EMERGENZA RIFIUTI, QUANDO UNA COMUNITA’ RITORNA AL TEMPO DELL’ANARCHIA
I giornali locali continuano, giustamente, a fotografare la realtà cittadina sulla questione rifiuti che è diventata un brutto biglietto da visita di un territorio che dello sviluppo turistico ha fatto una delle sue più grandi utopie. Il problema impone un’analisi, impietosa quanto indispensabile per pensare seriamente al futuro, sull’attuale momento che vive la più grande città della Calabria. I cambiamenti epocali della società -mondo, nel medio periodo, provocano sempre ripercussioni all’interno delle comunità locali. Anche negative, soprattutto in quelle aree alle prese con il sottosviluppo, la disoccupazione, le nuove povertà, sommati agli altri grandi mali sociali. L’emergenza rifiuti dimostra come Reggio Calabria abbia smarrito quel senso di comunità che aveva faticosamente acquisito per effetto della “Primavera” nata durante la permanenza a palazzo san Giorgio del prof. Italo Falcomatà, il sindaco- pedagogo. In quella stagione del riscatto, l’immagine di questa comunità dovette fare i conti anche con la grave emergenza rifiuti provocata sia dalla precarietà del sistema di raccolta sia dall’inciviltà dei cittadini. Anche i primi vagiti della “Primavera di Reggio”, che seguiva gli anni dell’anarchia post Rivolta del ’70 e la ferocia della guerra di ‘ndrangheta che ha lasciato in eredità larghi strati di mentalità mafiosa, furono contrassegnati dall’inciviltà, dal vandalismo, che deturparono l’immagine della comunità del versante calabrese dello Stretto.Da quell’emergenza si uscì grazie al patto collaborativo che vide protagonisti l’Amministrazione comunale, le forze sociali, imprenditoriali, professionali del territorio e, soprattutto, la buona volontà dei cittadiniMa l’errore di sentirsi appagati dal raggiungimento di quel grande risultato, oggi quasi azzerato, non è stato denunciato da nessuno, forse, per presunzione che nessuna causa avrebbe mai rallentato e/o bloccato quella favola di civiltà durata tre lustri.
L’esame comparativo dei due periodi storici, ancorché temporaneamente lontani, ci pone di fronte agli stessi problemi di fondo: la precarietà del servizio (l’esempio di oggi è Bocale, rione pilota della raccolta differenziata, che aveva raggiunto standard svizzeri e dove, negli ultimi mesi, lo svuotamento dei mastelli avviene con tre giorni di ritardo) e, ovviamente, l’inciviltà di molti di cittadini che, forse, fanno parte del folto gruppo di evasori del tributo sui rifiuti.Poi il ritorno agli anni bui della seconda metà del Secolo breve in un viaggio privo di lungimiranza, realismo e, soprattutto, di un’azione pedagogica conservativa degli standard di civiltà acquisiti e di un progetto di cultura ambientale in grado di fare breccia in larghi strati della popolazione, in particolare giovanile. Una strategia in grado promuovere un nuovo protagonismo delle scuole: oramai inflazionate dalle stantie narrazioni che sono funzionali alla cultura dell’apparire di presidi, professori, associazionismi dai rituali florovivaistici, ballanti e stornellanti. La scuola deve recuperare il suo vero ruolo culturale rispetto ai cambiamenti epocali che ci stanno portando verso una società post umana.Un ritorno alla civiltà passa anche attraverso la comunicazione istituzionale e il cambiamento dei paradigmi del linguaggio politico. Tutti i rappresentanti di partiti e movimenti, di maggioranza come d’opposizione, si dicono innamorati della loro città, salvo poi litigare su tutto: dal modo di affrontare i problemi alle soluzioni indicate per superare certe emergenze.
Come nel caso in questione. Un linguaggio che provoca ondate di odio nei confronti delle vecchie élite politico- governative da parte dei cittadini che, sentendosi traditi, si lasciano ammaliare da movimenti populisti e sovranisti. Per ultimo, ma non certo per minore importanza, una breve considerazione sulla comunicazione istituzionale, schiacciata su chi amministra come se i proclami della politica dominante fossero dei dogmi a cui, pena la scomunica, si deve assoluta ed incondizionata obbedienza. La comunicazione istituzionale non può viaggiare a senso unico senza tenere conto del feedback che aiuta la decodifica dei messaggi pulendoli da distorsioni e manipolazioni.
Antonio Latella
presidente nazionale