8 MARZO, LA VOCE DELLE DONNE
Celebrare le donne significa avere una voce per loro ma anche dar loro una voce.L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna e questa data viene celebrata ogni anno, in tutto il mondo, per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze di cui sono state, e sono ancora, oggetto. Nel 1975 l’ONU proclama l’”Anno Internazionale delle Donne” e, alla fine dello stesso anno, il “Decennio delle Nazioni Unite per le Donne: equità, sviluppo e pace”, riconoscendo il ruolo della donna negli sforzi di pace ed anche l’urgenza di porre fine ad ogni discriminazione nei suoi confronti, aumentando gli appoggi per una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita sociale e civile del proprio Paese.Sempre l’ONU, nel 1999, istituisce una “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, stabilendo che fosse celebrata il 25 novembre, a seguito di un fatto molto grave accaduto nella Repubblica Dominicana proprio il 25 novembre del 1960, quando le sorelle Mirabal furono sequestrate, torturate ed uccise perché considerate rivoluzionarie e contrarie alla dittatura di Rafael Leònidas.Due giornate, durante l’arco dell’anno, che avrebbero dovuto essere celebrative, durante le quali si sarebbe dovuto parlare dello stato delle cose in senso positivo, cioè a partire da presupposti difficili e tragici, fare il punto della situazione sugli sviluppi della questione femminile e trarre, di volta in volta, conclusioni basate sull’evoluzione delle cose.Invece noi siamo ancora qua a parlare di difficoltà e ad esprimere un forte disagio per le reiterate discriminazioni delle quali le donne rimangono le protagoniste assolute.Nonostante la storia dell’umanità sia costellata di silenzi al femminile, di soprusi, di violenze continue, ogni giorno che passa ci fermiamo ad osservare analizzare e tentare di comprendere il fenomeno della emarginazione di genere, percorrendo strade differenti, le più disparate, che però si rivelano spesso inutili e certamente non risolutive.
Ma come si fa a smettere di avere a cuore i problemi delle donne?La loro attitudine ad occuparsi contemporaneamente della famiglia, dei figli, del lavoro in casa e di quello fuori casa, per chi ce l’ha, le pone sempre al centro di un turbinio di cose da fare, di situazioni da organizzare, di tempi da rispettare, la maggior parte delle donne ha uno stile di vita che non incontra quasi mai il tempo per sé stesse e non conosce alcuna forma di relax, ma la cosa ancor più grave è che tutto questo non viene riconosciuto soprattutto da chi vive assieme a loro.Ed ancora, il trattamento che viene riservato ad una donna sul posto di lavoro, nella maggior parte dei casi, è pari all’emozione che provoca un film dell’orrore: per cominciare non si riesce a comprendere il motivo per cui, a parità di titoli di studio, di mansioni e di anzianità di servizio le donne percepiscono un compenso economico pari al 75% di quello degli uomini, e poi, sempre in campo lavorativo, le donne subiscono un’altra grave forma di ricatto e violenza morale, infatti quando vengono assunte in ambito privato spesso viene loro richiesto di firmare la lettera di dimissioni, per tutelare la posizione del datore di lavoro, non sia mai che l’arrivo di un figlio possa diminuire il rendimento lavorativo e scompaginare l’andamento di un’azienda, d’altra parte è molto raro che vi siano strutture con servizi di supporto, come l’asilo, per le mamme che lavorano.
