PLACE POVERTY, QUANDO LE CONDIZIONI DI UN TERRITORIO INCIDONO PESANTEMENTE SULLA QUALITÀ DELLA VITA DEI PROPRI ABITANTI

10982449_862017033844226_6833828766607449138_nFino a pochi anni fa si parlava di una sola povertà. L’approccio unidimensionale si basava essenzialmente sulla identificazione della povertà come mancanza di benessere economico. Nel tempo però i paradigmi della povertà si sono modificati, è intervenuta un profonda trasformazione sociale e la stessa non può più essere considerata un fenomeno uniforme, ma assolutamente multidimensionale e fortemente dinamico. L’approccio più recente lega la povertà all’accesso alle risorse piuttosto che alla semplice disponibilità. Pone l’accento sulla possibilità di un individuo di poter mettere a frutto i mezzi a sua disposizione, che siano materiali o immateriali, intellettivi, privati o pubblici, assolutamente differenti a seconda dell’ambiente e del luogo frequentato. Una moltiplicazione di posizioni e situazioni che generano sofferenza, insicurezza, paura, difficoltà nel fronteggiare i problemi quotidiani, ad avere relazioni con gli altri, che possono  condurre a situazioni di esclusione sociale e quindi di povertà estrema. Si tratta di un mutamento significativo dell’approccio, nella lettura e quindi anche negli orientamenti delle politiche circa la configurazione dei fenomeni di disuguaglianza nelle società contemporanee e l’elaborazione di soluzioni pertinenti ed efficaci specifici per ogni territorio. Soluzioni che, proprio in virtù di quanto sostenuto, non possono essere meramente assistenziali, ma improntate a stimolare processi di inserimento/reinserimento nella società e di predisposizione ad azioni autosufficienti, basilari nella lotta alla povertà. La povertà, soprattutto, non può essere considerata una condizione statica, ma dinamica, piuttosto interpretabile in termini di processo, attraverso il quale una quota crescente di soggetti passa da momenti di quasi normalità fino agli ultimi stadi del processo di impoverimento. Si arriva alla povertà estrema attraverso microvariazioni lente e diffuse, difficilmente percepibili dai soggetti stessi, figurarsi dall’esterno.

logo ans calabriaMa ci sono famiglie od individui che entrano nella povertà a causa di shock temporanei (quali la malattia o la perdita del lavoro, la separazione dal coniuge) che possono  trovare soluzioni nel giro di uno o due anni. Allo stesso modo, molte delle persone che escono dalla povertà riescono a farlo solo per un limitato periodo di tempo prima che il variare delle circostanze personali li forzi nuovamente al di sotto della soglia di povertà (in tal caso, qualora la perdita del lavoro dovesse protrarsi per molti più anni, per esempio, è evidente che veniamo a trovarci in condizioni di place poverty con fenomeni di concentrazione in ampie porzioni di territorio). In quest’ottica, il problema della povertà coinvolge un gran numero di persone vulnerabili, anziché uno zoccolo duro di poveri cronici. Così la discriminazione nei confronti delle donne, che può manifestarsi sotto forma di minore scolarizzazione, peggiori condizioni di salute e ridotta partecipazione alla vita comunitaria e alle decisioni all’interno del nucleo familiare, renderà le donne più vulnerabili nei confronti della povertà e dell’esclusione rispetto agli uomini dello stesso nucleo familiare; le nuove povertà che emergono in ambito urbano, come sintomo di un disagio sociale profondo e di perdita di coesione delle società contemporanee, quelle che Michel LEGROS distingue in: povertà tra i giovani, come disagio che si esprime in varie forme (tossicodipendenza, alcolismo, disturbi alimentari, tendenza al suicidio, la povertà dei senza dimora – degli immigrati – delle periferie, la povertà tra gli anziani e malati cronici e gli stessi lavoratori, quelli che non sono toccati direttamente dal disagio socio-economico e/o relazionale, ma sono “prone to risk”. Quelle persone cioè in cui l’insicurezza e l’incertezza delle condizioni di vita e di lavoro, sempre più generalizzate, provocano un aumento del senso di impotenza, una forte diminuzione della possibilità di progettazione del proprio futuro e un “percepirsi” poveri, come non era mai avvenuto precedentemente. Ma si può essere poveri anche in riferimento alla disuguaglianza economica e politica, alla stratificazione per razza, classe sociale e territorio. In quest’ultimo caso siamo allora in presenza della place poverty, che emerge quando le circostanze di un’area, come la qualità dei servizi pubblici, incidono sulla qualità della vita dei propri abitanti. Quando le persone, insomma, sono povere prevalentemente in relazione al posto in cui vivono e non, al contrario, concentrati in clusters perché è il loro reddito che condiziona il posto in cui vivono, ossia in base a caratteristiche personali o familiari, altrimenti definita people poverty. Per Paolo Guidicini, nella costruzione della linea della povertà non si può prescindere dalle condizioni e dai caratteri dell’ambiente e del luogo.

SAN MANGO d'AQUINO MONUMENTO EMIGRANTILo spazio non può infatti essere inteso come fatto generico e indifferenziato, bensì deve essere percepito come un insieme di luoghi specifici e pertanto generatori di differenziati meccanismi di sollecitazione dei bisogni, dei consumi, dei legami  parentali, sociali e di gruppo. Le insufficienze e i limiti delle politiche urbane, come pure delle politiche di sviluppo economico per le regioni del Mezzogiorno, sono segnalate da tempo. Come è noto, al Sud le città sono più povere, la disoccupazione più massiccia, l’economia più fragile. Inoltre, lo stato e, più in generale, la fiducia nelle istituzioni e nell’azione collettiva è più debole, anche ma non solo per la distorcente presenza delle organizzazioni criminali. Compreso dunque che il percorso che conduce alla povertà estrema è lungo e sfaccettato e per tali motivi ci concede molteplici interventi preventivi, il problema pressante diventa la cronicità del fenomeno. Si tratta allora di analizzare, di volta in volta, quali delle dimensione della povertà siano prevalenti nei diversi gruppi di poveri, ricostruire la dinamica della povertà e dei processi di impoverimento negli specifici contesti di riferimento, poiché solo in questo modo è possibile avere indicazioni sulle particolari configurazione della povertà ed intervenire con politiche adeguate che, in linea generale, dovrebbero assicurare un legame costante con il mercato del lavoro, garantire buoni livelli di qualificazione, condizioni familiari stabili e servizi pubblici che possano garantire una buona qualità della vita.

Davide Franceschiello  –sociologo e giornalista

Convegno “Nuove povertà” – San Mango d’Aquino 26 settembre 2015

 


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