IL NATALE CONSUMISTICO E LA RICERCA DELLA FELICITÀ
La più importante definizione della natura dell’uomo, è che è fatto ad immagine di Dio, che ha mangiato dall’albero della conoscenza: non è morto, come aveva predetto il serpente, è diventato come Dio, ma non è Dio. Per impedire che questo potesse avvenire, Dio scaccia Adamo ed Eva dal Paradiso (simbolo del ventre materno). L’uomo non è Dio, né potrebbe diventarlo: può diventare come Dio, può cioè imitarlo.L’uomo ha il compito di acquisire e di attuare le principali qualità che caratterizzano Dio: giustizia e amore. Non è Dio, ma, se acquisisce le sue qualità, non è inferiore: cammina con Lui. Le qualità di Dio sono così trasformate in norme per l’agire umano. L’uomo, diventa libero divenendo pienamente umano: la libertà e l’indipendenza sono i fini dello sviluppo umano. E la meta dell’azione umana è il costante processo di autoliberazione dalle catene che legano l’uomo al passato, alla natura, al clan… agli idoli. È importante chiarire il concetto di obbedienza: è un atto conscio di sottomissione all’autorità. Da questo punto di vista, l’obbedienza è l’opposto dell’indipendenza. Di solito, l’obbedienza è conscia, è un comportamento più che un sentimento e può esserci anche quando i sentimenti verso l’autorità sono ostili e quando la persona obbedisce senza essere d’accordo con gli ordini dell’autorità. La persona ubbidisce perché riconosce l’autorità, o (e) perché teme, disobbedendo, una punizione. La meta dello sviluppo dell’uomo è la libertà e l’indipendenza. Indipendenza significa il taglio del cordone ombelicale e la capacità di dovere la propria esistenza a se stesso. Ma è possibile per l’uomo una tale indipendenza totale? Può l’uomo affrontare la sua solitudine senza crollare per il terrore?
L’uomo è consapevole dei rischi e dei pericoli della sua esistenza, tuttavia le sue difese sono insufficienti: alla fine soccombe, alla malattia e alla vecchiaia, e muore; coloro che ama muoiono prima, o dopo, di lui e in ambedue i casi non ha conforto. L’uomo è incerto, la sua conoscenza è frammentaria; nella sua incertezza, cerca gli assoluti che promettono certezze, che può seguire, con cui può identificarsi. In effetti, l’indipendenza completa è uno dei risultati più difficili: l’indipendenza non è ottenuta semplicemente non obbedendo: al padre, alla madre, allo stato ecc. L’indipendenza non equivale a disobbedire: è possibile solo se, nella misura in cui, l’uomo coglie attivamente il mondo, è in rapporto con esso diventando così uno con esso. Non esiste indipendenza né libertà, se l’uomo non arriva allo stadio di completa attività e produttività interne: l’uomo è fragile e debole, ma è un sistema aperto che può svilupparsi fino al momento in cui è libero. Se sognare è una prerogativa umana, tentare di realizzare i propri sogni è possibile: è un atto di libertà… per essere felici. Ma, cos’è la felicità? Cosa significa essere felici?
Non c’è alcun dubbio che la felicità è stata l’illusione per eccellenza dell’umanità e di ognuno di noi.Perché c’è una felicità costruita da ognuno di noi nella nostra quotidianità; la felicità dell’essere, non del possedere. La felicità è una decisione personale. La felicità è un cammino che si percorre ogni giorno, non è una meta ma piuttosto un tragitto personale; è un’attitudine positiva e ottimista di fronte alla vita.Quindi, difendiamo il nostro diritto a realizzare i nostri sogni, il nostro diritto ad essere felici, difendiamo quello degli altri. Ma come? È possibile ancora ricercare le felicità? E farlo inseguendo i propri sogni? “Ehi non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa, neanche a me! Ok? Se hai un sogno tu, lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non lo sai fare. Se hai un sogno inseguilo. Punto!”. La frase di Chris Gardner, personaggio interpretato dall’attore statunitense Will Smith nel film “La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino (1) è uno dei passaggi chiave di quella storia, soprattutto perché è pronunciata al termine di un contesto dai tratti realistici e drammatici, ma anche perché è un padre – deluso ed amareggiato da una società che sembra fagocitare inesorabilmente chi, sentendosi debole, rinuncia ad inseguire i propri sogni ingoiati dai ritmi frenetici della società consumistica e spersonalizzata – che si rivolge al suo giovanissimo figlio.
