LE NUOVE POVERTA’ IN UN MONDO DI ARRIVISTI ED EGOISTI
Oggi è complicato capire il mondo perché è difficile fermarsi ad osservarlo. Da quando l’uomo ha smesso di considerare l’altro essere umano un individuo simile a sé, che oltre agli stessi suoi doveri, possiede gli stessi suoi diritti, ha dato inizio a quel processo di disuguaglianza sociale, attualmente esasperato da un accentuato divario: una umanità ricca e benestante ed una umanità povera e sofferente.
Nel mezzo, quasi come un muro invisibile, risiedono coloro che oggi vengono considerati i nuovi poveri. Sono i vulnerabili, che partono da una condizione decorosa e scivolano lentamente nelle difficoltà, per un’instabilità familiare, occupazionale, di salute, per i costi della vita sempre più alti o per una tassazione stritolante. In questo scenario esasperato che segna profondamente la crescita personale, culturale e sociale di ogni individuo riesco forse a giustificare quei fatti di cronaca che rappresentano l’epilogo più tragico del disagio.
Sto parlando di tutte quelle persone che, negli ultimi anni, vedendo il frutto dei sacrifici di una vita andare in frantumi, hanno sposato la convinzione che l’ unica decisione pensabile potesse essere il suicidio.
Persone, che nel chiuso delle loro case hanno simulato una sorta di recita: serenità apparente, lunghi silenzi, risposte vaghe per mascherare un sentimento di colpa per un futuro che non potranno più dare ai loro cari. Persone che lentamente hanno perso quella vitalità, quel dinamismo, quella fiducia in loro stessi; persone che hanno dovuto affrontare la vergogna di mostrare la loro incapacità al mondo, unica artefice del proprio fallimento economico e personale, ed in alcuni casi anche di altre famiglie.
La cosa più assurda è che queste folli azioni producono in chi rimane altra povertà. Familiari sconcertati, tormentati dal rimorso per non aver saputo intuire le intenzioni del congiunto, disorientati ed in balia di una burocrazia che non da respiro neanche nel dolore. Chi o cosa sostiene chi resta? Non certo lo Stato, che molto spesso è stato la causa dei fallimenti di quegli imprenditori suicidi, di cui esso stesso era debitore. L’unico sostegno è dato dai rapporti parentali ed amicali, nonché da quei cittadini che associandosi, si assumono la responsabilità di fornire un servizio od un aiuto, negli ambiti in cui lo Stato è carente se non assente.
Per molti, questi gesti vengono considerati come l’insana scelta di un singolo, invece , sono dei fatti sociali così come li definiva Durkheime, sono la conseguenza dell’agire, del pensare, del sentire sociale esercitato sulle coscienze dell’uomo.
Oggi siamo diventati individui arrivisti ed egoisti, che hanno confuso il dovere con il potere. Una società che genera relazioni complesse, fatti di negoziazione continua del proprio ruolo, di precarietà del lavoro, di prevaricazioni, di mancanza di progettualità. Una società disgregata nei suoi valori-cardine che portano inevitabilmente allo scetticismo ed all’individualismo incontrollato, rendendo le persone disorientate, in un’esistenza dove non c’è posto per l’umiltà, la solidarietà, l’empatia, i rapporti umani, i sentimenti, tutti confusi con utilità e calcolo che inducono purtroppo ad una perenne guerra tra poveri. Perciò penso, che finché ci saranno persone al mondo che avranno interesse a tenere ampio questo divario, la povertà continuerà ad essere un male dalle radici difficilmente estirpabili.
Daniela B. Scarlato – sociologa ANS