Croce ed Einaudi: Essere liberali senza essere liberisti
di Antonino Calabrese
Sommario
La crisi liberale spinge a ripensare il sistema socio-politico attuale, al fine di cogliere gli aspetti più problematici e fornire possibili soluzioni. Sganciare il liberismo dal liberalismo rappresenta una mediazione attuabile per poter anteporre dei limiti ai deficit sistemici di tipo economico e rimettere al centro della politica la persona, evitando così lo sfociare dei vari fondamentalismi e il rievocare di visioni reazionarie.
Abstact
The liberal crisis brings us to rethink the current socio-political system, in order to capture the most problematic aspects by providing the possible solutions. Undermining economic liberalism from liberalism represents a viable mediation in order to put limits on the systemic economic deficits, for putting the person back at the center of the politics. So by this way it’s possible to avoid the emergence of various fundamentalisms and the re-evoking of reactionary visions.
Parole chiavi
Liberalismo, Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Crisi sociale, Società
Keywords
Liberalism, Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Social crisis, Society
All’interno di uno Stato Liberale i soggetti sono liberi di condurre una vita etica e spirituale autonoma. Lo Stato Liberale è per definizione uno Stato non-etico, in quanto rifiuta l’imposizione statale di leggi fondate su principi filosofici o religiosi differenti da quelli dell’autonomia individuale.
Si tratta di una dottrina politica ed economica che tende a ricalcare la libertà umana come fondamento epistemologico, in opposizione alla visione medievale del mondo, vincolato alla sacralità e ai principi metafisici/religiosi, nonché all’assolutismo politico sovente caratterizzato da soprusi di potere.
Tra le premesse ideologiche del liberalismo, vi sono da annoverare: a) la Riforma Protestante che – avanzando il “libero esame” dei libri sacri – ha posto in discussione l’intero ordine gerarchico in ambito religioso, attribuendo all’individuo una maggiore maturità, coscienza e responsabilità; b) il movimento razionalistico tout court che, non ricercando più la verità nella fede, ma nell’esaltazione della ragione, ha laicizzato la società; c) il giusnaturalismo che, affermando l’esistenza di diritti immutabili, inalienabili e universali, ha promosso il primato dell’individuo e l’uguaglianza dinnanzi alla legge.
Nei primi anni del Novecento, in Italia vi è stata un’aspra polemica tra Croce ed Einaudi relativa alla possibilità di essere liberali senza essere liberisti: sostenere la tradizione liberale mettendo in secondo piano il ruolo della libertà di mercato. Croce pospone l’economia alla politica e all’etica, concependo la libertà economica come subordinata alla più vasta libertà di spirito. Diversamente, Einaudi sostiene che non vi possa esistere libertà in assenza di libertà economica, poiché controllando i mezzi di produzione e di distribuzione della ricchezza, si finisce per controllare gli scopi degli individui, negando loro la libertà – idea condivisa dai liberali classici. Tale posizione sembra però essere respinta dagli andamenti del pattern socio-politico attuale, ove i bisogni della popolazione e gli atteggiamenti economici sono per lo più indotti da processi di semiosi mediale.
Il mondo post-moderno è oramai definito come liquido ed individualista, tuttavia non manca il dissenso di taluni pensatori che aspirano ancora ad una società “chiusa”, caratterizzata dalla sacralizzazione della tradizione vista come una guida, nonché dall’autarchia e dal misoneismo, ossia l’odio verso il nuovo. La traduzione di una nuova mediazione simbolica è dunque necessaria nello scenario attuale, oramai contraddistinto dalla semantica passatista della reazione. Ad oggi la vittoria liberale equivale all’affermazione della società aperta con la sconfitta di quella chiusa, quantunque non senza controversie.
La relativa scarsità dei beni economici fa sorgere la problematica della loro distribuzione, in quanto il singolo tende ad accumulare egoisticamente i beni economici per sé, distribuendoli poco e in modo diseguale.
Compito dello Stato è quello di stabilire se e come sia possibile consentire all’uomo tale libertà. Emerge dunque il dilemma se, quando, come e in che misura essere liberisti.
A differenza di Einaudi, Croce afferma altresì che il liberismo non si pone come necessario al liberalismo: invero, le nazioni scandinave sono molto liberali ma assai poco liberiste, in quanto lo stato interviene notevolmente negli affari economici.
Principi quali libero mercato, concorrenza, libera circolazione di gente e merci, nonché la ridotta rilevanza e sovranità dei singoli stati in favore degli organismi sovranazionali, la tolleranza e l’apertura sembrano uscire sconfitti dalla recente ascesa al potere del no global Donald Trump negli Stati Uniti e dal referendum sulla Brexit nel Regno Unito. La globalizzazione è oramai ritenuta una beffa in diversi paesi, tra i quali le Filippine di Rodrigo Duerte, l’Ungheria di Viktor Orbàn, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, nonché la Russia con i suoi cyber-attacchi o la sempre ambigua posizione della Repubblica Popolare Cinese.
In Italia la vittoria dei populismi appare essere un altro elemento a favore del crollo delle sicurezze liberali, ormai traballanti e passibili di revisione.
L’ambito privato-soggettivistico è in tensione con le teorie collettiviste che oggi riemergono sotto una nuova luce. La dilatazione del gap sostanziale tra libertà politica e diseguaglianza economica è divenuta icastica.
Centrale è la funzione del welfare state e la ridiscussione del ruolo dei mercati troppo spesso sbilanciati su fogge speculative, i quali riorganizzano la scala dei valori trans-comunitari facendo assurgere il denaro e la tecnica a nuovi soggetti della storia come sostitutivi reificati. E’ necessario dunque creare un nuovo panorama tratteggiato da innesti interdisciplinari, al fine di emendare lo scivolamento masochistico di un’antropologia data troppo per scontata e che le nuove scienze cognitive contribuiscono a ri-delineare.
Riferimenti bibliografici
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