Inseguire i propri sogni… ricercare la felicità. Questo è il punto.Tutti gli uomini desiderano la felicità (2): la vogliono, nel senso pieno e forte del termine: è una fame profonda e spirituale del bene. E l’uomo di nulla si soddisfa se non di questo bene che egli chiama felicità. E non ha pace prima di averlo trovato. L’’esperienza millenaria dell’uomo ha sempre dimostrato che egli è in perpetua ricerca di questo fine, che solo potrà dare soddisfazione al suo bisogno più profondo. Eppure appare evidente come il termine felicità sia oggi quasi completamente radiato dal vocabolario dei sapienti di questo mondo e va scomparendo a poco a poco anche dal linguaggio corrente. I filosofi lo pronunciano soltanto con un senso di disprezzo o d’imbarazzo. Gli uomini di Chiesa si richiamano ancora alla felicità del cielo, ma sono generalmente muti su quella terrena. Quando ne parlano, finiscono per deformarla con astrazioni. L’uomo comune, dal canto suo, ha sostituito alla felicità una monotona serie di surrogati, offertigli generosamente dalla civiltà contemporanea: si diverte oscillando da un ozioso pessimismo ad un futile ottimismo, senza mai collocarsi nella situazione stabile che comporta la felicità.
Non sogniamo, non fantastichiamo più! Presi dal vortice di una materialismo consumistico, abbiamo accantonato l’immaginazione, dimenticando quali siano le sue straordinarie potenzialità. Lo ricordava il grande genio Albert Einstein (3) il quale affermava: “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione”.Proprio Einstein, in un’intervista rilasciata per il magazine del New York Times il 9 novembre 1930, a proposito della felicità affermava: “È difficile spiegare questo sentimento a qualcuno che ne è completamente privo, specialmente se non esiste nessuna raffigurazione antropomorfica che possa corrispondere. Gli individui percepiscono la futilità dei desideri umani e gli scopi e al contrario il meraviglioso ordine che sta alla base della natura. L’esistenza di ognuno di noi viene percepita come una specie di prigione e ricerchiamo un’esperienza dell’universo come un singolo significante tutto”.
Il principio dal quale faceva partire il suo ragionamento in proposito, si basava sul presupposto che: “L’essere umano è una parte di quel tutto che noi chiamiamo “Universo”, una parte limitata nello spazio e nel tempo. L’uomo sperimenta se stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti scissi dal resto — una sorta di illusione ottica della propria coscienza. Lo sforzo per liberarsi di questa illusione è l’unico scopo di un’autentica religione. Non per alimentare l’illusione ma per cercare di superarla: questa è la strada per conseguire quella misura raggiungibile della pace della mente”. Il punto è che, secondo i ragionamenti di Albert Einstein, gli esseri umani hanno perso il senso del tempo, perché hanno perso il senso della storia e il significato della loro stessa vita. Gli uomini vorrebbero ridurre a un nulla il tempo, perché sanno che il fluire di questa dimensione implica un’assunzione di responsabilità, cioè il bisogno di aumentare l’impegno personale e collettivo nel cercare di risolvere i problemi dell’umanità. Il tempo, insomma, è una dimensione in cui l’uomo deve giocarsi la sua libertà. In un certo senso, è il tempo stesso, col suo carattere di unidirezionalità, che costringe l’uomo a tener conto che esiste un irreversibile processo in avanti.
Il tempo non è una condizione che ci obbliga, fatalisticamente, a fare determinate cose. È soltanto una dimensione vincolante, all’interno della quale possiamo muoverci con relativa libertà (la libertà “assoluta”, storicamente parlando, non esiste). Cosa sia il tempo in relazione alla nascita ed all’evoluzione della vita è una questione ancora aperta alla creatività di chi sceglie di applicarsi allo studio della scienza. Ma se vivere significa fare i conti con i misteri che la vita pone davanti, quale può essere la strada che porta alla felicità? Einstein risponde: “Se vuoi una vita felice devi dedicarla ad un obiettivo, non a delle persone o a delle cose”
D’altronde, che la ricerca della felicità sia un obiettivo da porsi innanzitutto sul piano personale provando ad inseguire i propri sogni, trova la sua conferma nella più nota massima di Seneca: «Nessuno è infelice se non per colpa sua».(4)L’aforisma appena citato indica una responsabilità e conseguentemente una colpa personale nell’essere infelici. Il problema è dunque nostro, di come inquadriamo i casi della nostra vita, di come permettiamo ad altri di inficiare il nostro equilibrio, la nostra traballante omeostasi tra avere e desiderare. Per Seneca, inoltre, la felicità non è mai altrove e, soprattutto, mai nel passato (come lo era per Proust) né nel futuro. In questa prospettiva, il suo insegnamento è simile alla famosa massima buddhista: «Qualunque cosa tu faccia, falla col cuore». Significa entrare nel flusso corrente, aderire completamente a ciò che si sta facendo nel momento.Ormai già ha fatto irruzione il Natale e quel suo clima che consumisticamente ammorba l’aria di una quotidianità che invece deve fare i conti con la cruda realtà.Sta arrivando il Natale e, come sempre, tutti predicheremo la felicità, la rappresenteremo secondo i soliti canoni, secondo immagini stereotipate, che puntualmente ogni anno tornano in scena, ma…
Dov’è? Dove sta, dove realmente sta la felicità?
