VIOLENZA SESSUALE, L’INCAPACITÀ DI GUARDARE OLTRE LA CRONACA

LATELLA 14 GENNAIO 2016L’incapacità di guardare oltre la cronaca.  Le reazioni ai fatti di Melito Porto Salvo confermano l’inadeguatezza culturale di una società che rimane ancorata ai tabù della civiltà contadina. E quando la violenza di vario genere, attraverso i mezzi dell’informazione, giunge al cospetto dell’opinione pubblica, provoca l’effetto bulimico che ci spinge a scavare nel cuore della notizia per apprendere anche i particolari più insignificanti di un fatto di cronaca. E in un mondo che si globalizza e cambia continuamente velocità, la società, sempre più ingorda di fatti negativi, non trova il tempo per studiare i correttivi in grado di cambiare i nostri retaggi culturali. E’ vero, nel caso in questione, le reazioni non sono mancate ma, nella quasi totalità, la proposta di iniziative non sembra essere andata al di là della vanità ciarliera.Le ipotesi delle manifestazioni di piazza, delle fiaccolate, di trovate estemporanee di vario genere, che la storia ha catalogato come risposte fallimentari rispetto alla disgregazione delle nostre comunità, non servono a nulla. Maledetto presenzialismo di chi sul dolore altrui si guadagna la cittadinanza nel variegato mondo dell’informazione.

Tutte le proposte fatte in questi giorni sono valide e tutte rispettabili e, per quanto mi riguarda, rispettate. Ha fatto bene chi ha proposto iniziative legislative mirare alla prevenzione di tali episodi e, di conseguenza, di aiuto alle vittime, oppure la costituzione di parte civile nei processi a carico degli autori delle violenze sessuali. Nella gerarchia di tali proposte, però, la più efficace appare quella formulata dall’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova, il quale ha toccato un tema vecchio quanto attuale: “Episodi come questi – afferma monsignor Giuseppe Fiorini Morosini – suscitano una riflessione di carattere più generale: come viene intesa la sessualità nella società di oggi?”  Una riflessione che dovrà essere estesa ad altri mali sociali di cui soffre il territorio: come l’omertà che, nei fatti di Melito, ha agevolato la violenza subita della studentessa e coperto l’attività del branco. Se queste cose, che hanno caratterizzato gran parte del nostro passato, continuano ad essere protagoniste nella postmodernità vuol dire che sul percorso di emancipazione socio- culturale ci sono state delle défaillance pedagogiche da parte della famiglia, della scuola, della Chiesa, dell’associazionismo laico o confessionale e, ovviamente, dello Stato.

 images violenza sulle donne 2 La famiglia tecnologia ha perso gli antichi valori di convivenza, di solidarietà, di gerarchizzazione dei ruoli, dunque di autorità, che per secoli sono stati la cinghia di trasmissione   per il funzionamento della società. E quando la famiglia si disgrega (a causa di divorzi, separazioni, mancata responsabilità dei coniugi nei confronti della prole, per problemi giudiziari del capo famiglia) anche quel poco di tolleranza residua scompare creando un assoluto stato di incomunicabilità. Succede che le parti più deboli, in prevalenza i figli adolescenti, cercano all’esterno forme di affetto e di protezione che spesso si illudono di aver trovato ma che in realtà finiscono nelle grinfie di persone senza scrupoli.Amore, erotismo e sesso –  oggi impegnati in una guerra d’indipendenza-  sono collegati tra loro: impossibile darli e riceverli l’uno senza gli altri. Ai vecchi abusi si aggiungono quelli che caratterizzano gli usi postmoderni del sesso. L’erotismo impera e non sappiamo più cosa sia l’amore. Esso acquista e difende la propria indipendenza al punto da non essere più alleato né con l’amore e neanche con la riproduzione sessuale. Il prezzo che si paga oggi è l’indebolimento dei rapporti umani che continuano a perdere i valori dell’intimità, del pudore e dell’emotività. Le nuove aperture culturali riguardano anche il mondo omosessuale, maschile e femminile. La cultura sessuale non si acquisisce guardando i film porno, i siti internet, partecipando alle discussioni da bar e tra amici o  chattando sui siti, ma attraverso un paziente e delicato impegno delle agenzie educative. Iniziando dalle mura domestiche attraverso un nuovo dialogo tra genitori e figli, depurato dai retrogradi quanto convenzionali divieti usati come alibi per non affrontare l’argomento.

download violenza sulle donne 1La scuola, da parte sua, ha l’obbligo di emanciparsi, uscendo dall’arretratezza culturale ereditata dello stato confessionale e, spesso, da forme più o meno palesi di puritanesimo tipico delle società arcaiche che, di fronte a violenze del genere, si guardano bene dall’attuare qualsiasi forma di sanzione sociale. La stessa Chiesa – considerazione che, assolutamente, non deve essere intesa come risposta o polemica con il vescovo, filosofo e teologo Fiorini Morosini, del quale sono un sincero estimatore – attraverso la “Pastorale” per famiglia e i giovani deve abbandonare le tradizionali cautele ed affrontare le tematiche sessuali della postmodernità. C’è poi l’associazionismo culturale che non riesce a liberarsi dell’antica referenzialità per mettersi al servizio della società ed aiutare la crescita delle nuove generazioni che, a volte, non trovano stimoli giusti per diventare protagoniste del cambiamento. Gli stessi attori (famiglia, scuola, chiesa, associazionismo e, ovviamente, lo Stato) dovranno diventare gli artefici nella lotta all’omertà, alla corruzione, all’antistato e a tutte quelle forme di degenerazione che frenano lo sviluppo sociale, economico e culturale di un territorio che, proprio per queste radicate presenze, subisce la limitazione della democrazia e il restringimento degli spazi di partecipazione. violenza donne 3

A commentare i fatti di cronaca – relativi a mafia, violenza, femminicidi, stupri, pedofilia, bullismo – oggi troviamo legioni  i tuttologi: veri professionisti del presenzialismo e impeccabili  organizzatori (spesso con il contributo economico delle istituzioni pubbliche) di sfilate, infiorate, dibattiti, canti e balli, estensori di comunicati stampa. E dopo la coreografia e il clamore nulla. Anzi il vuoto.Lo Stato, infine, non può limitarsi alla sola repressione, che pure è indispensabile per fare osservare le leggi, ma programmare la realizzazione di infrastrutture produttive (non con interventi a pioggia o riproponendo le antiche forme di assistenzialismo, quanto con l’attuazione di politiche keynesiane) finalizzate al risanamento e allo sviluppo. Il Mezzogiorno e la Calabria in particolare da troppo tempo ormai sono alle prese con una sorta di interregno (inteso in senso gramsciano): il vecchio è morto da tempo ma il suo fantasma continua a regolare il funzionamento della società, impendendo cosi al nuovo di fermarsi a queste latitudini. Se la politica con le sue élite e le classi dirigenti nazionali e locali sono i maggiori responsabili di questo stato di cose, e pertanto condannabili dalla storia, i cittadini hanno  poche attenuanti per invocare l’assoluzione.

 Antonio Latella – giornalista e sociologo, presidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani


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