NIENTE FORESTIERI, PLATI’ ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO
Un passato che non ha presente, diventa ostacolo per il futuro. Ecco Platì: comunità ai piedi dell’Aspromonte, ostaggio del sospetto e diffidente nei confronti del forestiero che continua a giudicarla e che, forse, pretende di conquistarla e dominarla. In queste ultime settimane, dopo la chiassosa informazione seguita alla mancata presentazione di liste elettorali della scorsa primavera, su Platì si stanno scrivendo cose che costringono i quasi quattromila abitanti a respingere qualsiasi tentativo di aiuto. A Platì, da sempre, manca lo Stato: non quello assistenziale, ma quello che agevoli la crescita socio- economica; non lo Stato repressivo, ma quello in grado di svolgere la grande funzione pedagogica e sociale.
A Platì mancano le strade, i centri di aggregazione, gli impianti sportivi, le strutture sociali, un sistema viario in grado di eliminare l’isolamento con gli altri centri della zona. Ogni inverno nelle case dei platiesi si convive con la paura che il torrente che attraversa orizzontalmente il paese rompa gli argini, come avvenuto tra il 31 ottobre e i primi di novembre, e disegni scene apocalittiche. Se vogliamo aiutare questo paese, vittima del più grande fenomeno sociale dell’ultimo secolo (la criminalità organizzata) e degli stereotipi giornalistici che, nel raccontare fatti di cronaca tipici della società occidentale, usano Platì come modello sia per aumentare la tiratura e la vendita di giornali sia per guadagnare audience di tv, radio e informazione web, dobbiamo cambiare approccio comunicativo.
Ascoltare i giovani: Michele, poco più che ventenne, che da quando era ragazzo sogna di giocare a calcio, ma, diversamente da tanti suoi coetanei di piccoli e grandi centri italiani, non può farlo per mancanza di un campo sportivo; oppure Rocco, Antonio, Domenico che aiutano i parroci, padre Tommaso e padre Peppe (missionari della Consolata per quasi mezzo secolo in Africa), nel tentativo di realizzare un oratorio. Aiutare le catechiste, una trentina, costrette a fare i conti con la vivacità dei bambini che frequentano la parrocchia. Il Comune è commissariato e l’attuale rappresentante del Governo fa quello che può considerate le scarse risorse disponibili in bilancio. In una delle visite – tutte fatte in silenzio e senza il codazzo di giornalisti, fotografi e operatori tv – una delegazione di sociologi del Dipartimento Calabria dell’ANS si è chiesta il perché del colore giallo-rosso della facciata del Municipio. La risposta della gente appare una sorta di leggenda metropolitana. Fede calcistica? Boh!
All’interno della società di Platì, forse, si comunica poco e male. La famiglia, la scuola, la Chiesa – istituzioni dove si impartisce l’educazione primaria – sono ancorate ai loro particolarismi. Il retaggio antropologico di questa società chiusa (non nel senso richiamato da Popper), ha otturato i canali del confronto e della collaborazione vanificando l’azione degli anticorpi sociali. A Platì c’è una caserma della Benemerita, ma sembra che i carabinieri esercitino solo la funzione istituzionale mettendo da parte quella sociale che, invece, potrebbe aiutare gli adolescenti a capire l’importanza dell’uso casco, quando, nei loro monotoni pomeriggi, girano in motorino per le vie del paese o avere rispetto per le cose di tutti. Occorre un vaccino che solo la cultura appare in grado di somministrare. In tutti questi anni, la scuola avrebbe svolto la mera funzione di istruzione dell’obbligo. E niente più. La voce della Chiesa non è andata oltre la somministrazione dei sacramenti ed anche oggi vive un momento di affanno perché non riesce a stare dietro alla grande rivoluzione impressa da Papa Francesco. L’agiatezza della torre eburnea limita la presenza del pastore in mezzo al gregge. La stessa esperienza dei sociologi dell’ANS è stata accolta con freddezza dal vescovo di Locri. Non si esclude che qualcuno abbia scambiato l’impegno sociologico sul campo come trampolino di lancio politico. La politica è una cosa, la sociologia un’altra.
Già la politica. Non spetta a noi esprimere giudizi sul sistema dei partiti, ma abbiamo il dovere di analizzare i fatti e capire gli effetti sociali che essi producono. Gli avvenimenti, soprattutto gli ultimi in ordine di tempo, sono indice di confusione al punto che non appare assolutamente chiara l’azione di quanti – singoli, partiti e coalizioni – dichiarano la propria disponibilità a diventare amministratori di Platì. Una nobile aspirazione, non v’è dubbio. Solo che questa comunità non è una terra da conquistare per piantarvi la bandierina di questa o di quella coalizione. Ha ragione lo scrittore Mimmo Gangemi, quando chiede ai platiesi “uno scatto d’orgoglio” e li invita a farsi avanti per governare il loro paese (il pensiero dello scrittore di Santa Cristina d’Aspromonte è pubblicato anche su “sociologiaonweb”). Platì ai platiesi, dunque. Che vanno aiutati, consigliati con lealtà. Perché questo piccolo centro del reggino, finalmente, si liberi dal pesante fardello che lo Stato, la mafia, l’antimafia, la società civile, i benpensanti di tutte le stagioni, i moralizzatori fulminati sulla via di Damasco, la stampa appesantiscono con i loro interessati gesti che, se da un lato regalano momenti di farlocca notorietà, dall’altro rendono indelebile quel marchio di centrale del male che un po’ tutti noi abbiamo impresso al corpo sociale di un paese che vuole essere artefice del proprio destino.
Antonio Latella – giornalista professionista e sociologo (Presidente Dipartimento Calabria dell’ Associazione Nazionale Sociologi)