Maurizio Bonanno – giornalista e sociologo ( dirigente Ans)
NOTE
1 Gabriele Muccino (Roma, 20 maggio 1967) è un regista e sceneggiatore italiano. Il successo arriva nel nel 2001 L’ultimo bacio, una cinica e disillusa riflessione sulle difficoltà nella vita di coppia della sua generazione, lo consacra come uno dei protagonisti della scena cinematografica italiana. Il film ottiene un buon incasso al botteghino e si aggiudica cinque David di Donatello 2001, tra cui il David di Donatello per il miglior regista per Muccino. Nel 2002 il film ottiene un buon successo anche all’estero, in particolare in Europa, e nel gennaio dello stesso anno viene presentato oltreoceano al Sundance Film Festival, dove vince il premio del pubblico; viene quindi distribuito anche negli Stati Uniti durante l’estate successiva, e viene addirittura inserito dalla celebre rivista di cinema Entertainment Weekly tra i dieci migliori titoli dell’anno. Il successo del film in America ha portato nel 2006 all’uscita di un remake hollywoodiano, The Last Kiss, diretto da Tony Goldwyn, del quale Muccino è tra i produttori, tuttavia considerato dalla critica inferiore all’originale italiano. Nel 2003 esce il nuovo, e atteso, film, Ricordati di me, che ottiene anch’esso un buon riscontro, seppur in maniera minore al film precedente. Successivamente Muccino sbarca a Hollywood per dirigere La ricerca della felicità (2006) e Sette anime (2008), entrambi con Will Smith protagonista; l’attore statunitense, anche produttore delle due pellicole, ha personalmente scelto Muccino come regista dopo aver visto e gradito i suoi film precedenti.
2 Se si prova a dare una definizione semplice, da vocabolario del temine, leggiamo che la felicità è lo stato d’animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. L’etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, “felice”, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità. La nozione di felicità intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell’antichità classica.Tale concezione varia, naturalmente, col variare della visione-concezione del mondo e della vita.
3 Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo della scienza tedesco naturalizzato statunitense. La sua grandezza consiste nell’aver mutato in maniera radicale il paradigma di interpretazione del mondo fisico. Nel 1905, ricordato come “annus mirabilis“, pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo, riguardanti tre aree differenti della fisica: dimostrò la validità della teoria dei quanti di Planck nell’ambito della spiegazione dell’effetto fotoelettrico dei metalli; fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l’ipotesi di aleatorietà dello stesso; espose la teoria della relatività ristretta, che precede di circa un decennio quella della relatività generale. Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica “per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico”, e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività, in grado, per l’assoluta originalità, di colpire l’immaginario collettivo. Fu un successo insolito per uno scienziato e durante gli ultimi anni di vita la fama non fece che aumentare, al punto che in molte culture popolari il suo nome divenne ben presto sinonimo di intelligenza e di grande genio. Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo. La sua immagine rimane a tutt’oggi una delle più conosciute del pianeta, avendone fatto e facendone largo uso anche il mondo della pubblicità: si è giunti infatti, inevitabilmente, alla registrazione del marchio “Albert Einstein”
4 Lucio Anneo Seneca, , anche noto come Seneca o Seneca il giovane (Corduba, 4 a.C – Roma, 65), è stato un filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano, esponente dello stoicismo. Seneca fu attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, dove fu senatore e questore, dando un impulso riformatore. Condannato a morte da Caligola ma graziato, esiliato da Claudio che poi lo richiamò a Roma, divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l’esecuzione di quest’ultima come male minore. Dopo il cosiddetto “quinquennio di buon governo” (54-59), in cui Nerone governò saggiamente sotto la tutela di Seneca, l’ex allievo si trasformò progressivamente in un tiranno, e Seneca, forse implicato in una congiura contro di lui (nonostante si fosse ritirato a vita privata), cadde vittima della repressione, costretto al suicidio dall’imperatore. Seneca influenzò profondamente lo stoicismo romano di epoca successiva.