LA PAURA DOMINA LA SCENA SOCIALE

RAO 30 ottobre 2015La paura è un sentimento che continua a dominare la scena sociale in modo sempre più avvolgente. Mentre nei ricordi di moltissime persone persistono ancora i ricordi della Seconda Guerra Mondiale, per i più giovani possiamo annoverare una serie di circostanze che hanno notevolmente segnato la scansione degli ultimi 15 anni della nostra vita minandone la serenità. Dall’attacco al World Trade Center dell’11 settembre 2011 per poi arrivare agli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi è un susseguirsi continuo di fatti che hanno un comune denominatore: la paura.

A veicolare questi eventi non sono più i giornali, stampati una volta al giorno e destinati all’attenzione di quei lettori propensi a seguire le dinamiche della contemporaneità, ma velocissimi sistemi di comunicazione che, oltre alla notizia scritta, offrono immagini e filmati volti a far sentire il fruitore di tali informazioni sempre in prima linea davanti ad ogni singolo evento documentato. Questi potentissimi mezzi di comunicazione hanno superato anche il lavoro svolto dai media televisivi. Naturalmente esistono una moltitudine di paure che compongono le insicurezze della “società liquida”. Potremmo annoverare queste cause tra  gli effetti collaterali responsabili dell’attuale insicurezza sociale, vissuta soprattutto dai più giovani e tramite un contagio fisiologico trasferita alle famiglie.

Tale sentimento, si contrappone ad una crescente domanda di sicurezza volta a garantire il benessere quotidiano. Sembrerà strano, ma proprio dalla paura nascono gli effetti che generano le cause strutturali che pesano e determinano le sorti dell’economia e sullo sviluppo. Difatti, in meno di 15 anni siamo stati costretti ad anteporre la persistente aspettativa negativa sulla propensione al benessere, conosciuta e praticata in maniera diffusa durante il Secolo scorso e divenuta oggi  desiderio tendenzialmente irraggiungibile da una società costretta a segnare il passo a causa di una stagnazione economica che sembra non avere fine. Naturalmente questi cambiamenti hanno influito su tutto il tessuto sociale, modificandone lo stile di vita a partire dalle piccole e quotidiane scelte.

Contrariamente al passato, quando la struttura sociale era suddivisa in più stratificazioni, oggi a patire le innumerevoli difficoltà sono anche coloro che vivono in condizioni apparentemente migliori. Proprio da questi nuclei familiari si registrano i maggiori fenomeni di disoccupazione giovanile. Il dato viene fornito dalla comparazione degli alti titoli di studio posseduti e dalle precarie opportunità di lavoro offerte da un mercato occupazionale contratto ad una legge di equilibrio precario e decisamente attratto non dalla stabilità occupazionale ma dalla costante azione di ricambio, garantita da un sistema normativo che continua a garantire la precarietà del lavoro e della continuità. Questo mutamento costante ha condizionato e continuerà a condizionare le scelte future dei giovani?

Dalla lettura dei dati di una importante indagine di cui si rimandano gli estremi conoscitivi nella nota, si legge: “la paura di non trovare un lavoro e non avere successo nel futuro, accompagnata dal terrore di non essere al riparo dalle aggressioni nelle relazioni di tutti i giorni. Sono queste le due più grandi angosce dei giovani italiani fotografate dall’indagine “Diritti inascoltati, cosa ci chiedono i nostri ragazzi[1]. Le  generazioni esposte a tali difficoltà, unitamente ad una serie di effetti causati dalla ricerca di una “nuova posizione sociale”, potranno essere sicuramente un nuovo risultato da studiare e decodificare in quanto frutto di un processo sociale che porterà la traslazione della curva verso una nuova posizione, determinandone nuovi valori umani e il conseguente superamento di un’agire sociale, praticato e conosciuto da altre generazioni, in quanto non adeguato alla velocità del tempo e all’adeguamento di quelle aspettative utilizzate oggi dai giovani e destinate a divenire il codice comportamentale di una società imbastita sull’autoreferenzialità, tendente a mietere le difficoltà quotidiane non con l’uso della ragione ma attraverso la sopraffazione ed il ricorso a scegliere la strada più breve per raggiungere un risultato che risulterà essere sempre inadeguato a soddisfare i bisogni dell’io dettati esclusivamente dal desiderio di vincere quel sentimento della paura che ne ostacola il senso di libertà, indispensabile a uscire dal guado dell’immobilismo.

 

Francesco Rao – sociologo ( Dirigente ANS)

[1] realizzata da Telefono Azzurro in collaborazione con Doxakids, in occasione del ventiseiesimo anniversario della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra il 20 novembre.


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