I DANNI COLLATERALI DEL TELEFONINO NELLE AULE SCOLASTICHE

LATELLA NOVEMBRE 2015L’episodio avvenuto nella scuola media di San Francesco al Campo (nel torinese) riapre il dibattito, per la verità mai sopito, sull’uso del telefonino in classe da parte degli studenti. Non abbiamo avuto modo di visionare la registrazione, ma la notizia, così come riportata dai media, sottolinea che le immagini sono corredate da commenti scanzonati. I fatti hanno portato alla sospensione di 22 studenti che, a vario titolo, avrebbero filmato col telefonino un loro professore per poi veicolare il file con whatsapp. La sanzione decisa dalla preside, però, è stata ritenuta esagerata dai genitori dei ragazzi (di età compresa tra gli undici e i tredici anni) che, per noia o chissà per quale altra motivazione, hanno trasformando l’aula di lezione in set cinematografico “non autorizzato”.

La preside è stata subito accusata di aver violato la privacy dei cineasti che, applicando questa singolare forma di Citizen journalism, hanno inteso contribuire a veicolare l’immagine della “buona scuola”.Peccato che questo loro capolavoro sia stato realizzato violando le regole e mettendo in atto un comportamento lesivo dell’immagine del loro insegnante.Le regole fanno parte della convivenza civile. E quando vengono infrante è giusto che scatti la sanzione, altrimenti la scuola non riesce a svolgere la sua funzione formativa e pedagogica e le aule si trasformano in palestre di anarchia.La nostra vita è cambiata e man mano che trascorrono gli anni continuerà a cambiare. Un mutamento che è la diretta conseguenza del progresso ed oggi la nostra esistenza è scandita dall’uso delle moderne tecnologie telematiche e informatiche. Non v’è dubbio che il progresso aiuti l’uomo a vivere meglio, forse più a lungo, aumenta le sue conoscenze e, soprattutto, lo assiste nel lavoro, nello studio e nelle relazioni sociali.

A questo cambiamento positivo, però, si contrappongono i cosiddetti danni collaterali. Ignorare questi pericoli fa parte dell’incoscienza di una società che sembra aver esaurito gli anticorpi sociali che assicurano il rispetto degli altri e del ruolo che rivestono. Il telefonino è uno strumento ormai indispensabile per la vita di noi cittadini postmoderni.  Oggetto dal grande fascino, basta sfiorarlo che ci regala momenti di grande passione, che – scrive Vittorino Andreoli  ne “La vita digitale”– non riusciamo a vedere come strumento e  ci appare “come un dio visibile o la parte di un dio visibile che ci attrae incredibilmente, ma anche ci spaventa”.Dentro questo apparecchio c’è il mondo, che noi tutti possiamo tenere nel palmo di una mano, e attraverso le tante applicazioni (facebook, twitter, messanger, whattsap, navigare su Intenet) accorciamo le distanze tra un punto e l’altro della terra. E mentre restiamo in casa ci trasformiamo in nomadi in cammino lungo le grandi reti telematiche con la mediazione dei new media diventati la stella polare di qualsiasi comportamento umano.

La scuola diversamente dalle famiglie, che utilizzano gli smartphone come un guinzaglio elettronico per tenersi in contatto con i figli, non può tollerare l’uso del telefonino durante le lezioni, anzi deve impedirne l’abuso, soprattutto la sua presenza distoglie lo studente dagli obiettivi fissati nel programma scolastico.   Usarlo durante il compito di matematica, da un lato, aiuta il ragazzo a non presentare il foglio in bianco, dall’altro impedisce l’elaborazione di quei processi logico – mentali che lo guidano lungo la strada che porta alla soluzione del problema. Lo stesso accade per le altre discipline: nella ricerca, per esempio, che spesso viene copiata da Internet, con tutte le lacune, gli errori e le omissioni. Applicando la didattica tradizionale, in classe il telefonino non può svolgere la funzione di tutor.  I new media, al pari dell’informatica, possono e debbono fa parte dell’attività curriculare per apprendere i linguaggi, studiarne l’utilità e acquisire la consapevolezza di eventuali fattori negativi legati all’abuso di questi strumenti. Ma in giorni e orari diversi dallo studio di materie fondamentali come l’italiano, la storia, la storia dell’arte…

E la sua presenza, sopra o sotto il banco, distrae gli studenti che l’utilizzano, magari, per delegittimare gli insegnanti, per diventare vittima o attore del cyber bullismo, per navigare in rete fino a ritrovarsi in una grande foresta, smarrirsi, rimanere senza punti di riferimento ed esporsi ai pericoli di varia natura.Le tecnologie digitali, i social network hanno introdotto nuovi linguaggi, trasformato i rapporti umani (ampliandoli è vero), ci aiutano a trovare nuovi amici (quasi sempre virtuali che – come dice Zygmunt Bauman – in qualsiasi momento possono essere cancellati con un clic del mouse), ad entrare a far parte di una o più comunità (sempre virtuali).  Si giunge finanche all’esasperazione dei conflitti intergenerazionali con conseguenze drammatiche all’interno delle famiglie (figli che uccidono i genitori, coniugi che si rendono protagonisti di stragi).

Anche le famiglie – che hanno perso le radici e i valori   che le teneva unite durante l’era patriarcale e del successivo modello nucleare –  sono entrate nella dimensione tecnologica e non riescono più, o lo fanno con grande difficoltà, a dialogare anche con la scuola. Si assiste così allo scontro tra chi rivendica esclusiva autonomia didattica e comportamentale all’interno delle aule e chi, in questo caso i genitori, non accetta l’autorità della scuola che, per la disgregazione delle famiglie o perché entrambi i coniugi lavorano, è chiamata a un doppio impegno: trasmettere il sapere e contribuire alla formazione e all’educazione dei giovani.

Antonio Latella – giornalista professionista e sociologo (presidente Dipartimento Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi)

 

 


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