CALABRIA: LA CHIESA DELLA CONSERVAZIONE CHE APPARE REFRATTARIA AI CAMBIAMENTI DI PAPA FRANCESCO

LATELLA 24 DICEMBRE 2015La vicenda del parroco della diocesi di Oppido – Palmi, di recente colpito da provvedimento restrittivo disposto dall’autorità giudiziaria, ripropone il gravissimo problema degli abusi sessuali dei preti nei confronti di minori. Il rispetto dei principi costituzionali dell’innocenza fino a sentenza passata in giudicato tuttavia non impedisce di riflettere sul comportamento di chi diventando sacerdote fa voto di castità.  Omosessualità, eterosessualità, pedofilia, così come altre devianze, sono presenti anche nei seminari, nei conventi, nelle parrocchie o ai margini dei luoghi che i cristiani dedicano allo spirito. Il demone tentatore aleggia sul mondo: opera tanto negli ambienti del profano quanto in quelli del sacro. Se Satana ha tentato Gesù Cristo durante i 40 giorni di digiuno che seguiva il battesimo del figlio di Dio fattosi uomo, figuriamoci se non lo faccia con i comuni mortali.  Diversamente da Gesù gli uomini, compresi i preti, non sempre riescono a ripetere “Vade retro, Satana!” e finiscono nelle fiamme della concupiscenza. La Chiesa è composta da uomini i cui esempi terreni li candidano alla santificazione.

I ministri della Chiesa cattolica, per esempio, non possono contrarre matrimonio, avere relazioni sessuali, omo e/o etero, e, ovviamente, altre esperienze contro natura. Questa è la regola. Ma non tutti i religiosi la rispettano. Leggende metropolitane, infatti, raccontano di preti, frati, abati, di vescovi (nell’antichità anche di qualche papa e non pochi cardinali) che in pubblico pregano Dio, ma in privato non resistono al fascino femminile, rimangono coinvolti in relazioni con donne sposate o nubili e qualche volta su di loro cala la grazia della paternità. Maldicenza? No, realismo!

Molto più realisti di quanti fanno parte delle gerarchie ecclesiastiche e, di fronte a certi episodi imbarazzanti, si trincerano dietro la disarmante quanto ingenua affermazione “non sapevo”, “non me ne sono mai accorto”, “nessuno mi ha mai informato”. Negare l’omosessualità, le devianze pedo – pornografiche ed altri vizi contro la morale non ci libera da responsabilità oggettive e da cecità che producono male al nostro prossimo, tanto più male se le vittime sono bambini o adolescenti. E se per gravi episodi in cui sono rimasti coinvolti uomini di Chiesa hanno registrato l’illuminato intervento degli ultimi tre Pontefici che hanno avuto il coraggio di chiedere perdono al mondo per il male procurato a molti fedeli, non si capisce il perché le gerarchie ecclesiastiche locali si limitino a chiedere ai fedeli di far ricorso alla preghiera per esorcizzare lo scandalo. E no, cari monsignori. Il silenzio non è sempre una virtù. Perché legittima un passato che non è certo scevro da episodi di questa portata e al tempo stesso violenta la speranza futura.

Diciamocelo senza infingimenti: non sempre si entra in seminario per vocazione. Le motivazioni, a volte, sono di varia natura: non si ha la possibilità di studiare, si vuole uscire da un contesto di emarginazione, si è alle prese con un disagio, o si vuole nascondere l’orientamento sessuale. In questi casi il seminario, il convento diventano i luoghi ideali per la pratica di certe devianze che rimangono chiusi in ambienti da cui raramente l’eco arriva all’esterno. Nei seminari minori difficilmente sfugge al rettore, al prefetto, al padre spirituale il comportamento dell’adolescente. Meglio un prete in meno che un pedofilo il clergyman negli oratori e nelle parrocchie. Chiariamo: chi scrive non è prevenuto nei confronti degli omosessuali (vedi altro servizio in questo sito) ed è certo dell’importante funzione sociale che essi svolgono. Il pedofilo no.

Episodi del genere contribuiscono ad allontanare la gente dalla chiesa e dalla religione che professa per tradizione o che si accosta per convinzione. In una società che corre veloce verso l’individualismo assoluto, l’uomo continua ad allontanarsi dalle religioni gerarchizzate.“Nelle società occidentali ogni persona crea con sempre maggiore indipendenza quelle narrazioni religiose – il Dio personale –  che meglio si adattano alla propria vita personale e al proprio personale orizzonte di esistenza. Al contrario delle Chiese e delle sette, il Dio personale non conosce infedeli, perché non conosce verità assolute, né gerarchie, eretici, pagani o atei. Nel politeismo soggettivo del Dio personale trovano posto molte divinità. In esso viene messo in pratica quello che le religioni e le Chiese, vincolate dalla loro pretesa veritativa, ritengono non solo moralmente riprovevole, ma anche logicamente impensabile: nella loro ricerca nomade della trascendenza religiosa, gli individui sono sia credenti sia non credenti”. (1)

Siamo dunque di fronte alla nascita della religiosità popolare cui la Chiesa Cattolica sembra impotente, quasi impreparata a reagire.  Questo lo ha capito Papa Francesco, il quale, contro i privilegi curiali, si sta impegnando a fondo per gettare le basi di una nuova missione evangelizzatrice che guardi in particolare alla periferia del mondo dove la Chiesa Cattolica viene vista come il mezzo di riscatto sociale e antidoto contro le diseguaglianze.   In Europa il cattolicesimo deve fare i conti con la laicizzazione delle coscienze, con il consumismo, il capitalismo finanziario, le banche e le borse le cui logiche sono al servizio del business e della mercificazione.  Il Pontefice, come i suoi due predecessori, ha deciso di ripartire da terre lontane dove i valori cristiani, liberi da qualsiasi integralismo, rappresentano la grande speranza contro le ineguaglianze e le tentazioni liberiste compagne di viaggio della globalizzazione. In questa rivoluzione Papa Francesco deve fare i conti con i vecchi privilegi, la corruzione, un sistema curiale restio a qualsiasi cambiamento il cui vertice risiede in Vaticano e con una base stratificata che attraversa un po’ tutte le diocesi italiane. Le ultime prese di posizione del Pontefice che viene dall’altra parte del mondo, anche nell’esempio del sacerdote della diocesi di Oppido – Palmi, invece di agevolare l’azione di rinnovamento della Chiesa appaiono come l’acqua santa versata sul capo di un musulmano che dice di volersi convertire al cristianesimo.  La Chiesa calabrese è piegata in uno sforzo antimafia, che sicuramente regala a vescovi e preti grande visibilità mediatica (come nel caso della processioni e degli inchini di santi e madonne), ma la fa apparire ipocrita quando si tratta di assumere provvedimenti dolorosi, ma necessari per riacquistare la fiducia del popolo dei fedeli.

Antonio LatellaGiornalista professionista e sociologo (Presidente Dipartimento Calabria Associazione Nazionale Sociologi)

Note

(1) – Ulrich Beck –  IL DIO PERSONALE (La nascita della religiosità secolare).


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