E’ demotivante osservare la disparità di trattamento che scientemente viene applicata, ancora oggi, nei confronti di una donna.Secoli di silenzi sovvertiti dal rumoroso lavoro di milioni di donne che, a partire dagli inizi del ‘900, hanno duramente lottato per ottenere per sé stesse il diritto al voto, che in Italia abbiamo dal 1946, per ottenere condizioni lavorative congrue e sicure, per ottenere di poter accedere a ruoli professionali prima assolutamente vietati, infatti alle donne era proibito esercitare la professione medica ed entrare in magistratura, ed ancora per ottenere un trattamento di pari dignità nella questione del Diritto di Famiglia, tutto buttato all’aria dal pressapochismo sociale che caratterizza la modernità.Avremmo, dunque, dovuto raccogliere i frutti di tanto lavoro, avremmo dovuto gioire dei risultati di tante battaglie fatte in strada da donne che non abbiamo avuto la fortuna di conoscere personalmente, ma di cui la storia ci regala i nomi e le immagini, e invece scopriamo che il nostro contesto sociale non poggia su un percorso già compiuto ma piuttosto, come in una parabola discendente, sull’inasprimento dei rapporti fra donne e uomini, instaurando nuovi conflitti basati per lo più sul potere.Molti pensano che il potere femminile sia una sorta di azione prevaricatrice fine a sé stessa, portata avanti dalle donne con violenza ed aggressività, come se fosse un comportamento sterile che viene adottato per avere il predominio sugli uomini, bisognerebbe invece spostare l’asse del punto di vista ed osservare con lucidità ciò che, molto spesso, avviene in un rapporto fra un uomo ed una donna.Nei primi anni ’70 Carla Lonzi, nota critica d’arte che si occupò a fondo della questione femminile, scriveva:
“Per uguaglianza della donna si intende il suo diritto a partecipare alla gestione del potere nella società, mediante il riconoscimento che essa possiede capacità uguali a quelle dell’uomo”Sono davvero pochi gli uomini che riconoscono alle donne, anche a quelle più vicine a loro, la pari dignità nell’esercizio delle scelte personali e familiari, ancora molto pochi quelli che riconoscono alle donne la capacità di attuare metodi lavorativi fondati sull’equa distribuzione degli incarichi e delle responsabilità. Ci troviamo, così, davanti ad un mondo del lavoro gestito quasi completamente da uomini, un mondo verso cui le donne non riescono ad avere un approccio sereno, ma devono attuare scelte molto dure, infatti per fare carriera spesso devono abbandonare l’idea di crearsi una famiglia o, se già ce l’hanno, lavorare più del doppio per contemperare entrambe le cose, perché anche in questo gli uomini non sempre subentrano nella condivisione dei ruoli familiari, manlevando le proprie compagne da molti carichi.Per contro sono davvero tanti, troppi, gli uomini che esercitano il proprio atavico predominio morale e fisico, impedendo alle donne di compiere scelte differenti, castigandole quando esse vorrebbero dar voce ai propri mutamenti cambiando stile di vita, un numero esagerato di uomini crede che sia meglio eliminarle piuttosto che confrontarsi con loro.E così la modernità ci regala un altro prototipo: l’uomo che uccide, in tal modo, secondo lui, annullando la donna può allontanare da sé ogni motivazione di conflitto, senza volere o sapere tener conto che qualsiasi rapporto interpersonale passa ad un livello superiore anche attraverso il lavoro di un confronto, pur se doloroso.
Questo nuovo e “coraggioso” uomo, è assolutamente impreparato ad affrontare una crisi, personale e di coppia con modalità umane, e siccome dalla sua ha, molto spesso, una notevole forza fisica, superiore a quella che ha in genere una donna, si abbandona all’esercizio reiterato della violenza.L’iter, in questi casi, è già definito: comincia con l’alzare la voce, intimando ordini e comandi, poi passa alle mani, menando ogni qualvolta le cose e le persone non siano come le vuole lui, e da ultimo, senza via né d’uscita né di ritorno, uccide, annullando, una volta per tutte, ogni possibilità di dialogo, riflessione o ricerca di soluzioni alternative.Non c’è niente da fare, per questo tipo di uomo la violenza perpetrata ai danni di una donna, è l’unica strada percorribile, il cui esito finale deve essere l’annullamento della donna stessa.Ma noi donne non avevamo già altri problemi?.…il giusto riconoscimento sociale, …l’acquisizione del controllo della nostra vita, ….la triste questione di scegliere se e come è possibile coniugare un lavoro con la creazione di una propria famiglia, …. e se ne aggiunge un altro ancora più grave…Oggi un numero esagerato di donne non sa se riuscirà a sopravvivere per poter continuare ad occuparsi delle proprie cose.Sempre Carla Lonzi scriveva, più di quarant’anni fa:“Non salterà il mondo se l’uomo non avrà più l’equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione”.La Lonzi, e non solo lei, non avrebbe mai potuto immaginare che, invece, il mondo sarebbe saltato e che la lotta contro la sottomissione delle donne avrebbe generato milioni di uomini senza equilibrio.
Maria Rita Mallamaci – sociologa e criminologa ( Vicepresidente Dipartimento Calabria Associazione Nazionale Sociologi)