, escludendole. “Ma una mente senza emozioni non è affatto una mente, è solo un’anima di ghiaccio: una creatura fredda, inerte, priva di desideri, di paure, di affanni, di dolori o di piaceri.” (1)

È possibile distinguere alcune emozioni di base, quali tristezza, rabbia, paura, gioia, sorpresa, interesse e disgusto le quali combinandosi e sfumandosi l’una nell’altra danno origine a sentimenti più complessi, come vergogna, imbarazzo, orgoglio, delusione, disprezzo. Come già ho scritto sopra nel testo l’emozione implica un movimento e quindi un cambiamento rispetto ad uno stato di immobilità iniziale. Per quanto concerne la provenienza delle nostre emozioni, queste ultime iniziarono ad essere battute nel 1884, con la pubblicazione dell’articolo di William James “What is an Emotion?

Le principali teorie sulle emozioni

Una teoria di notevole importanza espressa nel Principles è la “Teoria periferica delle emozioni” (periferica in quanto legata al sistema nervoso periferico). Con questa teorizzazione, James capovolge l’idea comune secondo cui alla percezione di uno stimolo segue un’emozione, tipica del comportamentismo, che è anche accompagnata da manifestazioni a livello somatico; James sostiene al contrario che la manifestazione somatica precede l’emozione, la quale successivamente viene riconosciuta a livello “cognitivo”. Lo studioso James ritiene che in presenza di uno stimolo ambientale emotivamente rilevante, prima avvenga l’attivazione fisiologica e l’individuo solo dopo aver percepito questo cambiamento prova l’emozione corrispondente.  Se si prende per esempio, in considerazione l’emozione associata alla paura, in base alla dottrina di James essa si manifesterebbe attraverso il respiro affannoso, il tremolio delle gambe, il battito cardiaco accelerato. Concludendo: se si sorride si prova gioia, se si stringono i pugni si prova rabbia.

Per circa trent’anni la teoria periferica delle emozioni ha combattuto contro le perplessità e le obiezioni mosse dagli studiosi del tempo. Il modello sarà successivamente modificato, nel 1927, da Walter Cannon, il quale contrappose alla teoria di James-Lange la cosiddetta teoria centrale delle emozioni, denominata di “Cannon-Bard”. Ritenendo che fosse necessario revisionare la teoria di James-Lange alla luce delle nuove conoscenze fisiologiche, Cannon definì la sua teoria partendo dal presupposto che l’organismo compie una serie di attività con l’obiettivo primario del mantenimento dell’omeostasi, cioè di quello stato interno psicofisiologico di equilibrio che può essere raggiunto quando le energie in entrata e quelle in uscita risultano in pareggio. L’emozione diviene quindi il risultato di un’operazione cognitiva.

La qualità peculiare di un’emozione si aggiunge alla semplice sensazione quando vengono attivati i processi talamici (Walter B. Cannon, 1929). Successivamente si susseguiranno una serie di studiosi improtanti ad apportare il proprio contributo e il personale punto di vista sull’argomento: da Richard Lazarus, che presentò la cosiddetta  teoria sulla causalità circolare delle emozioni e studiò la tipologia di valutazione che le persone operano nei confronti degli eventi stressanti, a N.H. Frijda, che considerava l’esperienza emozionale come output di un intero processo e interpretava la differenziazione fra emozioni come derivato di valutazioni cognitive specifiche; da Leventhal e Scherer che in qualche modo hanno  tentano di integrare le teorie cognitive con quelle periferiche proponendo in tal senso una teoria costruttivista delle emozioni, intese come risposte comportamentali complesse dipendenti dall’attività di un sistema di processo, organizzato su tre livelli gerarchici, che fa riferimento a più componenti, a Cacioppo, Berntson e Klein, con la loro teoria delle illusioni viscerali del 1992, ed altri. Dalle teorie psicofisiologiche, alle teorie cognitive, a quelle fenomenologiche, il percorso è costellato di voci importanti e opinioni in continua evoluzione, che non ci permette di trattare in modo esaustivo la complessità delle molteplici teorie che si aggirano attorno al concetto di “ Emozione”.

[1] J. LeDoux, Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni,

Baldini Castaldi Dalai Editore, Milano 2003.

ALESSANDRO SAVY   sociologo

 

 


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio